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Boreal dawn, il sapore del sangue di Bella (in aggiornamento)

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Niki Marty
view post Posted on 24/2/2009, 10:52




titolo: Boreal Dawn
autore: folgorata
tratto da: Edward and Bella italian Forum
genere: fantasy/horror

Boreal Dawn



1. Il sapore del sangue



La foresta in quel punto si diradava. La mano di Edward sfiorò le dita di Bella e si strinse loro intorno. Il crepitio del sottobosco sotto i piedi si arrestò con la comparsa della maestosa casa bianca dei Cullen tra gli abeti.
Il viso bianco e scolpito di Edward si avvicinò al volto a forma di cuore di Bella e le labbra dal disegno perfetto sfiorarono il sorriso incerto della moglie.
L’alito tiepido terminò in un bisbiglio:
«Non vuoi sapere che sapore avevi?» gli occhi erano due lame dorate. Edward le afferrò una mano e se la portò alla bocca chinando il capo.
«Non so… di ferro?» gli occhi di Bella vagarono spaventati.
«Non vuoi sapere…» ma Edward si interruppe. Era stato come se fluisse… Era stato travolgente, inebriante… L’energia diffusa ad ogni estremità del corpo… Ed era lei Bella, l’essenza stessa della vita...
Quando Edward sollevò lo sguardo, gli occhi erano grandi e liquidi come oro fuso ma sembrava affranto.
Bella detestava vederlo così; gli scostò il ciuffo bronzeo dalla fronte e sorrise:
«Non ti tormentare…»
«La seconda volta che ho assaggiato il tuo sangue…» lo sguardo di Edward si ammorbidì al ricordo della nascita di Renesmee e la mano scorse dolcemente sui capelli setosi di Bella.
Lei gli aveva dato ogni cosa. Prima il sangue, poi il corpo… Mentre la morte era stato il dono di Edward per Bella. Bianchi e freddi come cadaveri questo erano, belli, agili e forti ma solo il loro amore li faceva sentire vivi.
«Fa sempre piacere sapere di essere… buoni.» bisbigliò Bella.
«Sei veramente buona tu, Bella» lo sguardo divenne torvo sotto l’ombra del ciuffo. Quanto disprezzo aveva per se stesso. Alla fine non ce l’aveva fatta a salvarla.
«Come si può … -Edward esitò– amare qualcuno che vuole ucciderti? Non hai idea di quanto avrei voluto morderti…»
«È sempre confortante sapere di essere stati risparmiati…» sorrise Bella scrutando gli occhi color topazio. Non amava quel rivangare il passato. Sapeva che Edward si immalinconiva …e i sensi di colpa avrebbero preso presto il sopravvento.
«Ti ho risparmiato?» Edward le nascose lo sguardo.
«Tu non hai mai ceduto, Edward. Se ho perso la vita, come viene intesa dagli “umani”…» esitava ancora a pronunciare la parola “umani”. Come se la categoria non le appartenesse più da chissà quanto tempo. E, invece, fino a pochi mesi prima lei era ancora un’umana a tutti gli effetti…
“Umana”… Ma lo era stata mai completamente? A volte il dubbio la assaliva. Non aveva mai tenuto un cucciolo, era sempre stata più pallida del normale, ben prima di diventare un vampiro. Inoltre, aveva da sempre avvertito l’odore del sangue, un odore di ferro, al punto di svenire addirittura, alla vista del sangue…
«Penso che tu fossi già nel mio destino Edward… Pensaci… Il furgone di Tyler che stava per maciullarmi… La mia vita era condannata ad essere breve. E il mio colorito pallido? Ero cerea anche quando vivevo in Arizona!»
«Tesoro mio…» un profondo sospiro emerse dal petto di Edward.
Ormai Casa Cullen non distava più di cento metri e Bella si fermò. Aveva paura. Non che fosse la prima volta. C’era sempre del timore nei confronti della nuova famiglia ma quel giorno era diverso. Il clan sarebbe stato al completo. Era la ricorrenza della vittoria sui Volturi esattamente un mese prima e in aggiunta, era il complemese di Nessie. C'erano i misteriosi preparativi di Alice ed Esme ma a spaventarla non era l’ospitalità perfetta dell’aristocratica famiglia di vampiri.
Edward avrebbe parlato quella sera, ne era certa e la felicità sua, di Edward, di Renesmee. …sarebbe stata a rischio per un’ipotesi folle e tutta da verificare.
«Edward?» supplicò Bella arrestando i propri passi.
Lui la guardò. Gli occhi erano addolorati ma erano grandi e dorati come quando a tormentarlo non era la sete.
«Non pensi che dovremmo evitarlo?» Insistette Bella con una nota stridula nella voce. Era l’angoscia a serrarle la gola.
«Voglio sapere la verità… te l’ho già spiegato - Edward contrasse la mascella come quando doveva rifiutarle qualche cosa– Ci deve essere una speranza… ne sono sicuro. Sei innocente tu. Non hai ucciso né mai lo farai, hai sfidato la morte per me e per Renesmee...»
Il viso canoviano di Bella si rannuvolò di colpo come ai tempi di biologia; come se non fossero passati due anni, una trasformazione, un matrimonio e una figlia:
«Ritornare umana. Io sola?» le labbra tremarono per frenare il pianto senza lacrime della sua nuova non vita. «Abbracciarti per un attimo e poi scappare? – singhiozzò sotto una falda dei capelli lunghi – Eee… niente lingua nei baci…la paura dei tuoi denti affilati o di un fiotto di veleno?»
«I miei denti affilati, la bocca piena di veleno… -L’abbraccio di Edward fu forte come l’acciaio, come a volerla fondere con il proprio corpo. Nel petto vibrò la voce più profonda che Bella gli avesse mai udito - …non avevi mai detto che ti facevano paura.»
Le mani di Bella si allacciarono dietro la schiena di Edward e come pietre incastonate l’una nell’altra i secoli sarebbero trascorsi senza che nulla potesse riuscire a sciogliere la stretta …se non la voce dura di Edward:
«Devo sapere la verità. Il potere della vita ci pensi? Se è questo il segreto della potenza dei Volturi…»
«Ti uccideranno se solo ti avvicinerai – la testa di Bella ondeggiò in segno di diniego. Odiava quella ostinazione di Edward. Lontani ancora una volta e il rischio che non riuscisse a ritornare…- E poi perché? –con le mani ai lati del viso di Edward, scrutò gli occhi color miele in profondità - Perché questa salvezza dovrebbe non essere anche per te?»

A falcate lunghe e nervose verso il portico bianco di casa Cullen, come un leone irrequieto che sta per sferrare l’attacco, Edward si allontanò.
Bella rabbrividì: dava l’impressione di essere pronto a esplodere.
Cercò la corteccia di un enorme tronco di abete dietro la schiena per appoggiarsi e osservò i festoni di muschio tutt’intorno: lacere cortine verdi che univano un albero all’altro e creavano un’intimità attorno a casa Cullen.
Quell’idea di Edward era pericolosa.
Che i Volturi sapessero invertire la trasformazione da vampiro ad essere umano... Era un’ipotesi pazzesca. Quella testa dura lo avrebbe mai capito? Se Rosalie non ci metteva del suo... Ma Rosalie avrebbe scoperto tutto, era questione di poco. Lo avrebbe spinto fin sull’orlo del precipizio. Bella ne era certa. Con il rimpianto per la vita umana che aveva Rosalie!
Una sensazione di gelo aggredì il petto di Bella. E poi riportarla alla vita: perché? Proprio non capiva. Con una controtrasformazione che avesse restituito la vita a lei sola, come vampiri Edward e Renesmee sarebbero rimasti agganciati ad un destino assolutamente inconciliabile con il suo.
Un abbraccio della bambina le avrebbe spezzato le ossa. Esprimere a Edward tutto il proprio amore le sarebbe stato proibito. Come poteva desiderare Edward tutto questo?
Era il profumo del sangue innocente di una ragazza umana a mancargli? Il tenuo rossore che un tempo, l’emozione le faceva salire al volto? Il calore di un corpo vivo gli era tanto indispensabile?
Il gelo ragigunse le viscere di Bella. Era ingiusto sospettare di Edward. I suoi baci ardenti, dimostravano quanto insaziabile fosse il suo bisogno di affetto e di vicinanza fisica. Il piacere di una carezza gli era mancato per un secolo intero! Erano sospetti dettati dalle insicurezze della ragazzina timida e goffa che era stata! Nelle notti infinite della loro condizione di predatori irredenti… Lo vedeva passeggiare piano nel cottage di pietra, lo vedeva uscire con un pretesto e issarsi su uno dei rami più alti di un peccio a guardare la luna o più spesso, le nubi che la oscuravano.
In una di quelle notti: una chimera si era insinuata nella mente di Edward e aveva preso corpo in un’idea assurda che minacciava di distruggere la loro felicità.
Forse era lo stress degli ultimi mesi ad angosciare Edward.
Il cuore di Bella, o quel che ne rimaneva, accelerò improvvisamente la sua corsa. Tutta quella felicità era come se fosse stata troppa per le membra impietrite di un vampiro secolare. Lo scontro contro i Volturi si era risolto bene e l’aria di guerra si era rasserenata tra le piccole e grandi scoperte della vita insieme. Ma la fredda e mellifua determinazione di Aro, Caio e Marcus aveva continuato a tormentarlo e le riflessioni sui motivi dei Volturi erano cominciate. Assimilare o distruggere la famiglia Cullen… Perché?
Nei giorni seguenti, Edward aveva continuato a ripetere:
«Perchè quella determinazione a impedirci di vivere a modo nostro? Otto vampiri in una piccola cittadina nella foresta come possono suscitare tanta aggressività nel gruppo più antico e potente della nostra specie?»
Sì, l’ossessione per il segreto dei Volturi doveva essere stata generata dai sensi di colpa ma… un’intuizione doveva esserci stata all’inizio. Nella mente di Aro doveva esserci stato qualche cosa che Edward aveva percepito. Qualche cosa che lui non le aveva mai detto e che non intendeva rivelarle…
Abbracciandosi Bella rabbrividì di nuovo. Le nascondeva qualche cosa? Lasciarla ancora una volta? Sacrificarsi per lei?
Quei fatti di sangue dei primi anni da vampiro: doveva essere questo a tormentarlo…
Bella fremette e afferrò con tale forza il tronco alle proprie spalle da lasciarvi impresse le impronte d’artiglio delle dita contratte… Non controllava ancora la propria forza di creatura nata di fresco, intrisa del proprio stesso sangue: il sangue di una ragazza dal suo medesimo nome, morta un giorno non lontano, nel dare alla luce una bimba mezzosangue a sfida dell’inemicizia eterna tra esseri umani e vampiri.
Sì. Gli anni “della bestia”. Dovevano essere stati quelli a minare l’autostima di Edward. Gli anni dell’accudimento paterno di Carlslile, gli anni della paziente opera di consapevolizzazione del nuovo vampiro… Gli anni in cui Edward, tuttavia, si lanciava nelle notti metropolitane in cerca di malfattori che lo facessero sentire meno in colpa ma che anche placassero la sua sete….
«Quanto devi avere sofferto amore mio - bisbigliò Bella con gli occhi fissi al portico deserto dei Cullen - abbeverare la bestia che è in te, e trovarsi dinnanzi, appena un istante dopo, un corpo straziato, uno spettacolo di orrore rivoltante…. E poi? Tornare da Carlile a testa bassa, fingere un po’ d’umanità, con la crudeltà di un killer seriale ancora negli occhi: lo scempio visto tante e tante volte e un solo colpevole, sempre tu…»
Il silenzio fece eco al sottile mormorio di Bella. Ma il suono di quel bisbiglio avrebbe potuto giungere fino all’udito acutissimo di un vampiro come Edward. Erano cose orribili che lei non avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli di persona. La barriera della propria mente era l’unica che le capacità di Edward nell’ascoltare i pensieri altrui, non sapessero oltrepassare.

A passi lenti e pesanti Bella si avviò verso la casa.
Deserto anche l’ingresso oltre al portico.
Quei discorsi nella foresta erano stati angoscianti. Nessun richiamo le uscì tuttavia dalle labbra per Edward. Fare ordine nei propri pensieri richiedeva più tempo e sforzo per lui, per carattere.
Carlile si affacciò sorridendo dallo studio:
«È andato in camera a cercare un vecchio CD di Erik Kamen – disse con la sicurezza di chi è certo di conoscere i desideri dei suoi figli adottivi poi la fissò e aggrottò le sopracciglia come chi si meraviglia e si preoccupa nello stesso tempo – C’e il sangue per Nessie, entra.»
Carlile le richiuse la porta alle spalle:
«È il mio piccolo viaggio in Italia con Edward che ti preoccupa?»
«Sì – ammise Bella semplicemente- Ma spero ancora che cambiate idea.»
«Un cataclisma mondiale forse indurrebbe Edward a cambiare idea» Carlile roteò gli occhi in modo elequente.
«Intanto non credo che Rosalie sarà d’accordo» obbiettò Bella.
«Perché mai?» replicò Carlile osservando con occhi profondi sua nuora.
«Perchè Rosalie non potrà mai accettare di restarne fuori» rispose Bella.
«Un piccolo viaggio mio e di Edward per una volta da soli? Che c’è di male in questo?»
«Dopo la battaglia contro i Volturi, appena sposati, con una bambina. Pensi che Rosalie non si chieda come mai Edward se ne va? Edward non mi permette neppure di andare a fare la spesa senza di lui!» Tanta devozione, per una quasi umana poi: irritava Rosalie più di ogni altro.
«Senza un colpo di sole delle Hawai, parrebbe impossibile – sorrise Carlile ondeggiando un bicchiere di AB positivo preparato per il complemese di Renesmee – Ne convengo… Vedersela con Rosalie sarà inevitabile. - Carlile corrugò la bella fronte fissando un punto lontano oltre la finestra, nel fitto della vegetazione che circondava casa Cullen. – Non posso semplicemente rispondere ad Edward che non credo alla sua teoria… Ha combattuto e sofferto con coraggio per tutti noi…»
«Troppa sofferenza - lo interruppe Bella trascurando la soggezione che ancora provava in sua presenza – Non credi che Edward debba darsi un po’ di pace?»
«Un po’ di tregua anche per te ci vorrebbe, immagino.»
«Non è di me che si tratta»
Carlile la fissò con intensa dolcezza:
«Il trauma non deve essere stato piccolo.»
«Ma sono felice» lo interruppe Bella nuovamente.
«Lasciami finire. – chiese Carlile con gentilezza – L’angoscia di Edward forse nasce anche dal tuo silenzio. Ci siamo passati tutti Bella, non scordarlo. Le iridi scarlatte nello specchio, un volto pallido e freddo come la pietra… lasciare i propri affetti… Non è facile da un giorno all’altro. Il dolore della trasformazione e il dolore del parto: non sono cose facili da dimenticare in tutta fretta per vivere con serenità la maternità e il matrimonio…Ma l’istinto di uccidere soprattutto: doverci convivere … Bella…»
Bella si era nascosta dietro un muro di setosi capelli castani.
Aveva abbassato lo sguardo. Non voleva che Carlile leggesse negli occhi color sangue la difficoltà di adattarsi. La tranquilla vita di un tempo era finita per sempre e gli aspetti da ricomporre in un unico quadro erano ora davvero molti. Emise un bisbiglio udibile solamente dagli orecchi di un vampiro:
«Tempo… mi ci vuole, come per tutti voi.»
«Sì, ma il tuo silenzio è impenetrabile Bella. Non ti confidi con nessuno. Lui ascolta i pensieri di tutti, tranne i tuoi e il tuo silenzio lo taglia completamente fuori. Escluso da chi più ama, ed è strano per lui. Incomprensibile. Immagina e immagina… ciò che tu non gli dici. Ecco i fantasmi… i sensi di colpa.– il patriarca fece una pausa pensosa riprendendo a rimescolare l’anticoagulante nel calice destinato a Renesmee – Edward ci difende, il suo dono ci è prezioso. Ha bisogno di sentire la mia fiducia e non gliela posso negare.»
«Allora è come pensavo, deve averti detto qualcosa che io non so. Perché a me non vuole parlarne?»
«Tra persone che si amano il riserbo non dovrebbe esserci… - Carlile sollevò il mento e le rivolse uno sguardo dolce di rimprovero… - Hai mai pensato che Edward abbia bisogno di sentirsi perdonato?»
«Certo che l’ho pensato. Ne sono certa anzi… - osservò Bella quasi parlando a sé stessa. Si strinse nelle proprie stesse braccia – Si angustia al minimo accenno sulla mia vita passata… I miei problemi accrescerebbero i suoi… Non ho nulla da perdonargli, glielo ripeto ogni giorno. Che squallore la mia vita sarebbe stata senza di lui…»
«Bella - Carlile le allungò una carezza timida sui capelli- I sensi di colpa di Edward riguardano anche altre cose. Essere un eternamente dannato non lo aiuta… - Carlile si rannuvolò e decise di riporre il sangue per Renesmee nel piccolo frigobar del suo studio. - Tu lo ami e il tuo perdono è importante ma deve essere lui a perdonare sé stesso. Qualcuno di assolutamente sopra le parti, qualcuno di assolutamente perfetto dovrebbe rassicurarlo: “No, Edward qualsiasi sia la tua forma di vita… No. Tu non sei malvagio…”. Non bastiamo forse né tu, né io…»
«Ha bisogno del perdono di Dio insomma…» disse Bella semplicemente sgranando gli occhi.
Le belle labbra di Carlile si schiusero e le palpebre si aprirono e chiusero per un paio di volte del tutto inutilmente per un vampiro privo di lacrime.
«Un vampiro non lo direbbe mai a sé stesso. Bella, ne hai un’idea? – disse con voce flebile osservandola come se fosse appena atterrata da Marte– Il concetto stesso di Dio è interdetto alla nostra natura. Non ricordo Vampiro che abbia mai pensato neppure di nominarlo.» Carlile terminò con una piega amara della bocca. Gli occhi di solito sereni avevano il bordo arrossato e per la prima volta sembrarono a Bella gli occhi di un uomo vecchio di tre secoli.
Un brivido violento scosse le spalle di Bella. Un silenzio perfetto cadde nella stanza ormai velata dalle ombre del crepuscolo.
Un sospiro di Bella si levò dopo un paio di minuti:
«Che si fa con Rosalie dunque? Se scoprirà le teorie di Edward non gli darà più pace. Il miraggio di tornare alla vita umana sarà irresistibile per lei, vorrà inseguirlo ad ogni costo. E la nostra tranquillità ne sarà travolta…»
«Edward sarà inesorabile anche senza il sostegno di Rosalie» sorrise Carlile.
Bella emise un secondo sospiro profondo.
«La battaglia è persa in partenza se devo fronteggiare anche l’irruenza di Rosalie…»
«Che cosa ti angustia Bella?» la voce calda di Carile non mitigava il potere penetrante dello sguardo.
«La possibilità di riattraversare per uno solo di noi due: Edward dice che può esserci …»
Carlile aggrottò le sopracciglia con espressione interrogativa.
«Non ho ucciso nessuno e secondo lui questo potrebbe fare la differenza….»
I passi felpati di Edward annunciarono il suo ritorno. Il pianoforte a coda era lì ad attenderlo e Bella andò lì accanto per ascoltarlo suonare.
Le melodia era struggente, forse troppo. La sordina a pedale ne smorzò il suono.
«Una Renesmee normale? Non ti piacerebbe?» mormorò Edward.
Il silenzio che seguì, nascondeva ciò che Bella poteva solo pensare. Ma che entrambi sapevano.
Jacob sarebbe invecchiato, e poi sparito con gli anni e che cosa ne sarebbe stato di Renesmee?
Edward tolse la sordina.
Il viso chino, assorbito dalla musica era nascosto al dolce sguardo di Bella.
L’amore di Edward, la grande felicità di stare finalmente con lui, ogni ora, avendolo come per sé come ogni donna desidera il proprio amore… Era egoismo tutto questo? Un futuro da persone normali non voleva neppure considerarlo? Pensava solo a sé stessa forse … Forse Edward era ancora una volta migliore di lei… anche come genitore…
Lo sguardo di Bella vagò lontano.
Le decorazioni brillavano in ogni angolo. Campanelli di cristallo erano appesi all’archinvolto di ognuna delle grandi vetrate. Tintinnavano al vento. C’erano raffiche impetuose. Il temporale si avvicinava. Nel crepuscolo, grandi nuvole nere si ammassavano veloci tra le punte degli alberi sopra le loro teste.
Edward stava correndo forsennatamente con le dita sulla tastiera del pianoforte… Sotto il palmo della mano che Bella gli teneva appoggiata su una spalla, si avvertivano i muscoli contrarsi ad ogni accordo pigiato con forza.
Gli altri non erano ancora arrivati. Carlile era nel suo studio. Misteriosamente Alice ed Esme erano ancora al piano di sopra … Edward si era rifiutato di rivelare a Bella che cosa stavano macchinando. Per lui, nessuna sorpresa: aveva il dono di udire i pensieri di chi lo circondava. I segreti di Alice ed Esme per lui non erano tali. Una sola mente gli era interdetta: gli arcani pensieri di Bella.
Solo l’attesa in quel momento dominava i sentimenti di Bella. Dalla antica riserva dei Quileute, Renesmee e Jacob sarebbero rientrati presto. L’interdetto contro i vampiri era stato sospeso solo per la bambina. Il fremito dell’attesa di Bella era ora come quello che provava Edward quando era lei a poter andare a La Push. Un mondo proibito ai Cullen e ogni volta, che Renesmee vi entrava era come se fosse lontana mille miglia.
Edward picchiava sui tasti e le dita di Bella sfiorarono tra i capelli color bronzo; la superficie lucida dello Stanway brillava alla luce del grande lampadario Venini appeso due piani più in alto: là dove la grande scala ricurva terminava la sua spirale in una vetrata circolare a soffitto.
Di lì a poco, la pioggia avrebbe completato il suono dei campanelli alle finestre. Ogni goccia colpendo la cupola di vetro sopra la scala, avrebbe ritmato la melodia che Bella amava. Se fosse stato giorno, sarebbe rimasta ad ammirare lo spettacolo della pioggia cadente restandosene tranquillamente lì sotto, all’asciutto. Ma tra poco, il crepuscolo si sarebbe del tutto oscurato e a lei non sarebbe rimasto che sedersi al grande tavolo dove i Cullen, anzichè cenare, si sarebbero guardati in viso, avrebbero parlato, avrebbero prospettato il futuro alla luce dei nuovi arrivi: Bella, la piccola Nessie, Jacob e quella banda di lupi che il Quileute si portava dietro.
Odiosi cani puzzolenti, avrebbe detto Rosalie, ma vegliavano sulla sicurezza di Renesmee e in definitiva anche su quella dei loro irriducibili nemici vampiri, quali erano dopotutto anche i Cullen. Ma ogni giorno che passava, anche per Rosalie era divenuto difficile mascherare il sentimento di solidarietà che si era creato tra i due gruppi.
Proprio in quel momento. Rosalie ed Emmet fecero il loro ingresso. Fasciata in abito bianco mozzafiato, Rosalie veleggiò verso il centro della sala allargando le braccia in direzione di Edward.
Chiedeva campo libero e Bella arretrò un poco. Un mobile di casa sarebbe stato degnato di maggior attenzione. Si sarebbe mai abituata a quel modo di ignorarla che aveva Rosalie? Altezzosa e costantemente preoccupata del proprio aspetto: dopo lo svezzamento di Nessie, Rosalie era tornata quella di sempre.
La regina della festa si abbarbicò ad Edward sfidandolo a continuare a suonare…
Edward lasciò il piano e dopo aver riservato un buffetto alla sorella si diresse in direzione di Emmet che stava entrando stracarico di valige e pacchetti.
«Vedo che la vacanza alle Haway non è stata indolore.»
«Ehi vecchio – rispose Emmet in un aperto sorriso, rivolto ad Edward – non penserai di cavartela così» e riversò sulle braccia del fratello un misterioso grande pacco morbido con l’ordine di portarlo a Esme.
Protendendo la mano affusolata verso il torace di Bella, Rosalie intanto si era finalmente avvicinata.
«Che pizzo delicato… Bella è… stupendo anche il colore – mormorò con gli occhi ipnotizzati dalla camicia blu orlata di valenciennes. – Non ho mai visto niente del genere… Poi finalmente rivolse alla cognata un sorriso. – Non mi dire che è… »
Bella si sentì avvampare ed era certa di essere arrossita malgrado i vampiri non potessero farlo.
«Sì. – ammise in un bisbiglio - Me l’ha regalata Edward» il ricordo risaliva a pochi giorni prima, quando Edward aveva aperto un vecchio baule di legno e aveva estratto l’indumento.
Erano al cottage. Edward aveva preso la camicetta e gliel’aveva accostata al viso:
«Ero sicuro che su di te sarebbe stata perfetta… Apparteneva a mia madre» aveva confessato abbassando lo sguardo.
Con la solita irruenza, Bella lo aveva abbracciato e di lì a poco la camicetta abbandonata sul letto riportava qualche piega di troppo. Indossandola quella sera si era augurata che Edward, avrebbe deciso che, dopotutto, i Volturi potevano aspettare.

Edward era scomparso nelle stanze del piano superiore, ivi spedito dagli ordini perentori di Emmet. Bella lasciata in balia di Rosalie, si sedette sull’ampio Chesterfield, raccolse le gambe sotto di sé e rilasciò la schiena sul sontuoso trapuntato bianco. Il primo scambio di battute con Rosalie non era stato facile ma ora si poteva rilassare. Il primo approccio era stato superato e Rosalie per il momento non era ancora probabilmente al corrente di ciò che bolliva in pentola. A meno che Alice non l’avesse già informata telefonicamente… E di certo le capacità divinatorie di Alice dovevano averle già mostrato il viaggio che Edward e Carlile stavano progettando.

Bella osservò Rosalie di sottecchi. No, non sembrava che la cognata avesse pensieri diversi dalla preoccupazione per le grinze impresse dal viaggio sul lino bianco dello chemisier lungo e attillato. Almeno per ora Bella poteva sperare che la cognata fosse totalmente all’oscuro delle idee folli di Edward riguardo ai Volturi e alla possibilità che conoscessero il segreto della controtrasformazione.

Rosalie si versò per automatismo un bicchiere di cognac che non avrebbe neppure assaggiato. Era solo un vezzo che le ricordava i bei tempi andati in cui, da umana, lo avrebbe degustato gingillandosi con il bicchiere. Ora non lo avrebbe neppure accostato alle labbra.
Il viaggio alle Haway? Sì, era stato bellissimo. Ovviamente… E l’ammiccamento felino degli occhi di Rosaly era inequivocabilmente riferito alle prodezze amatorie di Emmet. Sulle quali, peraltro, lo stesso Emmet non era, solitamente, avaro di dettagli.
Bella si stiracchiò guardandosi intorno. Le avevano portato via il suo Edward e ancora nessuno si vedeva all'orizzonte. Alice non compariva già da un’ora. Strano non transitare dall’ingresso per una sempre in moto come lei.
Rosalie continuava il resoconto delle sue peripezie Hawaiane, ma Bella ascoltava con un solo orecchio. Si chiedeva come potessero aver fatto tutte quelle cose alle Haway! Era scettica:
«Ma come avete fatto col sole? E poi con tutti quei turisti?»
«Ma allora non hai prestato attenzione! - Rosalie sventolò un paio di volte le lunghe ciglia -È questo il bello! L’Isola di Kauai è il posto più piovoso del mondo…»
Haway o Kauai… Bella aggrottò le sopracciglia ma tacque. Non era mai stata fortissima in geografia…
Rosalie continuava:
«Sai quell’isola a nord delle Hawai… All’interno, ci sono montagne vulcaniche piovosissime e lo sono in special mondo le foreste e le paludi di Alakai… Una foresta nebbiosa e caldissima…»
«Pensavo fossi in cerca di casinò, abiti da sera…»
«Oh ma certo cara… Questo di notte… E di giorno Kauai è ancora più eccitante. Pensa ci sono delle caverne lungo la Napali Cost. Nascondono laghetti di acqua oceanica e cascate di acqua dolce e termale… Così anche di giorno potevamo proteggerci nella foresta tropicale oppure nel buio delle grotte. Io ed Emmett facevamo bagni lunghi e voluttuosi nell’acqua salata, nell’acqua calda e dolce o nel vapore…» L’espressione estasiata di Rosalie non poteva dar luogo ad equivoci
«Insomma, vi siete rilassati in pieno confort» tagliò corto Bella.
«Ah ma avresti dovuto esserci…»
«Questo no» rise Bella.
«Non esser sciocca – si accigliò Rosalie – Le acque termali emettono nuvole di vapore e quando un raggio di sole entra nella grotta si formano enormi smaglianti arcobaleni sulla superficie dell’acqua blu dell’oceano nella grotta…»
Bella ascoltava rapita.
«Avresti dovuto vedere Emmet ed io, colpiti dal sole nell’oscurità. Scommetto che qualcosa dell’effetto luminoso si notava anche dall’esterno! Più di una volta abbiamo udito il rumore di una barca di turisti che si avvicinava. L’effetto rifrangente della nostra pelle: un’iridescenza moltiplicata… Giocavamo proprio in mezzo agli arcobaleni… Completamente nudi…»
La bocca di Bella si era aperta e non accennava a richiudersi…
«Rosalie che cosa hai fatto a mia moglie?» Chiese Edward avvicinatosi d’incanto. Sembrava assolutamente serio. Bella non si era minimamente accorta del suo arrivo e aveva gli occhi sbarrati.
Bella per un’istante era stata sopraffatta dall’imbarazzo ma un instante dopo, era stata catturata dall’immagine mentale di un Edward avvolto, nello splendore del corpo madreperlaceo, da una nuvola di vapore iridescente. Il pensiero ancora una volta era scivolato a due anni addietro. Alla radura in cui aveva visto per la prima volta, alla luce del sole, colui che aveva appreso essere un vampiro: il ragazzo che amava e il marito che ora adorava. Rifulgente come una gemma nel segreto edenico della Olympic Forest.
«Bella, - Edward la scosse delicatamente toccandole una spalla – Bella» ripetè.
Bella si voltò e gli sorrise come se lo vedesse per la prima volta dopo un lungo distacco.
«Che cosa pensavi così intensamente?» chiese Edvard il cui sorriso era smentito da uno sguardo sospettoso.
Bella gli passò un braccio attorno alle ginocchia e vi appoggiò il capo:
«Pensavo… Che Rosalie ed Emmett hanno fatto proprio un bel viaggio» terminò socchiudendo gli occhi maliziosamente…
«Non credo alle mie orecchie! La mia dolce Bella ha espresso un desiderio?» Edward la fissò con espressione sorpresa e felice. Bella era sempre stata in imbarazzo dinnanzi alle possibilità della famiglia Cullen, lussi e automobili sfarzose che Edward le aveva sempre offerto nell’unico spontaneo desiderio di condividere con lei il proprio stile di vita.
Bella tuttavia non si era abituata allo standard dei Cullen e, non di rado, Edward si era trovato ad insistere: “prendi questo”, “facciamo quello”… anche contro la volontà di Bella e nell’interesse di Renesmee; per non privare la figlia delle opportunità di cui avrebbe potuto beneficiare.
«Oh bene, ci siamo appena riuniti che si prospetta un’altra partenza - constatò Rosalie e sogghignò – Dev’essere capitato qualcosa di grave in nostra assenza: Edward interessato ad una vera vacanza al solo scopo di godersela… Niente questioni di vita o di morte? Cose mai viste Edward!»
Bella avvertì qualcosa nello stomaco, qualcosa pesante come un mattone. Se con l’idea di una vacanza aveva pensato di distrarre Edward dal folle proposito di andare a stuzzicare i Volturi, Rosalie aveva appena mandato a monte ogni sua speranza.
Edward era in piedi accanto a Bella tenendole una mano ancora appoggiata su una spalla e avvertì sotto le dita che si era irrigidita.
Bella alzò il capo verso di lui e intercettò occhi sottili come due lame e una bocca impercettibilmente tirata. Era uno sguardo che Bella non gli aveva visto che raramente e solo di recente. Era qualche tempo che Edward sembrava diverso, non solo angosciato e iperprotettivo come al solito ma a volte era sembrato studiarla guardandola in distanza… Bella non sapeva come interpretarlo. Dilatò gli occhi e smise di far finta di respirare.
Rosalie oscillò lo sguardo dal volto dell’una e dell’altro e poi gracidò:
«E ora che cosa ho detto di male?»
Edward ritirò la mano appoggiata sulla spalla di Bella e allungò un passo di lato per allontanarsi finendo invece per scontrarsi con Alice che era appena arrivata. Con la sua curiosa acconciatura di capelli sparati, il visetto di Alice era eccitato e chino sul grande involto di carta da pacco che teneva tra le braccia.
«Ecco qua, non muovetevi» e appoggiò il pacco sul tavolino di servizio davanti ai divani. Quando la carta si schiuse rivelando il contenuto, apparve qualcosa di molto simile ad un mucchio di verdura. Poi Alice si avvicinò e delicatamente sollevò una specie di collana vegetale.
«Ghirlande Hawaiane!» esclamò Bella gioiosamente. Era comunque un diversivo.
«…Queste le dovete indossare proprio tutti…» mormorò Alice sollevando in alto la ghirlanda…
«Noo» si ribellò Edward.
«Non discutere fratello… Sono ghirlande molto speciali e questa è quella di Rosalie…» decise Alice accennando a centrare la testa bionda della sorella con la ghirlanda che aveva in mano. Era una miscuglio di foglie verdi con qualche sprazzo di rosso acceso.
«Sei pazza, macchierò tutto il vestito… - ringhiò Rosalie parando innanzi le mani.- Ecco perché quell’asino di Emmet non aveva voluto rivelarmi nulla del pacco misterioso.» Sapeva benissimo che lei non sarebbe stata d’accordo…
«Non fare la stupida… ti piacerà…» Alice girò lo sguardo all’intorno.
Emmet era appena sopraggiunto insieme ad Esme e Carlile.
«Dov’è Nessie?» chiese prima di passare le altre ghirlande.
«“Renesmee”, prego!» ruggì Rosalie…
«Ha appena chiamato che si ferma a cenare con Jacob…» annunciò Bella.
Un sibilo annunciò che né Jasper né Rosalie erano molto d’accordo.
«Bene -disse Alice- osservate attentamente queste ghirlande.»
In realtà non c’era bisogno dell’esortazione. Gli occhi di tutti non riuscivano a staccarsi dalla ghirlanda che Alice teneva ben in vista. Sembrava che, in mezzo alle foglie, ci fossero appesi degli imbutini verde acido.
Alice invitò anche gli altri a scegliere la ghirlanda che preferivano, ma riservò per sè il compito di prenderle una a una dalla scatola e di mostrarle. Erano ghirlande verdi di foglie con appese in mezzo qualcosa a meta tra frutti e fiori, alcuni sembravano scarpette, altri cetrioli, altri ancora imbuti e i colori erano compresi nelle gradazioni del giallo e del rosa, comprendendovi il vinaccia e il porpora. Ve n’erano in tinta unita e screziati.
Bella si sentiva attratta e nello stesso momento intimorita: c’era qualcosa di seducente e insieme repellente in quegli strani vegetali.
Alice osservava la reazione di ognuno, con gli occhi brillanti di entusiasmo:
«Allora! Che ne dite?»
«Sono strane - mormorò Edward, indeciso- non vorrei che…»
«Tu stai zitto tu, sapientone… Non rovinarmi la sorpresa.»
Carlile rideva in disparte abbracciato ad Esme…
«Insomma mi pare di capire che la sorpresa sia solo per noi tre» brontolò Jasper all’indirizzo di Bella e di Rosalie…
Malgrado le ghirlande fossero state portate evidentemente da Emmet, Rosalie sembrava assolutamente all’oscuro di ciò di cui si trattava. Il nasino leggermente lentigginoso era arricciato mentre osservava più da vicino uno degli imbuti della ghirlanda che Alice le aveva appena messo attorno al collo. Ne stava annusando uno:
«L’odore non è sgradevole…» in quel mentre Rosalie vide una zanzara, un vero evento per un vampiro privo di qualsiasi attrattiva per un insetto ematofago. Rosalie aveva ancora lo sguardo ipnotizzato dall’audacia del piccolo insetto dal ventre gonfio e traslucido, pieno di sangue… …umano.
Rosalie era tanto stupita che Bella temette che la zanzara si precipitasse tra le fauci spalancate di sua cognata. Invece l’insetto ripiegò verso uno dei fiori della ghirlanda di Rosalie e… scivolò all’interno.
«Presto, prendila» rise Alice.
«Che cosa?» chiese Rosalie schifata.
Alice non perse tempo a spiegare e, con pollice e indice, estrasse dall’imbuto l’insetto che si divincolava. Se lo mise in bocca, succhiò e ripose nel posacenere un guscio vuoto come quello di un minuscolo gamberetto grigio.
«Sangue! -esclamò trionfante- Sangue umano!»
«Davvero?» mormorò Jasper con lo sguardo affascinato.
Dopo un istante di stupore silenzioso, ci fu uno scoppio di risate…
Alice roteò gli occhi imbarazzata:
«Almeno questa sera a tavola potremo sbocconcellare qualche cosa anche noi» protestò.
«Hai ragione Alice -disse Edward ridendo e battendole una pacca su una spalla. Poi vedendola ancora confusa le schioccò un bacio sulla guancia- Idea geniale…»
«Sono piante carnivore… -spiegò Alice- Nephentes… Sono originarie del Borneo in Asia…»
«Io pensavo che fossero andati alle Hawai» bisbigliò Bella.
«Oh sì le ho prese a Kauai» confermò Emmet con un sorriso soddisfatto.
«Queste sono di vivaio. –spiegò Alice- Ho chiesto a Emmet di andare ad acquistarle questa mattina.»
«Ma come fanno ad essere ancora vive?» chiese Bella, mentre gli altri si erano avvicinati alle ghirlande e avevano cominciato a contendersele.
«Guarda ogni ghirlanda è agganciata a una capsula nutriente -E Alice mostrò a Bella un ovetto traslucido che chiudeva ogni ghirlanda come il fermaglio di una collana. - Fermi tutti – aggiunse improvvisamente- quella di Bella la scelgo io -ed estrasse dall’involto una ghiralanda con fiori a scarpetta color bordeaux.- Sta bene col blu non trovi?»
Carlile si sottomise di buon grado ad indossare una teoria di imbuti gialli dal lungo peduncolo:
«Non sei stata la prima ad avere l’idea. -sogghignò sbirciando verso Alice- Le scoprirono nell’ottocento i nostri avi… sorrise… In Europa si era diffusa la voce che nel Borneo c’erano tribù cannibali di tagliatori di teste. Fu …una grande festa - aggiunse in imbarazzo,- vampiri di mezza Europa si misero in viaggio verso il Kalimantan, nel Borneo, dove rischiarono di decimare la popolazione indisturbati… Bastava far trovare in giro qualche testa esangue infilata in un palo e il gioco era fatto, la colpa veniva data ai costumi primitivi degli indigeni… La stessa cosa che avevamo fatto con gli Indios, di Cortez e Pizarro… Altro che raffreddore killer… Poi le prime missioni gesuitiche chiarirono che i borneesi riservavano questa sorte solo ai nemici e in occasioni rituali e… non fu più possibile spadroneggiare. I vampiri tornarono in massa in Europa e qualcuno portava con sé queste bellissime piante con l’idea di farne degli acchiappa-spuntini… Ma poche sopravvissero ai primi freddi… Le tecniche di coltura non erano certo avanzate come oggi…» spiegò a Rosalie che lo ascoltava interessata.
«Allora non c’è rischio?» chiese Rosalie esitante. I suoi occhi continuavano a viaggiare dalla ghirlanda al guscio vuoto di zanzara. Alla fine lo sguardo cambiò obbiettivo e cominciò a vagare in cerca di altre zanzare. Da che parte pendesse la sua bilancia fu chiaro: tra il ribrezzo per la pianta esotica e la possibilità di assaggiare una goccia di sangue umano, Rosalie aveva optato per seconda.
«Un momento! - chiese Edward improvvisamente serio- Se quella zanzara era piena di sangue umano… Deve esserci qualcuno in circolazione, non lontano da qui.»

Alla deduzione di Edward, tutti smisero di parlare e si guardarono con aria interrogativa. Se c’era una zanzara satura di sangue umano era evidente che qualcuno di umano doveva trovarsi lì intorno.
«Sì, -annuì Emmett, annusando l’aria- c’è un forte odore di umani. -Aveva rotto il silenzio per primo e spiegò- non ci faccio più tanto caso. Non so perché»
«Perché pensiamo automaticamente a Bella! Ecco perché -sibilò Rosalie- e poi con tutti quei cani rognosi che ci girano intorno… Chi ci fa più caso?» aggiunse alludendo evidentemente a Jacob e alla sua banda di uomini lupo che ronzavano sempre intorno a Nessie.
Alice la lasciò finire poi alzò uno sguardo malizioso:
«Si è installato un campeggio di scout non lontano da qui. È per questo che stamattina mi è venuta l’idea della piante carnivore» concluse con espressione colpevole smentita da un sogghigno.
«Oh! Bene… -si rilassò Carlile- Allora spostiamoci al tavolo» disse invitano con un gesto gli altri a seguirlo.
Ognuno prese il proprio posto attorno al grande ovale delle riunioni di famiglia. Bella non sapeva dove sedersi. Era la prima volta che partecipava a un “summit” in veste di ottavo vampiro di famiglia. E istintivamente si mise al fianco di Edward.
Edward si sistemò dal lato di Rosalie ed Emmet. Ma Bella non vi fece caso. Nelle altre discussioni cui era stata presente, Edward era sempre al fianco di Alice ed era con quest’ultima che faceva squadra nelle discussioni. Quando Bella si accorse della novità fu troppo tardi. Tutti avevano preso posto, ognuno con indosso la propria ghirlanda di piante carnivore e sopra il tavolo cominciò a formarsi un nugolo di zanzare.
Appena Carlile pronunciò la parola “vittoria”, Bella fece mente locale sul fatto che si sarebbe parlato di Volturi e comprese di essersi seduta dalla parte sbagliata.
«Non male vero?» Emmet aveva appena risucchiato una zanzara bella grassa e Jasper stava leccandosi le labbra con aria deliziata.
«Un po’ di attenzione! -chiese Esme bonariamente- Abbiamo diversi argomenti da discutere ragazzi.»
«Ma non era una festa?» sbuffò Rosalie.
Alice le rivolse un’occhiataccia.
«Innanzitutto vorrei dire che celebrare la vittoria non basta. Dobbiamo chiederci se la questione è chiusa. E su questo punto, spero che Alice posa dirci se pensa che i Volturi torneranno all’attacco.»
«Devono essersi schermati. Faccio molta fatica a “vedere” Aro e anche gli altri. Dopo lo scudo mentale di Bella debbono aver escogitato qualche contromossa.»
«Questa non è una buona notizia» osservò Edward.
«Dobbiamo sapere che cosa hanno in mente» ruggì Rosalie.
«Ho un’idea che potrebbe tornare utile... a questo proposito» annunciò Edward deciso.
A Bella si fermò il cuore che non aveva. Edward non aveva perso tempo. Eppure sapeva che lei non era d’accordo. Che cosa sarebbe accaduto ora? Avrebbe trascinato tutti in quella sua follia? Bella contrasse la mascella e serrò i pugni. Edward sarebbe dovuto passare sul suo cadavere.
Bella era così concentrata sulla scelta degli argomenti da contrapporre a quelli del marito che fu l’ultima a scattare quando tutti balzarono in piedi per un rumore proveniente dalle finestre: prima un tintinnio furioso, poi un infrangersi di vetri rotti.
In un movimento impercepibile ad occhio umano gli otto vampiri furono subito sul posto, rannicchiati e in posizione d’attacco, pronti a saltare alla gola dell’intruso.
Una montagna d’uomo era chino nello specchio della finestra. Stava cercando di raccogliere qualcosa.
Emmett, Jasper ed Edward gli furono addosso. Un ringhio furioso fece tremare i vetri e quando l’energumeno fece volare Jasper dall’altro lato della stanza, fu possibile vedere il suo volto…
«Jacob!» ansimò Bella trattenuta da Esme e Carlile per impedire che facesse troppo danno. La furia di un neonato sarebbe stata devastante per le supellettili di casa Cullen.
Soffiando e ruggendo Edward e Emmet smisero di combattere e immobilizzarono Jacob che si divincolava in preda al tremore della traformazione in lupo.
Alice scosse la testa:
«Dovevo capirlo che era un uomo-lupo dal momento che non l’avevo “visto” arrivare.»
Bella si avvicinò:
«Ce la faccio a controllarmi non preoccupatevi» disse a Carlile e si rivolse al giovane quileute.
La voce, che avrebbe dovuto essere dolce, uscì come una spece di boato:
«Perché entri di soppiatto e dov’è Renesmee?»
«Sono qui mamma, non preoccuparti!» la voce argentina di Nessie penetrò dall’esterno.
Ancora restio a mollare la presa su Jacob, Edward gettò uno sguardo all’area sottostante. Una splendida ragazzina dall’età apparente di sedici anni rivolgeva al padre gli occhi verdissimi. Aveva l’aria più innocente del mondo. Di fianco a lei, solo un instante dopo, Edward vide due umani… Alla lampade notturne del giardino sembravano Charly e Renè. Ma Edward non potè esserne certo. Era ancora confuso e arrabbiato con se stesso: era stato talmente concentrato sulle cose da dire per convincere gli altri a tornare dai Volturi che la sua mente aveva cancellato ogni pensiero che non provenisse dalla sua famiglia.
«Va tutto bene Nessie?»
«Si papà, volevo farvi una sorpresa.»
«Te l’avevo detto che non mi sembrava una buona idea» la voce di Jacob era dolce e affettuosa nel gridare verso Renesmee e la sua trasformazione si era interrotta.
«Volete spiegare anche a me?» chiese Bella impaziente.
«Arriviamo un’attimo.»
«Come, “arriviamo”?» chiese Bella.
«È con tua madre e tuo padre» rispose Edward lentamente.
Gli otto vampiri si guardarono in faccia, allibiti, e l’uomo lupo in mezzo a loro si preparò al peggio.
«Ecco a chi apparteneva il sangue umano di quelle zanzare» osservò Rosalie laconica.
Intanto Carlile andò alla porta per fare gli onori di casa.
«Come “i miei”?» chiese Bella con la faccia ancora più pallida del normale…
Edward fece a malapena in tempo ad annuire che Charlie Swan e la sua ex moglie Renè erano già dentro il soggiorno.
Renè gettò le braccia al collo della figlia:
«Oh Bella, tesoro. Ma perché non ti se più fatta sentire! Ero in pensiero da morire…»
«Sì, mamma –si intromise Renesmee- ero andata a trovare il nonno a casa, poi è arrivata la nonna che non avevo mai visto. Lei non voleva credere che fossi tua figlia e insomma non crede a niente mamma e voleva vederti e io sapevo che…»
«Prima o poi bisognerà affrontare la questione della “maturità” di Renesmee» osservò Jasper che si era ritirato in un angolo della stanza. Era sempre a disagio in presenza di umani.
Gli otto vampiri erano otto statue di ghiaccio.
Renè riprese concitata:
«Charlie me l’ha detto che ci sono tante cose soprannaturali e che dovevo fidarmi e non indagare… Ma Bella io sono tua madre! …Nessie mi ha raccontato ma io non volevo crederci e anche quel suo Jacob non l’ha smentita…»
Jacob aveva riconquistato libertà di movimento e torreggiava guardando avvilito Nessie di sottecchi.
«Bella… Ma questa ragazza è davvero tua figlia?» chiese Renè con voce angosciata…
Alle domande di Renè seguì un silenzio assordante ma nelle menti soprannaturali presenti nella stanza rimbombava una parola sola: “esposizione”.
«Ve l’avevo detto io… -sibilò Rosalie raggiungendo Jasper nell’angolo buio- Adesso lo dirà al marito, e così via in una catena senza fine… »
Nessie si era accostata a René e le aveva messo un braccio intorno alle spalle in atteggiamento protettivo:
«Mamma! Ma non rispondi alla nonna?»
Carlile ed Esme si affiancarono a Bella e la signora Cullen diede l’impressione di respirare profondamente prima di rivolgesi gentilmente a Charlie e a René.
«Che cosa possiamo offrirvi per cena?»
«Oh, grazie! Quello che c’è va benissimo» cinguettò Renè.
«Davvero?» chiese Emmet acchiappando una zanzara e ficcandosela in bocca.
Renè dilatò gli occhi con espressione inorridita e cercò soccorso nella figlia.
Bella aveva il viso più preoccupato che Renee le avesse mai visto e non solo:
«Bella, tesoro, ma le tue iridi sono rosse!»
Bella si diede una manata alla fronte. Nella confusione le lenti a contatto per mascherare il colore scarlatto degli occhi le erano passate di mente:
«Non ci ho proprio pensato» mormorò.
«Ma io, sì. -disse Edward dolcemente, cingendola alla vita. E tuffandosi nei capelli profumati della moglie, bisbigliò- Ma sarebbe stato inutile. Abbiamo tutti gli occhi rossi questa sera.»
Bella fissò gli occhi solitamente dorati del marito e vi vide un riflesso color sangue:
«Le zanzare!» esclamò mentre un brivido le scuoteva la schiena…

Di lì a un paio d’ore, Renee sgranò gli occhi incredula:
«Ma ma – balbettò- intendete dire che siamo noi il vostro pasto?» E per la ennesima volta quella sera, Renee scivolò esanime di lato sul divano capitonnè di Casa Cullen. Si può dire che non avesse fatto altro. A nulla erano serviti i numerosi “cordiali” che le erano stati somministrati. Il bicchierino sul tavolo di servizio era vuoto con accanto la bottiglia di cognac.
Mano a mano che la storia dettagliata dei Cullen procedeva Renee e Charlie accusavano il colpo: tutto sui vampiri, tutto sul temerario amore di Bella per Edward, tutto sulla nascita drammatica di Renesmee, tutto sulla strana natura della ragazza e tutto sulla realtà di Bella, sul fatto che fosse, ora come ora, una “non viva” e che il suo destino naturale sarebbe stato quello di cenare con il sangue dei genitori…
Al che, Rosalie non si era tirata in dietro e aveva commentato che l’idea non era da scartare, se si voleva impedire che i Volturi venissero a dar loro nuovamente la caccia per aver “esposto” agli umani la realtà dei vampiri.
Ad ogni tappa ulteriore con cui Renee si addentrava nella complicata e inimmaginabile realtà che le veniva raccontata, la situazione che le veniva presentata si faceva sempre più cruenta e inaccettabile. E lei, regolarmente, sveniva.
Charlie dal canto suo, avrebbe fatto volentieri a meno di sapere tutto quanto. Avrebbe rinunciato a scendere nei dettagli. La collaudata indole di poliziotto lo proteggeva istintivamente dalle verità troppo scomode verso le quali avrebbe dovuto ma non avrebbe potuto prendere provvedimenti. Era lì ora: inebetito, senza più reagire, neppure dinanzi allo spettacolo della moglie priva di sensi al suo fianco.
Charlie teneva le mani incrociate tra le ginocchia e lo sguardo fisso davanti a sé. Che cosa avrebbe dovuto fare della propria stessa figlia e di tutti loro? Il territorio di Forks era popolato di mostri sanguinari e lui doveva continuare a guidare la polizia locale facendo finta di nulla? Doveva perdonare quella gente per aver trasformato Bella in uno zombie? Avrebbe permesso che facessero la stessa cosa anche ad altre persone? Che cosa avrebbe fatto con Bella che era ora una di loro…
Fu allora che nella mente di Charlie si fece largo un pensiero: non era colpa loro. E d’improvviso gli esseri formidabili che gli stavano di fronte gli apparvero in tutta la loro natura di vittime. Vittime condannate a un’esistenza nomade, nascosta, senza morte ma senza vita, senza la possibilità di generare figli a parte il caso straordinario di Bella ed Edward. Esseri al confine tra l’uomo, la bestia, esseri di mezzo. Demoni… ma senza colpa di esserlo.
Solo allora Charlie prese coscienza di ciò che Carlile aveva cercato di spiegargli per tutta la sera: “questi” vampiri non toccavano gli esseri umani, questi vampiri erano affidabili tanto che gli antichi abitanti della zona conoscevano la loro esistenza e ne tolleravano la presenza, a controllare questi vampiri c’erano gli uomini lupo.
Queste tre informazioni gli si impressero chiare nella mente; col che, Charlie decise che avrebbe vissuto il resto della propria vita come se quella sera non ci fosse mai stata.
Detto questo non potè impedirsi di trasalire quando Bella si strinse amorevolmente a Renèè per avvicinarle alle labbra l’ennesimo bicchierino di cognac. L’idea che un mostro invincibile e assetato i sangue umano si avvicinasse all’ex moglie lo fece comunque tremare. Non poté impedirselo neppure se quel mostro era Bella. La sua Bella.
Che cosa le avevano fatto? Strappata alla vita che non aveva neppure vent’anni trasmomtat in un essere alieno… con le membra di acciaio e gli occhi color rubino. Gliel’avevano tolta per sempre e l’avevano consegnata alle tenebre… Serrò i pugni. Esseri schifosi, rifiuti del cielo e della terra; non potevano vivere nella loro miseria senza tirarci dentro anche Bella!
E lo sguardo offuscato di Charlie incontrò quello di Edward.
Occhi gialli, occhi grandi, occhi lucidi come se potessero piangere… Occhi intensi incorniciati da sopracciglia inclinate come virgole attorno a parole di comprensione, vicinanza e affetto.
Edward non le disse quelle parole. Ma il furore nel cuore di Charlie si rintanò come una biscia sotto la pietra e divenne pietra essa stessa come già era accaduto nella sua vita per tante vicende dolorose che si era reso conto di dover accettare.
Charlie rinserrò tutto nel proprio cuore e decise che non si poteva pretendere che un poliziotto dirimessee questioni soprannaturali. Afferrò il cappello e si avviò mestamente verso l’uscita. Con sé trascinava Renee che protestava, ancora stordita.
Renee non voleva andarsene, voleva che Bella venisse via con lei. E per la verità anche i Cullen avrebbero preferito che l’ex moglie di Charlie rimanesse.
Esme si era offerta di ospitarla in una delle stanze degli ospiti.
Charlie tuttavia era stato risoluto: era bene che ciascuno ritornasse al proprio mondo. Lui e Renee non appartenevano a quella enclave di spiriti rinserrata nella foresta. Loro erano del mondo di fuori, fatto di caffeterie, di strade e mutui da pagare.
I genitori di Bella di diressero con mestizia alla macchina di Charlie, accompagnati da Edward. Camminavano un po’ a zig zag, ondeggiando, ed Edward dietro, li seguiva ad un metro di distanza, a testa bassa.
Edward si accertò che Charlie accendesse i fanali e allacciasse la cintura. Quindi rimase in piedi ad osservarli allontanarsi nell’oscurità.
«Che cosa facciamo?» stava dicendo Jasper quando Edward rientrò.
All’interno di casa Cullen, con l’uscita degli ex coniugi Swan, sembrava tornata la vita. Rosalie, Alice, Jasper ed Emmet si erano improvvisamente riscossi dal torpore immobile con cui avevano assistito allo sgretolamento di ogni loro copertura a Forks.
«Non li possiamo lasciare in circolazione, liberi di raccontare tutto a chicchessia» abbaiò Emmet.
Edward si sedette e si prese la testa tra le mani. Quella discussione era molto simile a quella già fatta ai tempi di Bella. Quando Edward intervenuto a salvarla dall’impatto con il furgone di Tyler aveva, in pratica, mostrato alla ragazza la sua natura di essere soprannaturale. Allora, passo, passo, Edward aveva indotto i famigliari a fidarsi di Bella. Bella sarebbe riuscita, ora, a fare lo stesso per i propri genitori?
Le conseguenze ultime causate dall’ingresso in famiglia di un'umana era lì a scoraggiare ogni speranza.
I Cullen si erano fidati di Bella e Bella si era comportata correttamente ma, dopotutto, questo non aveva impedito che, ora, il capo della polizia di Forks sapesse tutto ciò che c’era da sapere sui vampiri in genere e sui Cullen in particolare. E poi qui, si trattava non solo di convincere i Cullen a fidarsi degli Swan, ma di convincere gli Swann a fidarsi dei Cullen.
Bella accarezzò timidamente la testa di Edward. Conosceva Charlie e lo sguardo rassegnato che gli aveva colto la rassicurava: Charlie non avrebbe fatto nulla di male contro i Cullen. La faccenda era troppo complicata per un poliziotto abituato a semplificare. Ciò che la preoccupava era piuttosto Renee. Renee era sempre stata fuori controllo ed era assolutamente incapace di convivere con una verità sconcertante come quella, senza sentire l’urgenza di condividerla con il primo che incontrava.
«Renee è il problema» bisbigliò Bella con un filo di voce. Non aveva assolutamente idea di come avrebbero potuto uscire da quella situazione.
«Di eliminarli non se ne parla e a trasformarli si creerebbe il medesimo problema con il marito di Renee e con i suoi parenti… Conclusione: non possiamo fare assolutamente nulla» terminò Edward con voce tagliente. Malgrado le idee violente che in quel momento passavano per la mente di Rosalie, Emmet e Jasper, Edward non avrebbe permesso che un capello fosse torto ai genitori di Bella. Non poteva certo permettere che Bella dovesse subire anche una tragedia come la morte dei genitori e per mano del proprio marito e dei suoi famigliari. Come se non bastasse tutto il male che lui le aveva già fatto!
«Siamo nelle mani di Charlie. -osservò Rosalie meditabonda, studiando Edward di sottecchi- In effetti qualsiasi cosa dica una come Renee, nessuno si disturberà a far nulla di più che darle una pacca su una spalla. A quel punto, lei chiederà a Charlie di confermare. Ma se Charlie ha deciso come sembra di non voler rogne, tacerà.» Le parole di Rosalie si chiusero in un’eco di silenzio.
Nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe immaginato che lei potesse avere una reazione tanto riflessiva. Neppure Edward, che pur aveva udito in anticipo i pensieri di Rosalie, si riebbe immediatamente dallo stupore.
Dopo qualche istante, Edward si abbandonò sullo schienale del divano. La situazione era incresciosa ma la reazione di Rosalie gli consentiva di prendere tempo. O no? Edward spiò di sottecchi la sorella. Stava rilassandosi in un angolo fingendo di fumare una sigaretta: ancora lo sforzo di sembrare umana.
Edward avrebbe dovuto tenere sotto controllo ogni pensiero di Rosalie d’ora in poi, se voleva essere sicuro che non macchinasse sortite. Lo sguardo andò istintivamente ad Alice e vide che tutti fissavano la esile figuretta bruna.
Alice era seduta al grande tavolo con la testa tra le mani e con lo sguardo perso in un punto lontano.
Nella stanza regnava un silenzio carico di attesa.
Ma i pensieri di Alice vagavano vuoti in cerca di una visione che per il momento non arrivò.
Edward tornò a sintonizzarsi su Rosalie. Tutto quello scimmiottare gli umani… Dopotutto lui aveva una carta per distogliere la sorella da qualsiasi cattivo pensiero. Le avrebbe dato qualche cosa su cui concentrare le proprie energie.
«Ragazzi su, riprendiamo la nostra riunione -mormorò Carlile- Alice, vedi qualcosa? –e, al diniego della figlia, osservò- Mi sembra che a questo punto la riunione sia più che mai necessaria.»
Bella, Edward, Jasper, Emmet e Rosalie si unirono ad Esme, Carlile ed Alice che erano già seduti. Ma Bella rimase in piedi, in un angolo. Si sentiva indolenzita come se l'avesero picchiata. L’irruzione dei genitori era gravida di conseguenze.
Bella si sentiva in colpa pur sapendo che non era colpa sua. La responsabilità era di Renesmee e della sua scriteriata irruenza ma di chi era il dovere di controllarla se non suo, ancora più che di Edward? Avere una ragazza di sedici anni apparenti e di pochi mesi di esperienza effettiva, malgrado la straordinaria maturità di Renesmèè era indiscutibilmente un rischio e una responsabilità. Difficile da sostenere come compito.
Renesmee era di fatto incontrollabile lo dimostrava anche la scenata con cui se ne era andata poco prima. Quando all’ennesimo svenimento di Renee aveva sentito su di sé lo sguardo pieno di rimprovero dei genitori e di tutti i Cullen, era scappata sbattendo la porta inseguita da Jacob.
«Siediti Bella» la esortò Carlile con un sorriso gentile e Bella si sentì invadere di lacrime che non avrebbe potuto versare. L’atmosfera era tesa al punto da potersi tagliare con un coltello. In quella situazione era probabile che tutti biasimassero Edward per la sua scelta di aver introdotto un’umana nella loro vita.
Tutti loro erano stati umani ma tutti, appena trasformati, si erano macchiati di orrendi fatti di sangue che li avevano spinti ad allontanarsi dalle proprie famiglie. Per lei era stato diverso. E lo era stato per la premura amorevole dei Cullen. Ora tutti questi esseri gentili pagavano per la propria generosità. Tutti compreso Edward.
Bella avvertì sulle spalle e sulla schiena un peso insopportabile: era il sospetto che Edward potesse esserle accomunato nel disprezzo che avrebbe dovuto essere indirizzato a lei sola; era la paura che lui, in conseguenza, potesse rimpiangere il fatto di averla amata; era la sensazione che lui si vergognasse di lei e di quei suoceri troppo umani.
Dove avrebbe trovato ora, Bella, il coraggio di opporsi ad Edward, di contrastarlo e aggredirlo dandogli del visionario quando lui avrebbe esposto, perchè certamente lo avrebbe fatto la sua assurda idea di tornare dai Volturi?
Non avrebbe potuto. E Bella scivolò silenziosamente sulla sedia accanto a quella di Edward.

2.1




Passò la sera. La notte era diventata cupa come può esserlo una notte di temporale. Lampi squarciavano il cielo, filtravano tra le chiome degli abeti e attraverso la cupola di vetro, gettavano bagliori intermittenti sulla scalinata di Casa Cullen e sui volti cerei delle otto persone sedute attorno ad un tavolo ovale lungo almeno tre metri. La luce di due apliques era fioca e lasciava le sale in penombra tra una saetta e l’altra. Edward aveva parlato.
Il volto di Carlile sembrava scheletrico tra le mani giunte al viso che stiravano i lineamenti verso il basso. Che cosa avrebbero fatto a questo punto? Carlile senza muovere le pupille aveva in mente il quadro esatto della scena che stavano vivendo.
Esme con la testa incassata tra le spalle aspettava che arrivasse il peggio.
Jasper teneva lo sguardo duro, e indecrittabile, fisso davanti a sé.
Emmet corrucciato, studiava Rosalie di sottecchi. Avrebbe fatto ciò che lei gli avrebbe chiesto.
Rosalie socchiuse le palpebre con aria assorta.
Alice con la testa tra le mani stava cercando la visione che non arrivava.
Edward studiava le proprie mani come se non le avesse mai viste.
Bella, aveva le spalle cadenti e la fronte corrugata da una profonda V proprio sopra il naso. Fissava un punto di lato, con aria assente. “Di eliminare i genitori di Bella non se ne parla” aveva detto Edward poche ore prima, parlando come se lei non ci fosse della eliminazione di Charlie e Renee. “Da scartare” certo, ma Bella era trasalita e poi Rosalie: “una come Renee, anche se parla, tutt’al più le danno una pacca su una spalla”. Povera mamma. Una povera cretina insomma. Sì magari un po’ cretina lo era. Ma era… Renee.
Dov’erano le lacrime che Bella avrebbe voluto per poter piangere? Che cosa c’entrava lei in quel mondo di esseri perfetti e invulnerabili, lei, con dei genitori e una figlia tanto pasticcioni, lei, che sapeva ripagare solo con problemi la gentile accoglienza dei Cullen e l’amore di Edward? Fu così che le parole di Edward le arrivarono in ritardo.
Edward aveva rotto il silenzio. E aveva ripreso il resoconto da dove l’aveva terminato:
«Sì, io credo che sia per questo che hanno potuto sopravvivere indisturbati tanto a lungo. Pensate! Una cittadina grande la metà di Forks. Tutta raccolta entro le medesime mura da secoli… Un pugno di case. Come è possibile che le autorità e i cittadini non sappiano niente dei Volturi? E se lo sanno le autorità locali, come è possibile che sia una verità sconosciuta a più alti livelli?»
«Che cosa intendi per “alti livelli”» sollecitò la voce grave di Carlile.
«I servizi segreti locali e la CIA… Pensate davvero che con il monitoraggio della guerra fredda, prima, e del terrorismo, adesso, sia possibile che un dettaglio come una banda organizzata di mangiatori di uomini in piena Europa possa passare inosservata?»
«Non se la cosa dura da secoli! Effettivamente…» sibilò Rosalie.
Edward continuò:
«E perché permettono loro non solo di sopravvivere ma di restare dove hanno sempre vissuto?»
«Beh, potrebbe essere una specie di patto come quello tra noi e i Quileute» supplicò Esme in un soffio.
«Io non lo credo. -disse Edward, con voce risoluta- A Volterra, i Volturi non hanno a che fare con un gruppo etnico isolato legato ad un complesso di credenze ancestrali…»
«Beh, come altro definiresti la curia vaticana? Volterra non è poi così lontana da Roma…» abbaio Jasper.
«Di più! -gli occhi di Edward scintillarono,- Volterra si è a lungo ribellata al predominio del vescovo. Era l’anno 1000 e i volturi c’erano già.»
«Che cosa vorresti dire?» indagò Carlile.
«Dico che Volterra è da sempre legata alla parte più aperta e sperimentatrice della cultura europea, l’età dei comuni, il rinascimento dei Medici a Firenze…»
«Beh i Medici ne sapevano di occultismo. Tutto quello che si conosce in Europa dell’Antica Scienza lo si deve a loro. È su loro incarico che Marsilio Ficino ha tradotto Ermete Trismegisto…» ammise Carlile.
«Ok, ma a me non pare possibile che oggi i Volturi possano fare piazza pulita di orde di turisti, in modo del tutto indisturbato in virtù di un patto stabilito seicento anni fa con Marsilio Ficino… -Edward aveva parlato a raffica.- Se la realtà europea di oggi vi sembra questa…»
«Sì anche a me, non sembra possibile. -osservò Rosalie- Continua…»
Jasper sbuffò
Ma Edward riprese con uguale veemenza:
«Io credo che nella realtà di oggi, se non hai in mano qualche cosa di molto concreto, di materiale, e consumisticamente appetibile, non hai voce in capitolo e non puoi contrattare un bel niente…» cocluse Edward con voce profonda nascondendo gli occhi sotto l’ombra del ciuffo ribelle.
Bella lo osservò… Quelle cose, a lei, non le aveva mai spiegate così in dettaglio… Ma forse lei non gliene aveva mai dato il tempo. Lo aveva sempre stoppato subito, ogni volta che Edward intavolava il discorso…
«E tu pensi che questo “qualche cosa” sia…» lo sfidò Emmet con tono ironico.
«Sì credo che sia il potere sulla vita. Ma ci pensate? -continuò Edward senza dare tempo ad altri di interromperlo- Se i Volturi conoscessero il segreto per ritrasformare un vampiro in essere umano, avrebbero in mano il potere dell’immortalità.»
«Trasformare un vampiro in essere umano?» Rosalie guardò Edward come se lo vedesse per la prima volta. Ma che cosa stava dicendo, a forza di arrovellarsi su questioni intuli, Edward si era davvero bevuto il cervello!
Edward si guardò intorno.
Carlile aveva abbassato lo sguardo, Esme lo fissava preoccupata, Alice aveva lo sguardo terrorizzato, Jasper sembrava sotto gli effetti di una botta in testa e così pure Emmet. Bella si stava masticando le labbra ed evitava il suo sguardo.
«Carlile» bisbigliò Edward.
Carlile sollevò il viso e trasse quello che in tempi ormai troppo lontani sarebbe stato un sospiro:
«Sì ragazzi, è questo ciò che Edward ci chiede di verificare perché… Potrebbe spiegare il motivo per cui i Volturi sembrano tanto determinati a… distruggerci.»


2.2






Il viso di Edward era straordinariamente bello: animato dalla passione, illuminato dalle luci fioche appese alla parete, illividito a tratti dai lampi che provenivano dalla foresta.
Rispondeva ad ogni obiezione. Incessantemente. Senza mai accusare un momento di stanchezza.
Lo faceva per lei: per Bella che lo fissava, senza sapere da quanto tempo, e che non si spiegava perché altre volte negli ultimi giorni, Edward le avesse indirizzato uno strano sguardo indagatore.
Ora tuttavia, Bella sentiva, nelle ossa, che quella passione era per lei, per restituirle la vita che Edward riteneva di averle sottratto.
Bella, d’un tratto, non udì più le proteste attorno al tavolo dei Cullen: gli insulti velati di Emmet e Jasper; non udì più le affermazioni rabbiose di Rosalie, l’unica che stava dalla parte di Edward, l’unica che condivideva la determinazione di Edward a scoprire se i Volturi custodissero il segreto della controtrasformazione da vampiro ad essere umano…
Ogni rumore, ogni gesto: tutto era sfumato; scivolato in un secondo piano appannato…
Bella allungò una mano leggera. Con le lunghe dita diafane, accarezzò il profilo del ragazzo che l’aveva resa felice.
Edward si girò come al rallentatore, in un tempo che le parve infinito: le labbra schiuse, gli occhi dilatati come quelli di un bambino e intorno, tutto il discutere si azzerò in brusio.
I volti diafani di sette vampiri fissarono Bella un po’ stupiti.
Edward, dal canto suo, rispose circondandole le spalle con un braccio e la attirò a sé imprimendole un bacio caldo sulle labbra.
La spina dorsale di Bella cedette come sotto un colpo ben assestato. Ma si trattava semplicemente di labbra morbide e piene che si schiudevano timidamente sulle sue. Una musica risalì dalla trachea di Bella fino a fischiarle nelle orecchie. Ma non c’erano violini: c’era l’umidità dolce della lingua di Edward trattenuta un poco sulla sua.
«Non mandarmi via, tienimi con te… -mormorò allora Bella quando si scostò. E chinò la testa- Anche se i miei genitori sono un disastro, anche se i sensi di colpa ti tormentano… Tienimi con te…»
Edward le abbracciò la testa e la tenne stretta al petto sotto il proprio mento. Lo sguardo di Edward era disperato e incurante delle espressioni interrogative che lo attorniavano, facce stupite.
Poi gli occhi di tutti, anche di chi in quell’istante magico non aveva parte se non come spettatore indiscreto, si abbassarono.
Qualche carezza fugace unì gli otto vampiri come in una catena spiritica. Una catena fatta dall’amore di Jasper per Alice, di Emmet per Rosalie, di Carlile per Esme e per tutti i suoi figli.
La catena d’amore che univa i Cullen fu allora percorsa da un brivido. E i visi si sollevarono.
Gli occhi brillarono di una nuova luce. Ognuno degli otto vampiri, fissava qualcosa di imprecisato e misterioso davanti a sé, con l’espressione di chi ha deciso di affrontare il proprio destino.
«Ok, tentiamo, ma se scopriremo mai la possibilità di fare il passo… Lo faremo tutti insieme. Pomettete» il ringhiò di Esme ruppe il silenzio. Le sue parole diedero voce al pensiero di tutti.
Edward strinse Bella un po’ più forte. Il muro dello scetticismo e del rifiuto si infine era sgretolato. I suoi fratelli, le sue sorelle, suo padre e sua madre e… Bella si erano arresi all’evidenza: con in gioco la possibilità di tornare alla vita, nulla poteva essere lasciato di intentato.
Edward si scostò da Bella di un battito d’ala e le accarezzò il viso. Sorrideva e gli occhi frugarono in quelli che erano stati un tempo color cioccolato:
«Pensavo che volessi restare vampiro per i poteri soprannaturali… Non poteva essere, lo so ma.. l’ho temuto. Sarebbe un gravissimo errore non comprendere il dono della vita.»
«E ora vuoi dirmi che cosa hai udito Edward nei pensieri di Aro? –chiese Bella con voce leggermente roca- Vuoi dirmelo ora?» Se Edward aveva veramente fugato i propri dubbi riguardo alle motivazioni per cui lei si era tanto opposta all’idea di cercare il segreto della controtrasformazione, questa era la volta che doveva dimostrarle di fidarsi.
Edward annuì:
«Quella volta sulla spianata quando eravamo a un passo dallo scontro fisico, con i Volturi e i loro alleati tutti schierati davanti a noi, ho percepito autentica paura in un pensiero di Aro.»
Intorno al tavolo si levò un brusio di stupore.
Quando si fece di nuovo silenzio, Edward continuò:
«Un pensiero sfuggente, interrotto… E ho colto lo sforzo con cui Aro cercava di trattenersi. –Edward fece una pausa- È stato un attimo. Ho sentito la sua mente che cercava di confortare sé stessa: “I Cullen non ne sono consapevoli. Questa è la nostra sola fortuna…”
«Noi?» esclamò Alice corrugando la fronte. L’aria preoccupata era quella di quando il dono le riservava visioni inquietanti del futuro.
«Che cosa può essere?» Domandò Rosalie scandagliando gli occhi di Emmet.
«Un’arma che non sappiamo di avere propose» Emmet
«Un potere… forse» convenne Jasper ed Esme azzardò:
«E se fosse un legame di parentela, qualcosa che ci da dei diritti che non conosciamo?»
Carlile annuì:
«Sì può essere una di queste cose. Certo è -disse con aria meditabonda- che deve trattarsi di qualche cosa di importante per spaventare Aro. E dobbiamo scoprire di che cosa si tratta per poterci difendere.»
Poi uno ad uno tutti sembrarono accorgersi che Edward non aveva avanzato nessuna ipotesi e che Bella taceva.
«Tu sai qualche cosa…» ipotizzò Alice socchiudendo gli occhi in direzione di Edward.
«No. Questo ho udito. Ma mi sono fatto una domanda e ho continuato a pormela tutti i giorni nelle quattro settimane trascorse da allora: “Di che cosa, noi non siamo consapevoli?” -mormorò Edward come parlando a se stesso mentre il silenzio congelava i pensieri e i gesti degli altri- Ci ho pensato di giorno e di notte… E ho concluso che deve essere qualche cosa che li minaccia direttamente… Che cosa può spaventare un vampiro immortale vecchio di più mille anni? Deve essere qualche cosa che minaccia l’impero che hanno costruito in tutto questo tempo. Non c’è altra risposta. E allora mi sono chiesto su che cosa è fondato il potere dei Volturi? Mi sono risposto che deve risiedere negli umani… Sono gli esseri umani, ignorandoli, che hanno consentito ai Volturi di stabilire ed estendere indisturbati la loro incontrastata signoria sugli altri vampiri, senza mai doversi allontanare dalla loro antica regione. Come è possibile tutto questo?» Edward fissò a turno ognuno dei vampiri seduti attorno al grande tavolo ovale di casa Cullen.
Gli fece eco un silenzio carico di attesa.
Edward riprese:
«Pensate a quante volte abbiamo dovuto trasferirci noi. Cambiando casa e città ritornandoci a turno quando crediamo che gli abitanti si siano ormai dimenticati? Noi che abbiamo un patto di non aggressione con gli antichi indigeni, noi che non facciamo sparire misteriosamente nel nulla gli esseri umani che passano di qui! Noi, solo per il fatto di non poter invecchiare, senza far null’altro di dannoso o curioso per gli altri cittadini, siamo costretti comunque a cambiare sede e identità di tanto in tanto.»
«È vero -convenne Esme- come fanno?» Chiese con voce flebile.
«I Volturi devono essere riusciti a mercanteggiare con gli umani, ecco la mia risposta –disse Edward- E gli umani che non cercano di ucciderci chiedono ai vampiri, da sempre, una cosa sola: l’immortalità. I Volturi devono aver ottenuto il silenzio connivente degli umani offrendo loro in cambio, l’immortalità. Ma una specie particolare di immortalità… Qualche cosa che non tutti i Vampiri possono donare. Altrimenti come si spiegherebbe il loro predominio?»
«E dunque?» chiese Emmet spazientito.
«Taci. Lascialo parlare» disse Rosalie afferrandogli una mano.
«La mia risposta alla domanda “di che cosa non siamo consapevoli che possa minacciare i Volturi” è la seguente: - disse Edward fermandosi per una pausa- noi abbiamo lo stesso potere dei Volturi di dare agli umani ciò che fino ad ora hanno ottenuto da Aro, Caio e Marco.»
Edward guardò negli occhi tutti membri della propria famiglia e infine si fermò negli occhi di Bella:
«La mia conclusione la conoscete: il potere della vita.»


2.3





Edward che parte, Edward che fa le valige. Edward che tutta Casa Cullen è in fermento Edward che è inarrestabile. La notte di Casa Cullen finì in un sospiro di Bella e l’alba sorprese tutti in un fermento indescrivibile. Rosalie che inseguiva Edward passo passo:
«Non puoi impedirmi di venire con te.»
«E invece sì.»
«Ma perché da solo con Carlile poi? - chiese Bella con la faccia smunta come quella di un vampiro angustiato - Esme ha detto che qualsiasi cosa dobbiamo affrontarla tutti insieme…»
«No… - sbuffò Edward - Te lo ripeto per la centesima volta… Esme ha detto che se mai si arrivasse al gran passo allora dovremo farlo tutti insieme…»
Rosalie poco ci mancò che desse uno spintone a Bella per mettersi in mezzo:
«Non puoi negare che io posso esservi utile.»
«Tu sei più utile qui nel caso che qualche cosa vada storto.»
«Appunto, -ruggì Jasper- non comprendo il senso di rimanere qua tutti a fare da bersaglio… mentre tu e Carlile andate a stuzzicare i Volturi.» Jasper camminava a grandi passi, era incontenibile. L’idea di essere ridotto all’inazione evidentemente non gli si confaceva… «Non ho proprio idea di come possiate infiltrarvi tra i Volturi senza farvi scoprire…»
Edward sbuffò:
«Meno gente sa e meglio è… Te l’ho gia detto…»
«Ma Edward -protestò Alice con gli occhi cerchiati dallo sforzo di avere una visione che non arrivava…- Non puoi pretendere di non dirci niente.» Alice si buttò sul letto coperto di indumenti che che Edward stava tentando di riporre nei bagagli ordinatamente.
«Ha ragione Edward» la voce pacata di Carlile si fece udire assieme al lieve cigolio della porta della camera di Edward. Il dottor Cullen mise dentro la testa con un sorriso:
«E già che ci sei sarà meglio che spieghi anche a me come intendi fare per introdurci nel Maschio di Volterra»
«Ah siete tutti qui» esclamò Emmet allegramente sopraggiungendo alle spalle di Carlile.
E quando anche Esme si materializzò con un asciugacapelli da viaggio, Edward si accasciò accucciandosi ai piedi del letto:
«Ho intenzione di mentire – disse con semplicità – ci presentiamo ai Volturi e diciamo che abbiamo rotto con il resto della famiglia .»
«Ah Ah -la risata di Rosalie esplose nella stanza come un tuono- E perché dovrebbero credervi?»
Edward rispose lentamente:
«Perché avremo gli occhi rossi come il sangue»
«E come intenderste farveli venire rossi? Viaggiate con le sacche dell’ospedale di Carlile o pensate di aggredire degli umani nei cessi dell’aeroporto?» chiese Emmet sghignazzando.
«Molto più semplice -sorrise Edward e sollevò la sua ghirlanda di Nephentes appoggiata sulla sedia accanto al letto – Non ci avete fatto caso? Abbiamo tutti gli occhi rossi questa sera.»


2.4.






Edward si fermò solamente quando ebbe terminato di preparare tutto.
«Adesso prenoto il volo» annunciò avvicinandosi al telefono.
«Ma Edward io non ho neppure cominciato a fare i bagagli.» rise Carlile.
«Dobbiamo discutere di tante cose ancora!» lo fulminò Bella con voce secca ed espressione bellicosa.
«Sì, non penserai che io abbia finito con te?» Rosalie gesticolò ad un centimetro dalla faccia di Edward.
Il ringhio soffocato del vampiro la fermò. I pensieri vorticosi che si affastellavano nelle menti della sua famiglia e di conseguenza nella sua, cominciavano ad affaticarlo…
Edward si lasciò cadere di peso sulla poltrona Berger che affiancata al chesterfield candido dava un tocco di caldo colore arancio al salotto di casa Cullen. L’alba annunciava una giornata radiosa, evento frequente dopo una notte di tempesta. Ma a Forks le notti di tempesta erano seguite da giorni piovosi e quell’aria limpida era una rarità.
«Intanto non possiamo certo partire ora…» sbuffò contemplando l’iridescenza della mano sotto l’effetto di un sottile raggio di sole penetrato tra gli alberi oltre la finestra fin nell’interno della sala.
L’atmosfera era quella di un caldo risveglio domenicale con profumo di biscotti. Peccato che la famiglia felice fosse costituita di vampiri più propensi a succhiarsi il pasticcere. Di felicità inoltre ce n’era poca. Era più un’eccitazione febbrile. L’idea che i Volturi potessero temere i Cullen, vegetariani e assai amichevoli, li lusingava. Anche se nessuno lo avrebbe ammesso.
Edward lo leggeva chiaramente nei pensieri di tutti e l’energia che si respirava ne era la conferma.
«A ben vedere c’è poco da stare allegri. – borbottò Alice – Il fatto che ci temano non è una buona notizia. Questo vuol dire che torneranno all’attacco ed è solo per questo che in fine mi hai convinto Edward sappilo.»
«C’è qualche cosa che non mi hai detto?» chiese Bella affondando lo sguardo negli occhi della sua migliore amica.
Alice scosse la testa di capelli scompigliati:
«No, c’è nebbia… Ho visto per qualche istante la fortezza e poi… -Alice fece una pausa con lo sguardo perso nel vuoto come sempre quando riceveva una visione. Bella lo aveva visto accadere tante volte ma ancora non era riuscita ad abituarcisi - qualcosa che non so come interpretare…» disse con espressione confusa lasciando in sospeso la frase.
Una selva di occhi corrucciati si appuntò sul viso di Alice.
Alice si guardò intorno a disagio:
«Non so, devo capire prima di esprimermi…»
«Non potresti darci un indizio…» pregò Emmet accarezzandole la schiena…
Alice chinò la testa per ritrarsi ed Edward la fissò con occhi fiammeggianti, come minacciando di incenerirla se avesse parlato.
La cosa non sfuggì a Bella che vagò con lo sguardo da uno all’altro. Che cosa le stavano nascondendo? E dopo un istante d’esitazione disse ciò che aveva per la testa già da qualche ora:
«…E se fosse una trappola?»
«Una trappola?» il singulto di Esme fu immediato.
«Sì, una trappola… Nel senso che Aro si sia fatto sfuggire quel pensiero appositamente…»
«Oh Bella! -protestò Edward- pensi che non me ne sarei accorto?»
«Non è che sottovaluti Aro?» il tremore nella voce di Bella tradiva il fatto che era consapevole di rischiare di provocare l’ira di Edward.
E infatti Edward si alzò di scatto dalla potrona con un ringhio sordo:
«Nessuno sottovaluta Aro… Ma, anche se per te è incomprensibile, ho un’esperienza secolare in fatto di emozioni, sentimenti e pensieri inconfessabili. Lo capisco quando un pensiero è spontaneo o quando è costruito…»
«Ok ci fidiamo -arrancò Jasper- ma la domanda di Bella non era peregrina» disse cercando di avvicinarsi a Edward e di calmare gli animi come era sua prerogativa.

2.5.





Sembrava un piccolo feto, il corpo di Bella raccolto nella poltrona. Cento erano gli anni di Edward! Impossibile da ricordare con quel viso e quel corpo da ragazzo. Si sarebbe mai abituata? Un nodo in gola le impedì di replicare. Ma nessuno sembrava accorgersene.
Lo scontro era in atto tra chi sosteneva la possibilità che il pensiero sfuggito ad Aro potesse essere una trappola, Jasper ed Esme, e chi invece era certo che se lo fosse stato, Edward lo avrebbe capito, Emmet e Rosalie.
In silenzio Carlile ed Alice non partecipavano alla discussione ed Edward di sottecchi osservava Bella seduta nella poltrona di fronte.
Occhi torvi e neri come l’ebano di cui Bella non resse lo sguardo. Il groppo in gola non si voleva sciogliere. Edward che non le diceva le cose, Edward che era tagliente, che la guardava in tralice… Edward che se ne voleva andare… Che cosa stava accadendo al suo uomo?
Il tormento la assalì di nuovo: Edward non l’amava più. Era per questo che cercava ogni strada per farla ritornare umana. La responsabilità di averla uccisa gravava forse come un macigno? Si sentiva costretto per via di questa responsabilità?
Un ringhio soffocato esalò incontrollato dalla gola di Bella e sibilò:
«Mi hai trasformata ma questo non ti costringe ad amarmi!»
Lo sguardo di Edward parve velarsi improvvisamente, poi:
«Stupidaggini! Faresti meglio a evitare» disse secco.
«Qui c’è qualcuno che ha bisogno di un vagone di Valium… Carlile vedi un po’ se puoi provvedere» la voce di Bella uscì dal sorriso leggero, vellutata come la pelle di un cobra.
Edward si scosse dal torpore e si rannicchiò nella poltrona come se si preparasse all’attacco. «Sei un vampiro, una come me. Non puoi aspettarti che io mi comporti con te come prima… -ruggì- devi abituarti ad accettarmi per quello che sono…».
Un istante di gelo brinò ogni movimento nella casa. Poi Edward distolse lo sguardo e si alzò. Flashò fino alla vetrata aperta e si lanciò.
Un punto iridescente e velocissimo indicava che Edward si allontanava nella foresta.
Neri così erano ora gli occhi dei Cullen e tutti rivolti verso la finestra da cui Edward era sparito.
«Che cosa dovrei sapere di Edward che non so?» Chiese la fredda voce di Bella.
Nessuno trovò le parole e tutti tacquero ammutoliti.
Il silenzio fu incrinato da Carlile. Una ruga profonda gli segnava la fronte.
«Non mi piace» mormorò a voce appena percettibile e Alice gli fece eco:
«Neanche a me.»
«Tu sai! – sbottò Carlile improvvisamente. La smorfia sul suo viso non lasciava adito a dubbi- Che cosa ha in mente di fare Edward? Alice!» La figlia gli doveva una risposta e chiara.
Un fremito elettrico serpeggiò tra i capelli scompigliati di Alice e le dita si contorsero nelle mani intrecciate.
«Ho promesso» disse con voce flebile…
«Alice!» Il rimbombo d’un tuono sarebbe stato più lieve del richiamo di Carlile.
Nerissimi, gli occhi di Alice si dilatarono imploranti.
«Ho insistito fino alla nausea… Per fargli cambiare idea… ma…» il viso di Alice si indurì improvvisamente. Le sopracciglia si raccolsero e le palpebre si socchiusero in espressione aggressiva. Con la velocità di un gatto girò il viso in direzione di Bella. «Sei tu non capisci? Non eri pronta. Piangi ogni notte. È come se ti assopissi ogni notte e singhiozzi Bella, tutte le notti. Da quando è nata Renesmee. Ti rendi conto che cosa significa per lui!».
Bella tacque senza capire: come si assopiva? Piangeva… Si toccò gli occhi: lei non poteva più piangere…
«Sì, sì senza lacrime, ma singhiozzi… Ti ho vista!»
«L’hai vista?» Ripetè Esme corrucciata.
«Edward mi ha chiamato una notte, non sapeva più che cosa fare. Era disperato.»
Bellà sentì il nodo serrarle la gola ancora più forte. Tutti guardavano lei, chi con sguardo duro chi con aria di rimprovero. Nessuno poteva permettersi di commiserarla per il dramma della trasformazione. Sarebbe stato come commiserare se stesso.
Bella scattò in piedi senza un parola. Si diresse alla stessa vetrata da cui Edward era sparito e saltò.
Gli abeti e i pecci le passarono accanto a velocità supersonica, a guidarla era una esile traccia di profumo. L’odore di Edward.

Nel vorticare spasmodico delle sensazioni di Bella e della foresta intorno a lei, Carlile intanto fece ciò che non avrebbe mai fatto. Aveva afferrato Alice per le spalle. E scuotendola fissava il fondo degli occhi neri:
«Tutto questo lo sapevo già. Non era questo che intendevo quando ti ho chiesto di dirmi tutto.»
 
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Niki Marty
view post Posted on 25/2/2009, 13:33




2.6.




Il ringhio di Carlile e l’ordine secco ad Alice fu l’ultima cosa che Bella ascoltò nella foresta inseguendo Edward. L’udito acuto, da vampiro, fu sovrastato dal rumore dei rami spezzati.
Carlile sapeva dunque. L’invito rivoltole a confidarsi con Edward, non era stato un consiglio generico. Era stato un motivo ben preciso a ispirare Carlile il pomeriggio precedente.
Stentava a crederlo.
In trance? Lei? Piangendo e gemendo? Era impossibile! Neppure la traccia di un ricordo emergeva dalla mente.
E non era finita. Altri guai erano in agguato. Una visione terribile davvero quella di Alice per nasconderla perfino a Carlile.
Tornare sui propri passi per sapere? La tentazione era stata tanta. Ma la risposta sconvolgente di Alice sarebbe poi arrivata?
Era irresistibile intanto l’energia che attirava Bella verso Edward. Dieci miglia lineari, percorsi tra alberi secolari, le schizzarono intorno nel breve istante in cui lei decideva il da farsi.
L’odore di Edward si fece più forte. Le vibrazioni le scuotevano il petto come se lei avesse un cuore. Un tum tum incessante che si propagava giù verso il basso, in tutto il corpo.
Le si ovattò l’udito tutto d’un tratto, come durante una rapida ascesa. E invece era solamente rannicchiata su un ramo a due metri da terra. Ferma in ascolto. Edward doveva essere lì.
Il corpo non poteva mentirle. Era contratto e pulsante. Sentiva Edward attrarla con forza magnetica da non grande distanza.
Gli spasmi guidarono Bella verso un punto luminoso della foresta. Un varco nell’intreccio di rami e di muschio per un fiotto di raggi solari.
Nella luce, più luce: un adone disteso a gambe leggermente divaricate su un masso a picco su un lago. Edward era nudo e i capelli bagnati dicevano che era appena riemerso dalle acque azzurre.
Prima di potervi riflettere, Bella si era già liberata dalla tuta di cotone e sgusciò leggera e velocissima verso l’acqua. Come un vortice sfiorò il masso di Edward senza neppure guardarlo. Si buttò di slancio e lasciò che le acque fresche del lago la divorassero e poi la restituissero alla luce.
Nuda con la pelle smagliante come seta d’argento risalì a riva in un punto di bassi lastroni di pietra. I capelli scuri e bagnati erano tirati indietro sfiorandole l’incavo della spina dorsale.
Con i palmi si deterse dal viso l’acqua in eccesso. Con movimenti morbidi si distese sui lastroni in posizione supina. Nella mente, un solo pensiero: Edward… Sono qui.
I seni erano protesi verso il cielo, i capezzoli erano tormentati dal sole mentre il vento scompigliava il delicato ciuffetto di peli.
Il battito profondo che la scuoteva accelerò il ritmo. Ma il silenzio era assoluto, gli animali della foresta erano immobili rintanati quando c’erano i vampiri.
Edward le comparve davanti all’improvviso, senza un rumore. Bianco, scolpito nel diamante, la osservava immobile a braccia conserte. Il corpo slanciato e muscoloso fu una visione mozzafiato.
Gli occhi sottili come due lame nere la fissarono aggressivi.
Uno sguardo di sfida che Bella ricambiò. Nessuno parlò.
Dolcemente infine Edward le si sdraiò accanto.
«Come stai?» Chiese con voce cavernosa.
Bella deglutì. Difficile a dirsi. Paura, sgomento, rabbia, contrizione… L’urlo di desiderio levatosi dal corpo dominava il guazzabuglio di sensazioni che dalla sera prima l’aveva sconvolta.
«Tormento» ammise accarezzandosi la fronte. Muovendosi, l’avambraccio sfiorò il viso di Edward che vi poso un piccolo bacio. Gli occhi erano oro fuso e la fissavano intensamente.
Con un dito le sfiorò un capezzolo…
«Basta amarmi Bella. Mi stai uccidendo dentro. Impossibile a dirsi ma, se tu non mi amassi, starei meglio…»
“Se, tu, non mi amassi: staresti meglio.” stava per rispondere Bella. Ma non lo fece.
Allungò una mano e lo accarezzò tra le cosce:
«Non ne sono affatto sicura» gli disse invece.
Edward le fermò la mano e portò alle labbra il polso delicato, fissandola:
«Mi odierai, ne sono sicuro. È solo questione di tempo…»
«Grande felicità allora!» ribattè Bella sorridendogli con lo sguardo…
Edward socchiuse le palpebre:
«Quanta sicurezza!»
Bella esitò
«…Grandi strepiti e lamenti di notte mi dicono… piangerei, in una specie di trance ipnotica… - disse infine fissando il cielo- Se questo è vero… senza questi momenti pensi che io possa star meglio?» E si voltò verso Edward per mostragli i propri occhi e sperare che lui vi leggesse fino in fondo tutto l’amore.
 
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1 replies since 24/2/2009, 10:52   77 views
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