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Contesa tra Donne, when a self man love takes two women

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†Heidi~
view post Posted on 7/12/2010, 20:25




Heidi

Freddo, piaggia, umido, nebbia, dense nubi ammantate sotto il cielo. Quali altri magnifici sapori e colori potevo desiderare per sentirmi come a casa, la mia amata Inghilterra, quando Aro mi congedava subito dopo la bimestrale "cenetta di gruppo" che io stessa organizzavo per l'intero clan? Gli ero quasi del tutto inutile una volta svolto il mio ruolo e lavoro, quindi, se non c'erano altre imminenti missioni in programma, compiti che richiedevano il mio "pacifico", persuasivo e diplomatico intervento, mi lasciava andare via, ovunque volessi, per qualche giorno, cosciente del fatto che se ci fosse stato bisogno di me, sarei stata a Volterra dopo mezza giornata di viaggio in media, ovunque mi trovassi. In altri tempi, per avvertirmi, era costretto a scomodare le singolari doti di Demetri per riuscire a rintracciarmi. Il “segugio del capo” (ripensai a quella notte allora poco lontana, a lui, e, dato il vuoto al mio inesistente stomaco, non riuscì a definire Demetri in altro modo) poi veniva a prendermi e facevamo insieme la strada del ritorno. Non che a Demetri dispiacesse, nonostante il suo continuo e borbottante lagnarsi tipico del suo orgoglio. Quel vampiro avrebbe fatto di tutto pur di divorare anche solo il mio odore, diciamo però che era bravo a non farne la sua ragione di vita ed io…io, beh, vorrei poter non parlarne: detesto comportarmi da codarda ma il mio benessere mentale viene prima di tutto, ecco. Ad ogni modo oggi, invece, sebbene sempre con quella riluttanza che mai avrebbe abbandonato il suo spirito tradizionalista, Aro si era finalmente affidato alla telecomunicazione, permettendo alla nostra segretaria mortale di alzare la cornetta del suo telefono fisso per contattarmi sul mio telefono cellulare, un divertentissimo e utile aggeggino che ormai non mi abbandonava da anni. Il ruolo di Demetri nella faccenda era così stato subclassato a quello di semplice "navigatore satellitare", e sapevo per certa che la cosa lo infastidiva, e anche parecchio. Detestava essere usato da Aro, se poi in modi tanto umilianti, ancora peggio. Il suo secolare astio per Aro si concludeva poi con il rancore per avergli tolto anche una delle ultime e poche scuse che gli erano rimaste per potermi vedere, solo e lontano dal posto di lavoro. Dio, era un vero e proprio spasso per me vederli litigare come due bambini viziati mentre annegavano nella loro ignoranza e tracotanza. Ma più di tutto, era irresistibilmente appagante vedere Demetri perdere e sentirsi insoddisfatto, a quei tempi, poi, più che mai sentivo salirmi lungo la schiena una rabbiosa scossa di soddisfazione. Vendetta? Invidia? Presunzione? Incapacità di ammissione? Forse. Ma ero andata lontano proprio per non saperlo, tra le altre cose.

Tornare in Inghilterra era comunque fuori discussione. La mia terra mi mancava, è vero. Ma, ancora dopo 500 anni, il mio astio nei confronti di ciò che mi aveva fatto era così forte che riuscivo a mitterci piede solo se costretta dalle mie mansioni e doveri di guardia dei Volturi. Optai quindi per un posto più tranquillo, altrettanto freddo e tetro, sebbene meno vicino rispetto a Londra: Forks, nello stato di Washinghton, Stati Uniti. Aveva un certo eccitante fascino ritornare laddove tutti noi eravamo stati sul punto di scatenare una magnifica strage, se non fosse stato per quell'indegno e sudicio ibrido sudamericano! Ma non ero lì per occupare inutilmente il mio tempo con vendette o visite di "cortesia" ai Cullen. Non avevo la ben che minima intenzione o interesse di vederli, e probabilmente era proprio per questo che non si erano fatti ancora vivi dal momento in cui ero arrivata: lo gnomo ballerino (o chiamatela pure Alice se lo ritenete più corretto) aveva sicuramente visto ogni mia mossa e decisione, e i Cullen, così come ogni altro vampiro, erano abbastanza "saggi" capire che restarsene bene alla larga da noi durante tutta la nostra permanenza, era la cosa migliore per tutti. Sogghignai al pensiero, rannicchiata sul ramo di un albero secolare nel folto della foresta. Era maledettamente impregnata del loro odore ( casa Cullen tra l’altro era nella foresta) e di quello nauseante di quei rognosi cani bastardi dal pelo pulcioso della riserva poco distante. Che scherzo della natura era mai quello? mi ero sempre domandata. Ma, pur sapendo che quasi con certezza mi avessero già fiutata, non mi preoccupai di una loro possibile ronda prima di cena: ero brava anche con gli animali, io … una Biancaneve delle tenbre. Ghignai ancora una volta.
Me ne stavo li, tranquilla e beata, a fiutare l'aria gelida, retrogustata di fogliame, terra umida, selvaggina e bestie feroci, e ascoltando la musica degli insetti sotto terra, degli uccelli nel cielo e degli animali dormienti nelle loro tane per il letargo, disturbata dal lontano, ma per me chiarissimo, rombare delle automobili sulla statale. Nonostante amassi e fossi a pieno favore del mistero che avolgeva la nostra dinastia (sapevo quanto fosse utile ed eccitante), detestavo nascondermi, frenarmi, o, se non lo avessi fatto, fuggire alla velocità della luce, nemmeno fossi stato un cane bastonato e indifeso, per non lasciare nessuna traccia agli occhi inetti degli abitanti del luogo. Era davvero degradante e umiliante, dato che avrei potuto far piazza pulita di tutta la cittadina nel giro di pochi minuti. Mi ero persino concessa un abbigliamento sportivo per l'occasione, cosa assai impensabile se era di me che si parlava. Si trattava di un semplice abitino di cotone scuro, molto corto, stretto ma morbido sulle forme sinuose e longilinee del mio corpo statuario, perfetto, , divino, prorompente ma aggraziato. Lo metteva ben a nudo e in risalto con particolare enfasi sui pieni nudi e il viso, incorniciato dalla mia fluente chioma nero-ramata. A consolare il mio buon'umore compromesso, era però il crepuscolo ormai imminente che, tra le altre cose, significava anche "ora di cena". Eh già, perchè fuori dai confini veneti, ero libera di cacciare quanto volevo, anche solo per gioco, anche se la mia sete non avesse necessitato di un urgente ristoro. Ovviamente ero in dovere di rimanere entro i limiti consentiti dalla clausula di segretezza e anonimato sulla quale avevo prestato giuramento di fedeltà. Ergo, niente stragi...purtroppo.
Il sole era ormai scomparso dietro i monti ad ovest, quando percepii quella fragrante zaffata di profumo di sangue umano. Era così caldo e invitante da stimolare persino la mia gola ancora ben sazia fino al punto di farla bruciare e riempire di veleno. Mi irrigidii immediatamente, l'espressione avida e attenta di un predatore famelico a caccia. Aguzzai ulteriormente i miei sovrumani sensi infallibili per avere una "visione" più chiara della situazine. L'odore proveniva da diversi chilomentri più a sud, molto lontano, eppure già così forte sotto le mie narici sopraffini. Era sicuramente una giovane ragazza. Malgrado la distanza, potevo sentire chiaramente il suo passo leggero, un po’ scoordinato ma energico, calpestare la terra bagnata. Ma, qualcosa non andava. Avevo già sentito quell’odore, almeno un’altra volta nella mia vita. Ma come poteva mai essere? Ero stata una sola altra volta in quel buco di mondo, e non avevo incontrato umani allora. Sensibilizzai ancora di più il mio olfatto, puntandolo nella direzione dalla quale proveniva l'odore del sangue, nel tentativo di decifrare ciò che le mie narici avevano già riconosciuto. Era simile! Non identico! La stessa dolcezza, la stessa vellutata fragranza, ma più forte, più decisa, più imperfetta e calda, perché addosso ad un essere umano, e non a quel vampiro su cui l’avevo sentito la prima volta, qualche anno fa, in quella stessa foresta: Bella Swan! A primo impatto, confondendosi in quella foresta così satura del suo odore, avrebbe potuto sembrar lei, ma le cose stavano diversamente, e le mie narici non si lasciavano ingannare tanto facilmente, ma cosa più importante e ovvia a chiunque, quell'essere era umano, e la Swan non lo era da diverso tempo ormai. Di sicuro, più che qualcuno che le fosse stato molto vicino nelle ultime ore, era probabilmente una sua parente mortale. Poi qualcos’altro, facilmente trascurabile ad una prima e "superficiale" analisi olfattiva, venne a galla nell'aria intorno a me come una sfumatura di vento leggero in una giornata senza correnti, ma almeno per me fu inconfondibile, intrascurabile...impensabile, inaccettabile! La mia espressione inizialmente ghignante, beffarda, ironica e quasi eccitata alla sola idea di poter dissanguare proprio una Swan come premio di consolazione, si trasformò mostruosamente nella pura immagine della più violenta e malamente sorpresa delle disapprovazioni. Sentii qualcosa di caldo e pungente scorrere lungo tutta la mia schiena, lascinadomi un sapore amaro in bocca, mentre il mio umore sembrava friggere nell'olio bollente. Demetri, le sconvolgenti immagini di quella notte insieme, riemersero nella mia mente e davanti i miei occhi in tutta la loro inesorabilità, risvegliando in me parte di quella pericolosa e letale indole animale che volevo sempre tenere a bada. Sapeva di lui! Quella ragazza sapeva impudentemente e indegnamente di lui fin sotto la pelle! Sapevo bene cosa significasse, e la folata calda nella mia schiena divenne un rogo ardente e indomabile: era gelosia quella che stavo provando? Mi illusi che fosse solo sorpresa e sdegno. Sapevo che era proprio Demetri colui che stava sbrigando il nostro lavoro sporco (il mascherato reclutamento, sfruttamento e smantellamento finale degli ibridi) a Forks, ma non potevo pensare che si fosse abbassato a tanto! Lui si, ma non dopo che....NON DOPO ME! Non con un'insulsa essere umana! Non con un membro di quella sporca famiglia indegna della stirpe a cui apparteneva solo per un terribile imperdonabile sbaglio!
L'indescrvibile rabbia che provai in quel preciso istante non face che contribuire ad incrementare mostruosamente la mia sete e, sopratutto la mia tanto odiata brutalità, ma mai come in quel momento godei nell'accoglierla, nell'assaporarla e nel farmi sua totale vittima e schiava! Quella ragazza era già morta! "Cappuccetto Rosso dovrebbe sapere che è pericoloso uscire di sera nel bosco: ci sono i lupi cattivi!" Feci una smorfia di disgusto pensando alla parola "lupo" e a quanto quel paragone fosse indegno di ciò che ero, ma non esitai oltre. Scattai in avanti sfrecciando dalla sommità di un albero all'altro alla velocità di 400-500 chilometri orari, andando incontro alla scia di quell'odore tanto invitante ( le donne non rientravano nella mia dieta maschilista ma la sete ormai era forte e l'occasione perfetta, a pennello, comoda e irripetibile) e soprattutto imperdibile, con decisione quasi maniacale. Al mio passaggio gli alberi sussultavano tremando e facendo vibrare e frusciare violentemente le foglie. La foresta, al mio tocco, sembrava svegliarsi di soprassalto ed io assaporavo la brazza gelida, impregnata di resina e clorofilla, accarezzarmi violenta la faccia. Malgrado fosse molto eccitante, non era nel mio stile tendere rumorose imboscate, rimanendo invisibile e suscitando così il panico delle mie vittime: questo era il repertorio di Demetri ed io non avevo bisogno della violenza. Chiunque cadeva vittima del mio fascino e del mio potere ammaliatore: incantati, nessuno osava o voleva opporsi al mio volere. Ma decisi comunque di cominciare così: ogni cosa ha la sua eccezione, e quello era sicuramente il più degno caso. Sfrecciai per meno di un minuto, senza perdere o poter perdere di vista un solo e minimo particolare di ciò che mi scorreva davanti, e finalmente la vidi, una giovane e gaia brunetta dai lienamenti morbidi e pprossimati, imponente eppure insignificante, sotto di me. Continuai e sfrecciare e a spostarmi intorno a lei come una saetta, dall'alto, ben concentrata, ma per niente riluttante all'idea che la foga della caccia, e della vendatta, mi prendesse. Gli alberi, alla sua vista, sarebbero apparsi violentemente scossi da un'entità praticamente invisibile e inquietante ed io, non vedevo l'ora di sentire il suo cuore, impazzito per il panico, pompare disperatamente l'adrenalina, di cui adoravo l'odore, in tutte le arterie del suo esile corpicino irresistibilmente indifeso tra le mie grinfie!
 
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.°•. °•. stety .•° .•°.
view post Posted on 8/12/2010, 15:07




Elena

Forse avrei dovuto dare ascolto a Charlie.
Probabilmente non mi sarei trovata in quella situazione, se l'avessi fatto.
Mi ero persa.
Mi ero persa nella foresta.
Mi ero persa nella foresta al calar della sera!
Com'era potuto succedere?

Quel giorno, dopo aver preparato il pranzo allo zio Charlie, mi ero messa in camera a studiare. Non avevo alcuna voglia di farlo ma, pur sapendo bene che non avrei cavato un ragno dal buco, avevo ostinatamente preso il libro in mano ed avevo incominciato a leggere anatomia.
Ma la mia mente vagava… era altrove, era da lui, con lui.
Erano passate due settimane da quella notte. Non lo vedevo da allora.
Spesso avevo sognato il suo viso pallido e bellissimo, i suoi occhi rosso rubino così inquietanti ed affascinanti, il suo tocco gelido, la sua voce calda e profonda.
E poi ancora le sue parole, i gesti, il suo sapore sulle labbra
Nella mia memoria era impresso ogni particolare, un marchio che difficilmente sarebbe svanito.
Il suo ricordo mi perseguitava, ne ero quasi ossessionata. Cercavo il suo dolce profumo in continuazione, non riuscivo a trovare nulla che vi somigliasse. Ogni volta che sentivo freddo, non potevo non pensare di lui. Potevo sentirlo ancora, quel corpo completamente gelido che lentamente accarezzava il mio, portandomi sull'orlo della pazzia.
A volte nel cuore della notte mi capitava di svegliarmi all'improvviso e mi sembrava di vederlo, lì, in piedi accanto alla finestra, che mi guardava immobile, così perfetto in tutta la sua bellezza statuaria. Convinta di immaginare tutto, lo guardavo impudente fino a quando i miei occhi non si chiudevano ed io ripiombavo nel mio sogno.
E anche in pieno giorno, come in quel momento, mi capitava di pensare a lui molto spesso.

Nel disperato tentativo di non rievocarlo di nuovo nella mia mente, per evitare di crogiolarmi nel dolore della perdita e nel ricordo di quella notte che mi turbava ancora, nel tardo pomeriggio ero scesa in cucina annunciando che sarei andata a trovare Bella.
- E' stata così gentile ad invitarmi.. ora che ho un po' di tempo libero mi dispiacerebbe non andare - mi ero giustificata con lo zio Charlie, che subito mi aveva sconsigliato caldamente di andare.
- Io non posso accompagnarti e la strada non è facile da trovare, soprattutto quando comincia a fare buio El -
- Non ti preoccupare, porterò la cartina - avevo risposto con un sorriso rassicurante.

Si… avrei proprio dovuto dare ascolto a Charlie.

Stranamente avevo trovato la stradina nella foresta con facilità, percorrendola in macchina non mi ci sarebbe voluto molto ad arrivare, stando a quello che lo zio mi aveva spiegato.
Ma proprio in quel momento mi ero resa conto di essere rimasta senza benzina.
Que démage!
Ma come avevo fatto a non accorgermene prima?!?!?!

Stupida, stupida, stupida! continuavo a ripetermi.
Fortunatamente nel baule avevo trovato una piccola torcia a pile. Il cellulare prendeva, ma preferivo non chiamare lo zio, in fondo non dovevo essere così lontana, avrei chiesto aiuto a Bella una volta arrivata.
Avevo chiuso la macchina - come se qualcuno me l'avesse portata via in quel posto! - ed avevo continuato a percorrere il sentiero che avrebbe dovuto portarmi dai Cullen.
Girai per una buona mezz'ora, quando mi resi conto di essere passata per la terza volta davanti allo stesso pino.
Perfetto mi sono anche persa… possibile che non me ne vada bene una oggi?
Probabilmente il buio mi aveva disorientata, in quella foresta sembrava tutto uguale…
Ripresi a camminare, stavolta nella direzione opposta. Alzai lo sguardo alla ricerca inutile di una qualche fonte di luce che mi annunciasse che finalmente ero arrivata, ma non la trovai.
Iniziavo ad innervosirmi, quel posto non mi piaceva per niente. Tutto era silenzioso, per questo anche il minimo rumore veniva assurdamente amplificato.
Di tanto in tanto sentivo qualcosa muoversi tra gli alberi e sussultavo spaventata, ma si trattava quasi sempre di rumori immaginari, dettati dalla tensione che mano a mano mi attanagliava.
Nella foresta ormai era buio, a malapena si riuscivano a distinguere le ombre degli alberi, le cui cime erano illuminate dalla luce pallida della luna. Questa, tonda e candida, sembrava regnare sovrana, quasi prendendosi gioco di tutto ciò che le era suddito.
Mi strinsi nel giubbotto, iniziava a fare freddo. Il vento era quasi del tutto assente, fatta eccezione per qualche folata di tanto in tanto, che interrompeva quel silenzio così perfetto.

Improvvisamente sentii qualcosa muoversi dietro di me e mi voltai con uno scatto. Non c'era nessuno… eppure ero abbastanza certa che il suono provenisse da quella parte.
Di nuovo alla mia destra, un fruscìo aveva mosso le foglie cadute a terra. Girandomi, non vidi altro che il buio.
Mi allontanai di qualche passo, quando sul lato sinistro, riuscii a scorgere con la coda dell'occhio un movimento repentino, accompagnato da una scia di vento.
Cosa stava succedendo?
Arretrai ancora, non riuscivo a capire cosa fosse.
Di certo non era il vento, non più… stavolta non lo stavo immaginando, ne ero certa.
Chi c'è? chiesi al vuoto.
Nessuno rispose. Niente si mosse per qualche secondo.
Poi ricominciò, quel brusio, così simile ad un ronzio. Lo sentivo avvicinarsi, ma nel buio non vedevo nulla!
La luce della pila era troppo debole per illuminare ciò che mi circondava.
Il cuore aveva preso a battere all'impazzata, sentivo il panico crescere nel petto.
Avrei voluto urlare, ma il respiro si era mozzato in gola.




Edited by .°•. °•. stety .•° .•°. - 9/12/2010, 23:50
 
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†Heidi~
view post Posted on 10/12/2010, 19:08




Heidi

E' davvero soprendente come gli esseri umani riescano ad essere, almeno una volta nella loro inutile vita, tanto intuitivi quando si tratta di NOI. Pur non vedendoci, pur non sapendo, pur non comprendendo, si rendono immediatamente conto, consciamente e istintivamente, di quanto siamo pericolosi. Il loro primo impulso, quello che giunge prima ancora che essi vedano la nostra bellezza e assaporino il nostro profumo, è quello di scappare, di starci alla larga. Cominciano a sudare freddo, il loro cuore accelera disperato in preda al panico e all'ansia, la loro pelle formicola e l'impazienza comincia a divorarli vivi mentre tutto il loro corpo entrava in un tremendo stato confusionale. Tumtumtum! Era davvero musica per le mie orecchie e per il mio animo a briglia sciolta per l'irrefranabile sete di sangue e vendatta. Era una melodia paradisiaca ed eccitante sentire la tensione crescerle addosso, in ogni fibra muscolare del suo fragile essere, in ogni angolo della sua mente così ridotta e ormai, fuorviata dalla paura, vittima di allucinazioni e incertezze.
Stringendosi tra sè e sè, come se questo avrebbe potuto proteggerla, si voltava quasi convulsamente a destra e manca, nel tentativo di individuarmi. Ma ero io che decidevo quando avesse potuto farlo, ero io che decidevo se essere vento, nulla o carne. Mentre il suo respiro affannato mi scuoteva e mi deliziava come un felino legato a pochi centimetri da una bistacca cruda, io continuavo a mimettizarmi, confodermi con ogni singolo elemento naturale intorno a me, un tronco secolare, un cespuglio, il vento. Continuai ancora e ancora. Volevo vederla impazzire, crollare atterrita e soffocata dalle letali reazioni chimiche del suo stesso corpo, della sua stessa adrealina dall'odore tanto invitante. Poi sentii la sua voce, spezzata, insulsa, debole, ma stranamente limpida. Odiosa, come tutto di lei! Ma la sua supplica mascherata da domanda mi divertì parecchio, tanto da lasciar vince la mia immensa voglia di mostrarmi a lei...in un modo o nell'altro.

Credevo fossi abituata a questo genere di entrate plateali!

Dissi pacata ma con voce squillante, altezzosa e beffarda, lasciando trasparire una minacciosa sfumatura tonale di malvagità.
La mia voce si diffuse tutt'intorno senza l'ombra di un'eco, cosa che, se aggiunta al fatto che non mi ero ancora mostrata ed era come se fosse stato il nulla a parlare, la rese ancor più perfetta ma terribilmente inquietante.
Infine, scesi dall'altissimo albero su cui mi ero appollaiata solo da qualche secondo: rapida come una saetta, e a malapena visibile ad occhi umani, mi lanciai nel vuoto sotto di me facendo una leggiadra seppur energica capriola tripla. Atterrai perfettamente in piedi, come se fossi stata immune alla gravità: nessun tonfo, nessun peso che mi schiacciasse contro il terreno costringendomi a piegarmi su me stessa. Toccai terra così come avrebbe fatto un angelo, sospesa in aria in quel brevissimo istante prima di atterrare, nel momento in cui solo pochissimi centmetri di vuoto dividevano la terra dai miei piedi. Questi, infine, più che toccarla parvero sfiorarla, posandosi su di essa lentamente, gradualmente, morbidi come una piuma. Eppure avevo impiegato meno di tre secondi per scendere, a diversi metri da lei.
La luce della Luna si fece prepotentemente spazio tra il fitto tetto di foglie solo per illuminarmi. Non luccicavo, non come una diamente. Ma la luce che quel pallido satellite rubava comunque al sole, poteva per questo farmi brillare come una perla rara e bellissima. Rimasi immobile ad osservare quell'umana con volto completamente disteso, quasi placido, ma in realtà vuoto, fiero e saturo di perfidia. Il silenzio della mia figura, confondeva terribilmente le mie forme e le mie fattezze con quelle di una prestigiosa statua di marmo, madreperla e diamante, rendendomi indescrivibilmente ancor più splendida e, allo stesso tempo, spaventosamente ancora più inquietante.

Beh...non ci si abitua mai ai suoi ingressi egocentrici, ne sono consapevole...o è stato così orrendamente umano da averteli risparmiati?! Mi sembri troppo sorpresa, in fondo...

continuai con fare quasi aristocratico, la voce sarcastica e una lievissima espressione ammiccante sul volto ancora terribilmente inalterato.

Lentamente, quasi con passo umano, sebbene fossi impossibilita all'imperfezione e alla mancanza di una sovrannaturale armonia motoria, mi avviai verso di lei con andamento incredibilmente elegante, leggiadro, sinuoso, ipnotico, ma maestoso, felpato e inquietante come quello di una pantera in agguato. Tratteni la voglia di ucciderla subito e in un solo colpo. Questa volta volevo godermi la sofferenza della mia vittima... pezzo per pezzo. Chi aveva detto che non si doveva giocare con il cibo?!
Come se non mi fossi mai mossa, mi fermai a metà strada da lei, ma ero abbastanza vicina per puntare i miei occhi, scarlatti, pericolosi e luccicanti come spade di rubino, nei suoi, grandi, scuri, semplici...vuoti se non fosse stato per la paura e lo stupore.

Allorah! Davvero non sai di cosa sto parlando? Vuoi davvero dirmi che non ti ricordo nessuno? Su... conversa un po' con me...sono sicura che abbiamo molte cose in comune, io e te...
Bella può anche aspettare, no?

Conclusi abbozzando la perfida, sarcastica e minacciosa parodia si un sorriso amichevole sui miei lineamenti moribidi, innaturalmente eleganti e raffinati, sfilati e avvolti dal velluto della mia pelle impenetrabile. era ovvio, così com'era ovvia la sua stretta parentela con la Swan, che stesse andando da lei, aveva tutta l'aria di chi si era perso nel tentativo di trovare qualcosa di ben preciso, e nei dintorni v'era solo la casa dei Cullen, particolarmente difficile da individuare per un essere umano.

Impregnata dalla sua paura e del succulento odore del suo sangue ormai meravigliosamente impazzito, pregustavo impaziente il momento della resa dei conti, ma ero troppo infuriata, troppo geniale e meschina, per non calcolare ogni cosa... ero troppo malvagia per poter rinunciare a giocare con lei (non usai nemmeno il mio potere per incantarla, volevo che sentisse tutto! Inoltre la mia bellezza da sola avrebbe già fatto abbastaza), troppo spietata per non uccidere colei che ostacolava la strada tra me e...Lui...
Ero troppo gelosa per non fargli un torto! Doveva pagarmela! Doveva pagarmela perchè era così che dovevano andare le cose.! Doveva pagarmela perchè adoravo fargliela pagare... perchè mi importava. Si mi importava. Mi importava anche in quel momento. Mi importava perchè... non volevo dirlo in modo divero... nel modo giusto, con le parole giuste.










 
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.°•. °•. stety .•° .•°.
view post Posted on 13/12/2010, 23:17




Elena

Il primo istinto era quello di fuggire. Il mio cuore ed il mio cervello lo stavano urlando al resto del corpo, che pareva però non sentire.
Continuavo a rigirarmi da ogni parte, quasi scossa da convulsioni di vero terrore. Inciampai, toccai il terreno e la pila scivolò dalle mie mani, cadendo a terra con un tonfo sordo in mezzo all'erba scura e spegnendosi all'improvviso.
Intorno a me c'era solo il buio. O almeno era questo che i miei occhi vedevano.
Le orecchie, suggestionate dal rumore, dicevano il contrario, l'olfatto anche… c'era un… profumo… un buon profumo!
Gli odori non sono altro che molecole che galleggiano nell'aria e che entrano nel naso con l'atto respiratorio. Quando la sensazione odorosa giunge al cervello viene analizzata, confrontata con gli odori conosciuti e classificata; ecco perché anche quando sentiamo un nuovo odore, lo paragoniamo a quelli che già conosciamo.
E' un'operazione immediata, accade tutto in pochi secondi.
E fu proprio in quei secondi che mi resi conto che quel profumo aveva qualcosa di particolare, così simile a qualcosa che avevo già sentito… Lì per lì si trattò solo di una sensazione inconscia che probabilmente neanche presi in seria considerazione, visto il pericolo che stavo correndo.
Di nuovo calò il silenzio, solo per qualche attimo.

Cercando di lottare contro una probabile perdita immediata di sensi, che di certo non mi avrebbe aiutato, calcolai la situazione. Sforzai la vista, a causa della quasi assenza di luce.
Il luogo sembrava una parte di bosco rado. I cespugli erano numerosi e contorti, ma non tanto da impedire il cammino… sarei riuscita ad alzarmi e scappare senza inciampare?
Le chiome degli alberi si agitavano al vento leggero, per lasciar cadere nel sottobosco la luce della luna.
Credevo fossi abituata a questo genere di entrate plateali!
Quella voce era tanto dolce quanto amara. Sembra un paradosso, ma il tono era quello di campane tintinnanti, allegro di primo acchito, mentre subito dopo assumeva una sfumatura sprezzante, cattiva.
Improvvisamente vidi qualcosa cadere dal cielo. Forse "cadere" è un termine improprio, potrei dire che a colpo d'occhio sembrava che qualcuno stesse VOLANDO giù dal cielo.
Leggiadramente, la figura misteriosa, toccò il terreno, senza minimamente far rumore, col peso di una piuma.
La prima reazione fu di sorpresa, la seconda di panico, la terza… di totale venerazione.
Era una donna… una donna bellissima.
Persino con quel buio, mi era impossibile non vederla. La sua pelle color perla sembrava risplendere di luce propria, quasi creando intorno alla sua figura, un alone di luce pallida, proprio come se fosse un angelo.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.


Per qualche attimo la fissai, incapace di muovermi. Lei continuò a parlarmi ma io a stento capivo le sue parole, troppo intimorita.
Rimasi senza fiato davanti a quella bellezza tale da eguagliare l'opera di qualsiasi artista. Ne fui invidiosa, poi sopraffatta.
Confusa e in soggezione, guardai l'angelo dalla voce altera e sostenuta avanzare verso di me, circonfuso di luce che irradiava dai suoi capelli rosso-ramato e dalla sua pelle perlacea. Il suo profilo si faceva mano a mano sempre più definito.
Baciata dalla luna, si fece avanti quasi scivolando sull'erba umida e mi si parò davanti.
Ed allora vidi perfettamente il colore dei suoi occhi.
E mi sentii sprofondare.
Quel rosso… color rubino, sangue puro, aveva risvegliato in me un'immagine precisa.
Lui, l'uomo che occupava i miei pensieri, a cui avevo fatto dono della cosa più preziosa che avevo, ricevendo in cambio piacere della carne e dei sensi…
La sua pelle, pallida a brillante, non era forse come quella della figura angelicamente sadica che avevo davanti? Per un attimo fui tentata di avvicinarla per sentire se era gelida come la sua…

Quella nuova scoperta mi diede uno strano conforto. Ora sapevo di non essermi immaginata tutto, a partire dal suo aspetto. Pensavo di aver idealizzato quel ricordo ed ora avevo la certezza che non era così…
Non che avessi bisogno di prove tangibili del suo passaggio; oltre al segno profondo che aveva lasciato nella mia anima, la mattina seguente avevo trovato sul mio corpo lividi violacei sparsi ovunque.
Fu con estremo stupore che li notai, tanto che ero rimasta di fronte allo specchio a contemplare il mio corpo martoriato per una buona mezz'ora, con le lacrime agli occhi…
La cosa era strana, assurda oserei dire, soprattutto perché era impossibile che fosse stato lui a farmeli.
Non ricordavo che mi avesse picchiata o che avesse fatto qualsiasi cosa contro la mia volontà, come me li ero procurata?
Spaventata, li avevo nascosti meglio che potevo con i vestiti, mentre quelli più visibili, come quello sul polso destro ad esempio, li avevo giustificati con lo zio come conseguenza di una brutta caduta.
Molti erano spariti, ma tanti, sul braccio, sul ventre e nell'interno coscia sinistro, c'erano ancora… ricordo concreto di quella notte con lui.

Davvero non sai di cosa sto parlando? Vuoi davvero dirmi che non ti ricordo nessuno? Su... conversa un po' con me...sono sicura che abbiamo molte cose in comune, io e te...
Bella può anche aspettare, no?

Come fa a sapere di Bella? pensai nel panico.
Dalla sua allusione, capii che lo conosceva. Questo mi diede una piccola speranza e anche una grande curiosità da soddisfare.
Non appena ritrovai un filo di voce, mi decisi a parlare, mentre ancora tremavo.
C-Chi sei? chiesi in un sussurro.
Sentivo la fronte imperlata di sudore freddo, il cuore galoppava veloce. Tenevo le braccia strette intorno a me, come a volermi proteggere. Presi il respiro prima di porre la domanda successiva, quella più importante.
Tu… conosci Demetri?
Lo dissi con voce ancora più bassa, un bisbiglio che io stessa riuscii a sentire a stento.
Non osai alzarmi da terra, in ogni caso non ci sarei riuscita, ero come immobilizzata.
Lei fissava i miei occhi… ed io ricambiavo il suo sguardo del tutto terrorizzata.


 
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†Heidi~
view post Posted on 14/12/2010, 20:21




Heidi

Prima che potesse vedermi - oh perchè non avrebbe potuto non vedermi!- mi ero divertita a guardarla annaspare nel buio, mentre io, ovviamente, potevo vedere benissimo ogni suo inutile tentativo di scappare, idea del tutto sensata e intelligente. Ma più tentava, più cercava di mantenere salde calma e razionalità (oltre al forte odore di adrenalina e sudore, sentivo il suo cuore galoppare all'impazza per poi rallentare di colpo prima di riprendere la corsa, e così via, di continuo) e più la paura che riuscivo a diffonderle in corpo, così come dopo anche la mia rivelazione, sembrava persino immobilizzarla, rendendo vani e disastrosi i suoi tentativi: inciampava cadendo a terra senza nemmeno aver fatto una manciata di passi, tremava come una canna di bambù in balia del vento, si stringeva nelle sue stesse spalle colpita da un freddo che poco aveva a che vedere con la temperatura del luogo. Inutile, ridicola, istintiva reazione psico-fisica che gli esseri umani avevano a loro disposizione quando si trovavano in situazioni che riuscivano a metterli a disagio: chiudersi il più possibile in sé stessi, scaricare la tensione con piccoli e insulsi gesti automatici, come anche spostar via i capelli dietro l'orecchio, passare una mano con pesantezza dietro la nuca, grattarsi il naso, mordersi le labbra, stringere pugni e mascelle, battere ripetutamente le ciglia, picchiettare con piedi e dita delle mani, tenere il viso tra le stesse... regalarsi un abbraccio: come se questo avrebbe potuto proteggerla da me! Il panico, misto alla divina ammirazione che provò nel vedermi scivilare verso di lei prorompente ma leggiadra come un velo sull'erba, l'avevano già chiusa nella mia trappola mortale, rendendomi sempre meno capace di controllare la rabbiosa impazienza che mi urlava a gran voce di ucciderla subito. Mi lasciai cullare da quell'inebriante, tremenda sensazione senza però assecondarla. Non ancora. Avevo appena iniziato a giocare in fondo! La mia presenza la confondeva tremendamente, terrorizzandola e costringendola ad ammirarmi incantata oltre l'indescrivibile, tanto che quasi non riusciva a seguire ciò che le dicevo, ed io, come sempre, gioivo superba della mia potenza.
Ma, esattamente come i miei amari e sarcastici pensieri avevano già previsto, non potè ovviamente non carpire e poi dedurre correttamente ciò che l'avrebbe ricollegata a quella che del resto era la cosa che di sicuro le aveva sconvolto la vita lascinadole un tremendo ma irresistibile segno indelebile che la costringeva a pensarla senza sosta come se fosse stata vittima di una maniacale ossessione incurabile: Demetri. Era questo l'effetto che sopratutto lui poteva scatenare a chiunque gli stesse intorno. "Chiunque" pensai irritata e acida, mentre quella ragazza puntava i suoi occhi sul perlaceo pallore della mia pelle di marmo vellutato e poi diritti nelle mie iridi rubinee, dipingendoli immediatamente, a conti fatti, di sconvolgente e paralizzante sorpresa. Era come se avesse acquisito la certezza di non aver immaginato e sognato nulla, tanto che la vidi quasi decisa ad avvicinarsi per toccarmi. Che ingenua! Detestavo tanta innocenza! Mi innervosiva terribilmente!
La osservavo prendere palesemente coscienza del mio ancora a lei oscuro legame con Demetri, un delicato ma beffardo sorriso si era disegnato sui lineamenti placidi, raffinati, distesi ma inespressivi del mio volto, immobile come ogni cosa di me. Una statua di marmo fatta di pura bellezza e di nulla, poichè leggera e velata più dell'aria.
Oltre che per l'ipnosi che la mia bellezza disumana le aveva infilitto, se ne restava paralizzata a terra per il panico e la sorpresa: così come era accaduto prima per via del mio al lei familiare aspetto, sussultò anche quando sentì che conoscevo la Swan: mi osservava con fiato e occhi impietriti, ma intrisi anche di speranza e curiosità tanto puri da risultare persino sfacciati e patetici!
L'odore intenso che il suo corpo emanava per via dello stress, mi stava dando seriamente alla testa, mi infastidiva e mi eccitava, ma ad ogni modo lei, presa o meno dal suo stesso terrore, non lo avrebbe potuto notare ne ora ne mai.
Quando infine trovò quel fil di fiato che io, quasi paradossalmente, a differenza sua, sentii chiaro come una campana, mi formulò esattamente le ovvie, scontate, noiose domande che ovviamente mi aspettavo fecesse, sebbene, l'ultima di queste, fosse in fondo inaspettatamente acuta, audace e prova di una mente che, per quanto irrimediabilmente e umanamente limitata, aveva capito su di noi più di molti altri, proprio come aveva dimostrato anche prima di aprir bocca. Sorprendente, in fin dei conti. O forse lo la solita, impudente fortuna del principiante, tipicamente ignorante e ingenuo nel suo genere.

Mhh...sei più sveglia di quanto credessi, sai? E non è che la mia fede in voi sia poi così devota..

Iniziai con voce tintinnante, limpida e delicata, mentre sul mio volto elegante e raffinato si disegnava un'espressione altezzosa, ma ancora sorridente e ammiccante: il mio modo di essere sarcastica quando ero certa che il mio interlocutore fosse di gran lunga inferiore a me.

La tua prima domanda è trascurabile..

continuai con una dura nota più sprezzante e snob, mentre rivolgevo altrove il mio sguardo altero simulando l'indifferente espressione aristocratica di chi crede di star solo perdendo del tempo prezioso con questioni insulse. Ma poi tornai a guardarla con la stessa amichevole, elegante espressione carismatica, mentre la mia voce melliflua, vellutata e acuta come quella di un soprano proseguiva senza nascondere totalmente il mio velenoso sarcasmo

Sai bene qual'è la risposta: è facile...
Se smetti di tremare come una stupida - mi rendo conto che non è facile - tutto ti apparirà limpido come l'acqua..
.

Conclusi più dura e derisoria mentre i miei occhi furono per un attimo sfiorati dal tono dell'irritazione. Difatti il suo atteggiamento non mi appagava come invece faceva la sua paura: mi innervosiva, ricordandimi quanto in fondo desiderassi polverizzarla all'istante. Ma proseguii placida, la voce squillante e ironica,

Suvvia, cara! Fin'ora hai dimostrato acume: non deludermi proprio adesso.

La mia richiesta tanto cortese ed legante aveva il sapore di quella terribile minaccia che volontariamente non mi impegnai troppo a nascondere. Rendeva tutto più interessante per me e tutto meravigliosamente molto più inquietante e terribile per lei.
Continuai con fare diplomatico, aggraziato, disinvolto, ma altero. Ogni gesto che accompagnava le mie parole sembrava quasi l'innaturale versione della seta in movimento. Una ballerina del paradiso. La mia voce squillò ancora, suadente, inamanamente melodica, suadente e ipnotica, e sempre più melliflua, sempre più affilata, sarcastica e minacciosa sotto i suoi preziosi e raffinati veli.

Non è importante che io lo conosca, è invece di vitale importanza precisare che sia lui a non peter non conoscere me...
ha insistito così tanto, per secoli direi, per conoscermi fino in fondo
che vuoi farci, mia cara... sono uomini... tutti uguali, hanno tutti gli stessi, schematici, desideri materialisti.... sono animali incoscienti da suscitare persino compassione...
Prima o poi bisogna pur accontentarli...

sospirai e sorrisi altezzosa e beffarda, più amara però con me stessa. Io avevo ceduto, ed ero stata falice di farlo, non lo avevo accontato. In quel momento, il fatto che anche per lui fosse stato lo stesso era solo una magra consolazione, sopratutto se avevo sacrificato tanto per poi essere offesa con quella "cosa" che mi guardava negli occhi come un fragile cerbiatto impaurito!

Se lo cosco quindi?...... Intimamente!

dissi altera con voce più limpida del rumore di una goccia d'acqua, mettendo una pareticolare, ironica enfasi nell'ultima parola, velandola anche di un leggero e amaro disappunto che lei non avrebbe potuto percepire

Ma vedi, la questione principale, infatti, non è che IO lo conosca o meno..
sai, invece, qual'è?
Vediamo se indovini..
Stupiscimi ancora, tesoro.


Aguzzai il mio sguardo e la mia voce, improvvisamente più infimi nella loro sconfinata suadenza. Ormai mancava poco. I miei muscoli cominciavano ad irrigidirsi, impazienti di scattare e distruggere, e benchè ella non potesse notarlo, di sicuro l'aria che respirava si era fatta sempre più satura del terribile pericolo nel quale, in fondo, sapeva di trovarsi.
 
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.°•. °•. stety .•° .•°.
view post Posted on 21/12/2010, 23:01




Elena

Sussultai di nuovo al suono della sua voce suadente e dolce, sorpresa che mi avesse risposto. In quei pochi istanti trascorsi il cuore aveva preso a pompare sangue velocemente, pareva volesse uscirmi dal petto tanto batteva forte, desideroso di lui. Come se pronunciare quel nome a voce alta dopo tutto quel tempo, avesse risvegliato una nuova energia nel mio stesso corpo.
Osservavo gli occhi di quell'angelo degli inferi, così simili ai suoi nel colore, ma al contempo così diversi nel modo in cui mi guardavano. Non erano carichi di passione, ma vuoti e freddi... due mari di lava profondi ed inquietanti, dai quali non riuscivo a staccarmi nonostante la paura.
Il suo corpo era completamente immobile, a differenza del mio che tremava e si contorceva nel disperato tentativo di proteggersi da tanta grazia ostile, quasi ferina. Nella sua perfezione, lei sembrava una bellissima bambola di porcellana, statica e inanimata.
Se si muoveva, i suoi gesti erano armoniosi, calmi, vellutati... come se ballasse.
Sul suo volto serafico, dai lineamenti soavi e raffinati, si era dipinta un'espressione di derisione ed ironia, che li lasciava tuttavia inalterati in un modo sorprendentemente perfetto. Fu con un certo tono ilare ed insolitamente acuto che ignorò la mia prima domanda.
Mi sorrideva beata, prendendosi gioco di me, e mi guardava con aria di sufficienza, come si fa con qualcuno che si considera nettamente inferiore. Quell'espressione snob non si addiceva al suo volto bellissimo.
Io invece ero ancora seduta a terra, le ginocchia premute contro al petto come se temessi un suo attacco diretto. Il viso era congelato, iniziava a farsi tardi e la temperatura della foresta si abbassava lentamente.
Sempre tranquillamente, ma con un tono ugualmente velato di sarcasmo, come se gioisse nel vedermi così - ed avevo ragione di credere che non sbagliavo - mi invitò a smettere di tremare. Mi sentii una sciocca e mi imposi di ascoltare il suo consiglio, agitarsi in quel modo non serviva a nulla in fondo.
Mi sforzai con tutta l'anima, ma davvero non riuscii a capire quello che stesse dicendo. Sapevo che non era umana, non poteva esserlo, dopotutto anche con LUI avevo avuto la stessa, strana, curiosa, sensazione, seppur quella sera non mi avesse spaventata tanto come invece stava facendo lei.
Ma allora... qual'era la sua natura?
Chi... o cosa... erano?
La mia mente per qualche momento abbandonò ogni altro pensiero, solo per concentrarsi su quel singolo, importante particolare, che sembrava essere - come lei stessa aveva confermato con le sue parole - la chiave di tutto.
Non ebbi molto tempo per riflettere, nonostante i miei pensieri vorticassero velocemente, per cogliere quel particolare che, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a cogliere.
Impaziente, mi spronò a continuare a pensarci, ancora una volta con quel tono canzonatorio, bieco, quasi minaccioso. Con tutta probabilità anche lei sapeva che non avrei mai immaginato qual'era la verità... semplicemente si divertiva terribilmente a vedermi agogniate, sempre più vicina e sempre più lontana dalla realtà dei fatti.
Evidentemente si accorse della mia difficoltà, al che di nuovo fece sentire la sua voce squillante, limpida, accattivante ed irrimediabilmente angelica nonostante l'ilarità che nascondeva e che era percepibile.
Immediatamente colsi la sua allusione temporale.
Per secoli... poteva essere solo un semplice, comune, molto usato modo di dire? A quel punto, cercavo di attaccarmi ad ogni minimo, insignificante segnale, sebbene fosse difficile cogliere sfumature nel suo tono di voce.
Il suo sospiro fu impercettibile per me, se non avessi visto il suo petto alzarsi e abbassarsi, avrei detto che fino a quel momento non avesse respirato affatto.
Se lo conosco quindi?...... Intimamente! disse ad un tratto.
E non mi fu difficile cogliere quella medesima allusione. Sentii lo stomaco contrarsi immediatamente, il nervoso montare man mano...
Gelosia? Brutta bestia la gelosia… dicono che ti assalga da dentro e come un verme solitario inizi a toglierti le forze mano a mano… finchè di te non resta nulla se non un corpo inanimato.
Non osai dire nulla. Non avevo diritti su di lui, sapevo che non mi apparteneva come io sentivo di appartenergli… non potevo aspettarmi che fosse mio per una notte passata insieme.
Che cosa ti aspettavi sciocca? pensai stranamente irritata.
Di nuovo la sua voce, fece capolino tra i miei pensieri, alta, argentina e potente, boriosa ed irritante per certi versi.
Ma vedi, la questione principale, infatti, non è che IO lo conosca o meno..
sai, invece, qual è? Vediamo se indovini.. Stupiscimi ancora, tesoro.

In quel preciso istante sentii un brivido partire dal fondo della schiena e percorrere tutta la spina dorsale fino alla nuca.
La sensazione di pericolo si accentuò, mi sentivo intrappolata.
Com'era possibile se mi trovavo in una foresta enorme?
In silenzio, cercai di allontanarmi ancora di più da lei. Nel farlo con la mano urtai un sasso abbastanza grosso e tondo, che tenni a fianco pronta a scagliarglielo contro se si fosse avvicinata ancora. Continuavo a mordermi il labbro nervosamente, impaurita e sconvolta da quello che stava succedendo. Perché quella donna riusciva ad incutere in me così tanto timore?
Che lo conosco anche io… risposi in un soffio. Lei non so come, riuscì a sentirmi di nuovo.
Cosa succederà ora? neanche mi ero accorta di averlo detto ad alta voce…






 
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†Heidi~
view post Posted on 27/12/2010, 17:24




Heidi

Tutmtumtumtum! Era davvero sorprendente - eccitante - quanto poco bastasse a far sussultare un fragile corpo caldo come quello, immobilizzandolo sotto la frenesia di un folle battito in corsa: un volto mozzafiato, una minaccia, un nome, il ricordo più caro e inebriante celato nel profondo di un'anima ingenua e sognatrice. Ed eccola lì, vittima del mio appagamento mentale, pietrificata dalla paura, gli occhi incapaci di scollarsi dalla mia figura proprio a causa della paura stessa, una paura curiosa e incosciente; follemente, sconvolgentemente e silenziosamente esaltata, carica di tremori di panico e... vita, una nuova fremente vita improvvisamente percepibile nelle sue membra: l'amore, quell'amore che non si cura del pericolo e che è persino capace di ginorarlo, di sfidarlo! E lei - persino senza saperlo! - inchiodata al terreno gelido, rannicchiata in se stessa come un ruccio spaventato e convinto di potersi proteggere da qualunque cosa, con quel suo sentimento incosciente, mi stava sfidando! Il piacere di vederla evidentemente consapevole della sua stupidità di fronte la mia presenza e le mie parole, lasciò inesorabilmente il posto al disappunto, un fastidiosissimo formicolio che invadeva e irritatava completamente il mio corpo, e che a stento riuscii a nascondere prima che potesse manifestarsi irrigidendo visibilmente i miei muscoli, serrando minacciosamente le mie mascelle e costringendole a vibrare in ringhi terrificanti... liberando la mia foga di predatore assassino. No, non potevo. Dovevo resistere, godermi il piacere di quella piccola vendetta personale, che si sarebbe compiuta meravigliosamente di lì a poco, nonostante l'insopportabile pensiero di loro due insieme, di ciò che per assurdo lei avesse potuto dargli tanto da attirare la Sua attenzione, di ciò che lui avesse potuto farle, di ciò che lui fosse stato con lei e per lei, tanto da marchiarle un sentimento così dolce e puro nel suo cuore dal battito eloquente e inconfondibile nella sua fattispecie.
Era deliziosamente confusa, cercava inutilmente di seguire a capire le mie parole, aggrappandosi disperata e interdetta ad ogni singola sillaba, per poter capire cosa fossi.. cosa mi accomunasse a Lui, cosa fosse lo stesso Demetri. Oh speravo che capisse, ero sicura che ci sarebbe riuscita, ma non volevo che accadesse tanto in fretta: la consapevolezza, il dolore e la paura dovevano crescere in lei lentamente, annientandola ancor prima che io potessi torcerle un solo capello. E fu esattamente così che, dopo uno stuzzicante antipasto misto fatto di agguati, assordanti e amare parole non dette, giunse a me il primo piatto di quella vendetta: lento, ben freddo, così abbondante delizioso da saziare la mia rabbia. Alle mie ultime parole accurante e piene di eloquenza e sarcasmo, rabbrividì sussulando e contraendosi come se una lama le avesse trapassato il cuore. La sua espressione si rimepì di sconvolgente sorpresa, delusione, angoscia, sconforto, amarezza...gelosia. Eccola lì, pensai vittoriosa per essere riuscita a darle anche solo una parte del mio disappunto, poichè non sarebbe stata mai in grado, purtroppo, di carpire e sostenere la furia che si agitava nel mio cuore defunto. Aveva capito. Niente è più letale e appagante della verità! Aveva dannatamente capito cosa mi legasse a lui -e probabilmente persino da quanto-, che era stata solo una sciocca, che non avrebbe mai potuto competere nè con lui nè con me, che era stata tutta una stupida, abile e spietata messa in scena, e forse sarebbe bastato questo per ucciderla. Ma quello era solo il dolce contorno di quel primo piatto gelido che mi accingevo a gustare avida: ciò che mi esilarava maggiormente era il fatto che, qualsiasi dolore le avessi inflitto, Demetri non mi avrebbe sfiorata nemmeno con un dito. Non avrebbe mai distrutto la cosa più importante della sua vita, quella per cui aveva agogniato metà della sua esistenza e che finalmente era sua: avrebbe potuto rifiutarmi, ripudiarmi, si... ma per quanto? Un'eternità davanti a noi e lui sarebbe tornato inesorabilmente da me, prima o poi... molto presto, con molta probabilità - lei non avrebbe vissuto per sempre e lui non poteva fare a meno di me. Avrei vinto, io vincevo sempre! I miei piani erano splendidamente infallibili, prova perenne del mio insidacabile potere! Cosa ancor più bella era la certezza che, se davvero lui l'amasse quanto lei amasse lui, sarebbe stato in trappola, incapace di ferire una per vendicare l'altra! Poteva amarci con dinamiche completamente diverse, ma probabilmente non una meno dell'altra, e questo, sapere che non l'avrebbe mai potuta amare "come" amava me, sapere che se l'avessi tolta di mezzo avrebbe significato toglierere ad entrambi il tormento che meritavano, mi bastava per torturala una sola volta senza ucciderla, e la mia rivalsa sarebbe stata perfettamente e meravigliosamente completa, viva e incicatrizzabile per l'eternità! Nemmeno lui sarebbe sfuggito alla mia furia, alla punizione per quell'orribile affronto che entrambi mi avevano fatto! Dando sfogo a me stessa e dicendo le verità, avrei avuto la mia più golosa vendetta: sapevo che avrei incrinato in qualche modo il suo sentimento per lui...e saperlo incapace di scegliere... era la ciliegina sulla torta! Inoltre io non potevo certo definirmi una donna fedele! Non lo sarei stata mai!
La sentii surrurrare la sua condanna con una consapevolezza stupefacente, sorridendo divertita, melliflua e raffinata nel vederla evidentemente in trappola, arretrare inutilmente, mentre si torturava il labbra inferiore con i denti, mentre afferava il primo sasso alla mano sperando ingenuamente di non essere scoperta, potermi colpire!
Scoppiai in una risata cristallina e altezzosa, delicata e quasi assordante, portandomi una mano alla bocca con grazia e malizia.
Esatto, genietto!
esclamai ilarica mentre i miei occhi si infuocavano già della perfidia e la foga che di lì a poco si sarebbe scatenata.
Cosa faremo adesso? Beh, adesso passeremo del tempo insieme, e ci divertiremo come matte....
Continuai gaia, dolce e suadente... con un certo entusiasmo, rimanendo immobole. Improvvisamente il mio sguardo si fece minaccioso, terribilmente inquietante, magnetico sul mio volto dalla bellezza comunque inalterabile.
... o almeno, io mi divertirò di sicuro!
conclusi melliflua, risoluta, terribilmente sarcastica e spietata, mentre un ghigno pieno di perfidia si disegnava vellutato sulle mie labbra perfette. Un ringhio sommesso nacque dal mio petto immobile eppure improvvisamente teso e tremante come tutto il resto del mio corpo, ormai piacevolmente carico e pronto a far esplodere la mia foga. Accadde tutto in meno di un secondo. Non diedi il tempo a quel verso di completare la sua sinfonia che già ero china su di lei, scivolata sul terreno veloce come la luce e liscia come la seta, come se fossi scomparsa e riapparsa vicino a lei, come se fossi sempre stata lì. Con uno scatto morbido, fulmineo e letale, la afferrai e la sollevai per la gola usando la semplice forza della mia mano - apparentemente leggera nella morsa attorno il suo collo, attenta in ogni caso a farle mancare il respiro quel tanto che bastava a non ucciderla per soffocamento o per lo spezzamento dell'osso del collo stesso -, come se avessi sollevato un ramoscello di ulivo in tutta la mia spietata eleganza, mentre tutto il resto del mio corpo rimaneva immobile e rilassato, sebbene dentro fosse un nucleo carico di fiamme ed elettricità. La guardai con occhi mostruosamente furenti, abbaglianti e meschini, dipinti sul mio volto perennemente serafico.
Tu! Tu non dovresti conoscerlo!
Ringhiai sibilando tra le mascelle serrate, scoprando i miei terrificanti canini brillanti e candidi. Con una smorfia di repulsione la lanciai a qualche metro da me, senza nemmeno aver percepito la forza usata per scaraventarla via contro il tronco massiccio di quell'albero, quindi senza nessuna fatica e senza aver rischiato anche solo di farle perdere i sensi. In realtà il tonfo che ne seguì fu tremendo. Di sicuro le avevo spezzato qualche osso poichè percepii diversi e leggeri CRAK provenire direttamente dall'interno di quel corpicino fragile e friabile come la creta, una musica esilarante che avrei duvuto ingorare se avessi voluto tenere a freno la voglia che avevo del suo sangue, il desiderio di ucciderla che mi stava bruciando dentro impazzito. Senza indugi o scrupoli, le fui accanto ancor prima che potesse sbattere contro quell'albero, pronta per afferrarla nuovamente, stavolta per il braccio, quella sinistro. Lo torcetti abbastanza da portarlo in una posizione poco naturale, spezzandogliene le ossa, godendo e ringhiando ancora nel vederla scivolare sotto di me stordita, terrorizzata e agonizzante.
Il suo odore... te lo sento addosso! E' dappertutto!
Dissi indispettita e terrificante.
Ci ho messo 500 anni per capire quanto lo volessi, affinchè lui capisse di amarmi!E non permetterò alla prima pulce di passaggio di portarmelo via!
Ulrai le ultime parole di quella frase scaraventandola ancora una volta lontana da me, facendola rovinosamente scivolare sul terriccio impervio come se avessi lanciato una foglia nel vento, risoluta e salda come nei movimenti come una pantera. Immediatamente una zaffata di profumo fresco e intenso di sangue colpì inesorabilmente le mie narici. Le pietre e della terra grezza avevano svolto bene il loro lavoro aiutate dal terribile attrito che avevo provocato con quella che per me era stata una semplice spinta: le braccia, le ginocchia e la schiena di lei erano comletamente tagliuzzate, il sangue aveva già macchiato ampi spazi dei suoi indumenti. Sentii la sete bruciarmi la gola e corrodermi la bocca con fiotti copiosi di veleno, il corpo esplodere sotto l'istinto quasi incotrllabile di nutrirmi di lei, del suo sangue particolarmente dolce e invitante. Mi costrinsi a resistere e rimanere impassibile su di lei, raggiungendola ancora in meno di un istante. Con terrorizzante eleganza mi chinai ancora su di lei stringendo la sua mano sinistra minuta nel mio pugno destro, rompendole ad una ad una le nocche, schiocchilanti fin dentro la mia carne impenetrabile.
La guardai in cagnesco, fulminandola col mio sguardo gelido e ipnotico, mentre continuavo a torturarle la mano infilzandole il braccio destro, quello ancora sano, con le unghia della mia mano sinistra. Sentii il calore rovente del suo sangue scorrermi fino al gomito e fui costretta a trattenere il respiro a e non guardarlo.
Stai alla larga da lui...
Ringhiai rabbiosa, violenta, spietata e minacciosa nelle parole.
O la prossima volta non sarò così clemente! E credimi, lui non verrà a salvarti... Tiene troppo alla sua vita... tiene troppo alla donna che ha desiderato per 500 anni, sin dal primo momento in cui i suoi occhi si sono posati su di lei! Su di me, contro la quale tu non puoi competere! Ti sarà ormai chiaro che non è il principe azzurro che conosci. Ha passato la sua intera esistenza facendo una sola cosa, l'unica cosa per cui vive, l'unica cosa che gli arrechi piacere: UCCIDERE! Sei solo un passatempo, un diversivo, una stupida irrealtà che gli da l'illusione di poter essere qualcosa di diverso da ciò che è, per qualche ora. Sono io il suo mondo! Sono IO la sua realtà! Il suo posto è con me! E se tieni alla tua esistenza, ad una stupida vita normale e tranquilla, dimenticalo! Resta al tuo posto, nel tuo mondo. I miei superiori non saranno altrettanto generosi se verranno a sapere che tu sai! Ed io non posso permettermi di perderlo per un suo capriccio del momento! Quindi se tieni alla tua vita, se tieni alla sua, non costringermi ad aprire la bocca e stà lontana da lui! Se non sarò io ad ucciderti, lo faranno loro, potrebbe persino pensarci lui, se si dovesse rendere conto che tu rappresenti una seria minaccia alla sua vita...e tu rimpiagerai che non sia stata io a farlo! Rimpiangerai di averlo conosciuto mentre loro ti faranno in mille pezzi! Perchè è esattamente questo quello che accadrà se non ti deciderai a cancellare ogni ricordo di lui: ti uccideranno lentamente, dissanguandoti, staccandoti un arto per volta come se fosse burro!
Lasciandole la mano sinistra ormai completamente rotta, le mollai un tremendo ceffone in pieno viso, con la mia mano destra, tanto rapido che non avrebbe potuto nemmeno vederlo arrivare, tanto forte - se lo fosse stato troppo però di sicuro le avrei spezzato il collo e perforato la guacia - da provocare uno schiocco più che limpido e sonoro e da lasciarle qualcosa di simile ad un'orribile bruciatura su tutto lo zigomo. Sfilai via la mano sinistra dalla carne del suo braccio destro e non riuscii a fare a meno di guardarla, terribilmente tentata ad avvicinarla alle mie labbra per assaggiare il sangue di cui era completamente intrisa, entrando per qualche secondo come in una specie di violenta trans. Mi ripresi in tempo scostandola malamente e ricomponendomi come se non mi fossi ma alterata. Sorrisi crudelmente ancora china su di lei.
Oh, no, mia cara... non mi sporcherò la lingua con tuo sangue! Non voglio avere nessuna tua traccia dentro di me! Ringrazia il tuo Dio di essere una donna, perchè la mia dieta è fatta di soli uomini. Quelle come te mi limito semplicemente ad ucciderle!
le sussurrai melliflua e sprezzante, un sussurro terrificante eppure angelico nel timbro.
Ma tu adesso te ne andrai, il più lontano possibile da me... con tutta la velocità che quelle tue gambette deboli ti permettono: non è un caso che siano ancora sane. Mi sono ben guardata dal rovinartele, perchè devi andartene, ora! E farai in fretta... prima che io possa cambiare idea. Purtroppo mi servi viva, dolcezza, o non avrò nessuna vendetta! E adesso corri, e mentre ti allontani, allontana da te Demetri, Me, e qualunque cosa che possa farti penasare a noi e a ciò che non avresti mai dovuto vedere! Farai meglio a tenere la bocca siggillata anche con i Cullen! Non vogliamo più altre inutili grane con quegli stupidi vegetariani! E non voglio far perdere la missione e il posto ad un collega. Ci tiene così tanto, Demetri! Un vero peccato, per te, che i Cullen non siano la sua unica missione, o sarebbe arrivato in tempo per salvarti! Ma in questo momento è dall'altra parte del mondo a mozzare chissà quante altre teste. E' la sola idea che possa sentirci senza poter fare niente è davvero divertente...non trovi?
Ad ogni modo...Conto su di te, so che farai un pulizia accurata: sei una fanciulla molto intelligente, sarebbe un peccato sprecare la tua dote!


Edited by †Heidi~ - 27/12/2010, 21:16
 
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.°•. °•. stety .•° .•°.
view post Posted on 9/2/2011, 22:27




Elena

Non mi ero accorta di aver alzato la voce, pronunciando da sola la mia stessa condanna.
Adesso, ripensandoci, forse non sarebbe cambiato nulla se non l'avessi fatto… lei sapeva cosa sarebbe successo, cosa voleva farmi, non appena i suoi occhi demoniaci si erano posati su di me.
Gelida e stupenda, quella bellissima Hérodiade puntava i suoi occhi, affascinanti minerali splendenti nel buio della notte, sul mio corpo rannicchiato contro l'albero scuro.
Al pari di una dea greca, magnifica nella sua perfezione, vedevo il suo corpo immobile e statuario, brillare come se fosse illuminato dalla luce del sole. Una brillantezza che risaltava il colore pallido della sua pelle. Perla e raso. Improvvisamente era come se il mio corpo non rispondesse più ai comandi. Mi trovai immobilizzata dal suo sguardo ferino, dai suoi occhi grandi e rossi come il sangue.
Eccola di nuovo, la sentivo burlarsi di me. Rideva, la sua risata era dolce, trillante, quasi infantile nella sua naturalezza e spontaneità.
Quando parlò di nuovo, il suo tono era tanto esultante quanto bramoso.. sentii un brivido di terrore al suono di quella voce suadente e malefica, il senso delle sue parole arrivò al mio cervello in modo travolgente, mozzandomi il respiro.
Terrorizzata, istintivamente cercai di allontanarmi il più possibile da lei, col solo risultato di lasciarmi ferire dalla corteccia dell'albero al quale ero appoggiata. Non avevo il coraggio di alzarmi, più di così non riuscivo a reagire. Un rumore sorprendentemente simile ad un vero e proprio ringhio uscì da quelle labbra perfettamente rosse. E a quel punto tutto si fece confuso.
In un attimo mi immobilizzò a terra. Non riuscivo a credere a quanta forza avessero le sue braccia, mi era completamente impossibile alzarmi. Nello scivolare a terra sbattei con la testa sulla radice dell'albero.
Senza che potessi fermarla sentii la sua mano serrarsi sulla mia gola, il flusso respiratorio diminuì drasticamente, mi sentivo svenire. La sua pelle era morbida, ma gelida come il ghiaccio e questo, anche nella semi-coscienza di cui ero vittima, mi faceva ripensare a Demetri.
Sentivo come se fossi dovuta svenire da un momento all'altro, ero convinta che volesse uccidermi, ma non era così. Me ne accorsi solo in un secondo momento quando, ripensando agli avvenimenti, mi resi conto che non avevo mai smesso di respirare completamente.
Lentamente riuscii ad aprire gli occhi, incontrando il suo sguardo furente. La sua voce fu come un martello nella mia testa. Incredibile come il suo tono risultasse rabbioso, nonostante i lineamenti pacati del suo viso restassero inalterati.
Mostrò i suoi denti bianchissimi, per un secondo il suo volto fu attraversato da una smorfia di disgusto. Con un semplice gesto della mano, come se stesse gettando con grazia un pezzo di carta nel cestino, mi scaraventò lontano da lei. Quasi fui sollevata di poter di nuovo respirare a pieni polmoni, ma la sensazione di sollievo non durò che una frazione di secondo. Sbattei con un tonfo contro il tronco di un albero. Un sonoro crack si sprigionò da più parti del mio corpo e urlai di dolore. Senza che il mio corpo potesse toccare terra, sentii di nuovo la sua mano gelida prendermi il braccio sinistro. Lo torse tra le sue mani come si fa con un comune anti-stress, ma il rumore che ne seguì fu molto più spaventoso della plastica che si arrotola su se stessa. Si nuovo urlai, sentii gli occhi riempirsi di lacrime.
Il suo odore... te lo sento addosso! E' dappertutto!
Lentamente il mio braccio assunse una posizione innaturale, sentivo il dolore come sentivo il godimento che lei stessa ne traeva.
Basta… per favore… dissi con un fil di voce. Ma invece di rispondermi questa volta, continuò a parlare. Come se quello che mi stava dicendo potesse giustificare quello che mi stava facendo. Immediatamente dopo, finii di nuovo a terra con un urlo terribile.
Era ingiusto, ero impotente. Lei mi stava torturando ed io non potevo fermare quell'agonia così lenta ed estenuante.
Il terreno era duro e freddo cosparso di pietre taglienti, e quando entrò a contatto con la mia pelle ferita sentii un leggero bruciore diffondersi da ogni taglio per tutto il corpo. Potevo sentire le gocce di sangue scendere lungo le gambe, sulle braccia, sulle mani, sul collo… i lividi, segno di quello che, secondo il demone che mi stava di fronte, era il mio peccato, avevano iniziato a fare di nuovo male, probabilmente a causa delle botte ricevute. Non osai muovermi per paura che il dolore generale aumentasse ancora. Aprii gli occhi… e di nuovo era su di me.
Mi stupii di non sentire nessun respiro delicato, solo un forte ed inebriante profumo. Com'era possibile che in una situazione del genere non potessi pensare ad altro che non fosse quel buon profumo?
Con un sorriso ironico e affascinante sulle labbra, mi prese la mano con una delicatezza tale da illudermi che tutto fosse finito e che volesse aiutarmi.
Ma le bastò stringerla e sentii le nocche rompersi come un grissino tra le sue mani.
Le mie urla divennero lamenti incontrollati, piagnucolii che rasentavano l'isteria.
Volevo che la smettesse, il mio corpo non avrebbe sopportato a lungo altra sofferenza.
SMETTILA TI PREGO BASTA! gridai con tutto il fiato che avevo.
In tutta risposta sentii le sue unghie penetrarmi nella carne, come se volesse squarciarmi il braccio.
Questa volta cercai di trattenere l'urlo che mi cresceva in petto e di muovermi il meno possibile.
Visto il dolore, che mi impediva di pensare lucidamente, riuscii a registrare solo qualche parola in mezzo a quella cascata.
Stai alla larga da lui… non dovevo vedere Demetri, non potevo, non dovevo cercarlo più…
A quel pensiero gli occhi mi si inumidirono, e lacrime calde scesero lungo le mie guance sporche e arrossate. Respiravo a fatica, sentivo dolermi le costole quando inspiravo e i muscoli quando espiravo.
Non capivo a chi si riferisse quando diceva che LORO non avrebbero avuto pietà. Più cercavo di seguire le sue parole, più la testa si affollava di pensieri, così mi rassegnai a cogliere solo qualche tratto del suo discorso.
Lasciò la mia mano ormai completamente rotta per darmi uno schiaffo in pieno viso, che mi fece girare la testa.
Non reagii in alcun modo questa volta, neanche gridando, ma sentivo la guancia bruciare come se fossi stata a contatto col fuoco vivo. Sfilò le unghie dalla carne del mio braccio e per un secondo parve contemplare la sua mano con estremo interesse. Disse qualcosa sul fatto che non aveva intenzione di nutrirsi del mio sangue, pensiero che mi faceva rabbrividire al solo sfiorarlo.
Parlò di uccidermi ed in quelle condizioni pregavo solo che si sbrigasse a farlo… solamente per porre fine a quell'agonia infinita. Ma per lei non era sufficiente, non voleva uccidermi, la mia punizione non era la morte.
Mi disse di scappare, al momento la mia mente non registrò subito quel dato così significativo, tanto che quando lei si alzò per lasciarmi passare, per qualche secondo rimasi inchiodata a terra.
Anche se lei mi aveva detto di sbrigarmi, ci misi molto tempo a capire che potevo alzarmi.
Lentamente, con il corpo dolorante, mi aiutai con il braccio destro ad alzarmi sulle gambe che non avevano subito danni, eccezion fatta per qualche graffio.
Cercai di tenere il braccio sinistro, con la mano destra, in modo da non farlo ciondolare sul mio fianco come se fosse inanimato. Tremavo visibilmente, ancora incredula. Mi allontanai di qualche passo, senza staccare gli occhi da quella femme fatale tanto angelica quanto malvagia, di nuovo perfettamente composta, come se nulla fosse accaduto. Nel suo sguardo c'era ancora traccia della minaccia ma quando mi resi conto che non mi avrebbe inseguita, senza dire una parola, le diedi le spalle ed iniziai a correre. Cercavo di schivare le ombre scure degli alberi più possenti, ma contro i cespugli e i rovi non potevo fare nulla. Sentivo le spine e i rami sporgenti graffiarmi le caviglie, cercai di ignorare il dolore e continuai a correre senza sosta.
Inevitabilmente, mano a mano che sentivo allontanarsi la sensazione si pericolo e la tensione aumentare, la mia mente si riempì di domande ancora senza risposta, la maggior parte legate al mistero che riguardava la famigerata famiglia Cullen… cosa c'entravano in quella storia? e perché sarei dovuta andare proprio da loro a raccontare quello che era successo? cosa mi nascondeva Bella, mia cugina? aveva forse a che fare con il fatto che non si faceva mai vedere? perché li aveva chiamati vegetariani? e Demetri… che genere di missione aveva Demetri e cosa aveva a che fare con la famiglia di Bella? perché… perché Demetri non era venuto a salvarmi? sapeva dell'odio che quella donna, sempre che si potesse chiamare tale, provava nei miei confronti? perché non aveva fatto niente per fermare tutto questo? e soprattutto… Demetri era un assassino?
In questo momento è dall'altra parte del mondo a mozzare chissà quante altre teste...
La vista si offuscò e mi resi conto che stavo piangendo ancora. Mi fermai, non del tutto convinta di aver corso abbastanza vista l'incredibile velocità di quella donna. Mi voltai indietro, sorpresa di intravedere ancora il punto esatto in cui si trovava, circondata da un alone pallido come se il sole la stesse baciando.
Continuai a correre fino a quando non sentii più le gambe. Mi accasciai a terra, completamente sfinita, col respiro affannato, incapace di capire dove fossi.
Mi guardavo intorno ma vedevo solo buio, non avevo idea di dove fosse la macchina, ormai avevo abbandonato l'idea di trovarla.
Le gambe erano deboli e stanche, se mi fossi alzata probabilmente avrebbero ceduto di nuovo.
Una grande, enorme, continua fitta di dolore mi attraversava tutta la parte superiore del corpo, dalla testa al bacino. Mi sentivo stordita, l'unica cosa che volevo era dormire… riposarmi e svegliarmi senza più dolore. Perché il dolore fisico era ciò che testimoniava che quello che era appena successo era reale, che non avevo immaginato tutto.
Vorrei svegliarmi dalla mia camera, vorrei che fosse tutto un brutto sogno… pensai.
Volevo cancellare tutto tranne i ricordo di quella notte con Demetri.
Quasi avevo paura di pensare a lui, terrorizzata dall'idea che quel demone potesse sentire anche i miei pensieri. Ma poiché non arrivò nessuno, capii che non era così.
Mi lasciai cullare da quel ricordo e lentamente persi i sensi.

LENA? LENA???
Qualcuno mi stava scuotendo. Faceva male, tanto, tantissimo male…
Lena! Ti prego svegliati, cos'è successo?
Un gemito di dolore uscì dalle mie labbra involontariamente quando la voce mi toccò il braccio sinistro.
Sei sveglia? Lena dì qualcosa!
A fatica riconobbi la voce dello zio Charlie.
Sentila, è congelata… dobbiamo portarla in ospedale, credo che abbia il braccio rotto disse una seconda voce, più giovanile della prima.
Non riuscivo a muovere un muscolo, ero ancora in uno stato di semi-coscienza.
Qualcuno cercò di tirarmi su, ma non appena mi misero le braccia sotto il busto lanciai un tremendo grido di dolore.
Attento, deve avere anche qualche costola rotta
Dobbiamo chiamare qualcuno…
Le due voci si fecero sempre più lontane, finchè non svenni di nuovo.

Aspetta, credo che si stia svegliando…
Lena? Tesoro come stai?
Zio… riuscii a dire con un fil di voce.
Sentivo un gran calore, probabilmente mi avevano coperta per proteggermi dal freddo. Qualcuno mi teneva su la testa, lo zio teneva la mia mano destra tra le sue. Ci stavamo muovendo, dovevamo essere su un auto.
Lena cosa ti è successo, chi ti ha ridotto così?

Farai meglio a tenere la bocca sigillata, anche con i Cullen…

Un…un animale…



 
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7 replies since 7/12/2010, 20:25   191 views
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