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Impossible Dreams, privata - x Demetri (e Jane??)

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†Heidi~
view post Posted on 1/12/2010, 14:38




Heidi

Chi ha detto che i vampiri non sognano? Non avere la possibilità o la necessità di dormire, non significa non poter sognare. Molti di noi trovano la soluzione in un atto puramente figurato e poetico. Ma voi riuscireste mai a vedermi appoggiata al davanzale di una finestra mentre sospiro beata, sognando ad occhi aperti, come un'insulsa fanciulletta disgustosamente umana? Il sogno, quello vero, è dato dall'assopimento della mente, e in quel momento l'incoscio trova finalmente la strada spianata per poter prendere il sopravvento sulla coscienza. Credete forse che una mente tanto vasta come quella di un vampiro non abbia lo spazio per un'incoscio tanto cicplopico quanto la nostra straordinaria razionalità? Da dove credete che giunga la frenesia che invade il nostro corpo quando beviamo il nostro "nettare degli dei"? Non è necessario dormire per sedare il cervello, almeno non per noi. Ed io sognai... quella notte, feci un sogno. Non so dirvi se fosse la classica manifestazione dei miei desideri latenti più reconditi, il frutto di un casuale miscuglio di ricordi e pensieri, o una premonizione.

Il rosso e il viola del cielo al crepuscolo, baciavano dolcemente la morbide dune del deserto ambrato e scuro, immobile, intoccabile all'inesistente vento caldo sottomesso all'aria tiepida della sera che, ormai sul punto di congelarsi, sapeva ancora dell'afa dello zenit di diverse ore prima. Silenzio. Tutto taceva, tutto era immobile. Un senso di pace, regnante in ogni angolo, era sfumato da una lieve e crescente attesa. E poi, pian piano, lo vidi. Dall'orizzonte sfocato, un polverone dapprima piccolo e lontano, si faceva sempre più grande e vicino. Dal vortice informe e dorato, emerse infine, a pochi metri da me, una fiera figura incappucciata di bianco, la veste turco-medievale candida e cosparsa di gioielli e armi lucenti. Sembrava una stella, un astro nascente dalla vellutata sabbia, chiara e sottile, dell'orizzonte. Conoscevo quell'abito, quel portamento freddo, superbo, elegante e in qualche modo rude, sebbene non fosse ancora saturo di quell'innaturale perfezione motoria che avevo visto ogni giorno da quasi cinque secoli. Diedi per scontato di averlo riconosciuto. Ma quando, scoprendosi il volto, mi passò oltre, come se non fossi stata li ( e probabilmente doveva essere così, come se fossi stata la spettatrice di un film), stentai a riconoscerlo. Ero confusa, spaventosamente sorpresa: i suoi occhi, dalla forma e l'espressione tipicamente e immutabilmente affilata, proprio come io la conoscevo, erano però azzurri come il ghiaccio, e risaltavano in modo sconvolgente sulla carnagione insolitamente molto più che pallido-olivastra: era abbronzata e scura, imperlata di sudore! I lineamenti e le rughe d'espressione erano molto più evidenti, vivi, trasudavano quasi stanchezza, fame.
Mi ritrovai improvvissamente all'interno di un'enorme tenda chiara, arredata secondo i più raffinati giusti orientali. Porpora, verde e oro risaltavano sul vasellame, i tappeti e i cuscini sparsi su tutto il pavimento. Tendaggi velati tappezavano completamente la sommità interna della tenda, creando stravaganti incroci dalle linee morbide e dedaliche che quasi impedivano di vedere fino in fondo all'allestimento.
Un sospiro, un sommesso gemito di piacere di una donna, proveniva proprio da li, dove i veli colorati e sovrapposti rendevano le figure e le sagome mere e semplici ombre in lieve movimento. Mi avvicinai al fondo della tenda, ansia e curiosità regnavano in me sovrane.
Lentamente, ma con impazienza, scostai uno dopo l'altro i veli che ostacolavano il mio cammino e la mia vista. Infine la verità mi apparve nuda, cruda, sinuosa e viscida come un Kobra: ai miei piedi, accanto alla veste bianca che avevo visto pochi istanti prima addosso a quell'uomo, e che ora giaceva vuota e appallottolata tra i cuscini, la muscolosa e sfilata corporatura completamente nuda del bruno si muoveva lenta e vigorosa sul corpo candido sfumato di rosa di una donna dai capelli scuri, sovrastandola con sensuale e virile maestria.
I suoi boccoli spettinati e tra le dita scure del suo compagno di letto, le ricoprivano completamente il volto, impedendomi di riconoscerla, mentre una strana, angosciante ed esilarante consapevolezza, un timore più che altro, si facea spazio dentro di me. Le sue cosce e i suoi polpacci tesi e insaziabili, stringevano, abbracciavano e spingevano verso di sè il corpo abbronzato e lucido di sudore del suo affascinante compagno, con una morbosità, egoismo, suadenza, irrequietezza che conoscevo bene: disarmanti. I movimenti non erano perfetti o armoniosi, ne calcolati o disegnati... erano semplicemente passionali, improvvisati, sentiti, istintivi... umani! Umani come quei due amanti nel deserto. Rimasi immobile a guardare, incapace di muovermi, capire, dedurre... forse non volevo. E poi, quando accadde, mi sentii congelare, subito dopo una vampata incandescente in pieno torace. Gli occhi glaciali di Demetri guardarono con fervore e compiacimento il volto femminile che la sua mano, intrappolata tra i boccoli mogano, aveva finalmente scoperto con foga liberandosi della chioma scura. La sfolgorante luminosità di quel volto colpì più la mia coscienza che il mio sguardo. I suoi occhi smeraldo rilucevano di quella familiare infinita malizia disumana, ma lasciavano trapelare una purezza d'animo ormai perduta e dimenticata da tempo. Il viso arrosato e accaldato si colorava di quel rossore con intensità impefetta e mai più vista, eppure perfettamente sfumata, morbida come la seta. In preda al piacere, una Heidi ancora viva sorrideva in un sospiro, mordendosi le labbra umide per poi posarle affamate su quelle sottili e bramose di Demetri, in un estetica morsa erotica fatta di fiati violenti e senza via d'uscita. Di colpo ogni immagine divenne distorta, ammalgamandosi a tutte le altre in un unico vortice denso e caotico, lì, nella voragine vuota che si era aperta nel punto in cui un tempo avevo avuto uno stomaco.


Aprii gli occhi in un solo, semplice e rapidissimo scatto inespressivo, lasciando che le mie iridi sempre più annerite liberassero il mio animo, irritato, confuso e basito. Subito dopo mi issai fulminea e innaturalmente rigida come una tavola di marmo, seduta a mezzo letto nel baldacchino della mia lussuosa camera da letto vittoriana nel castello dei Volturi. Lentamente portai la mia mano leggiadra e affusolata sulle labbra, premendole appena, come a voler bloccare, cancellare qualcosa di indegno, proibito, inaccettabile. La mia immensa stanza, immersa nel buio e nel silenzio del castello di una dormiente Volterra, improvvisamente mi sembrò piccola, capace di saffocarmi come mai mi sarebbe potuto accadere, come se fossi stata ancora e soltanto la splendida (forse, odiavo ammetterlo, più di quanto lo fossi in quel momento) insignificante umana che avevo visto in quella onirica visione. Dovevo uscire, sentire l'aria fresca della sera, nutrirmi se mi fosse stato possibile. Era passato solo qualche giorno dall'ultima volta ma quelle immagini, quel turbine di emozioni avevano risvegliato la mia brama, la mia sete... qualunque essa fosse stata. Mi scuoteva i muscoli e prosciugava la mia gola mandandola in fiamme e cenere, mentre ingoiavo interi fiotti del mio stesso veleno. I canini si erano allungati spontaneamente, ormai troppo assetati e impazienti di trafiggere carne viva e imbèrsi del sangue più dolce e zelante.
Scivolai fuori dalle lenzuola rosso-oro di seta e broccato molto più rapida e leggera di un velo nel vento. Indossai la mia vestaglia nera di seta sull'intimo di pizzo e sfilai fin sul tetto del castello in meno di dieci secondi. I lembi del tessuto liscio, leggero e morbido scivolavano sulle mie gambe lunghe e statuarie scoprendole continuamente, provocando un piacevole suono vellutato impercettibile all'orecchio umano, così come l'eco delle dita gelide e dure dei silenziosi Aro, Caius e Marcus che sfogliavano le pagine di centinaia di libri insieme a molti altri di noi, nella biblioteca dall'altra parte dell'enorme edificio. Jane e Alec erano a caccia, non li sentivo da nessuna parte a me percepibile, e comunque sapevo che a loro piaceva muoversi in piena notte, per torturare il cibo. Felix era nei sotterranei: "giocava" in palestra per la noia, attento a non rompere niente. I boati dei suoi colpi ormai erano musica leggera per noi studiosi notturni. Demetri... beh lui era in giro per il castello... come sempre. Lo sentivo muoversi prima lentamente, poi fulmineamente da una parte all'altra dell'edificio, e per la prima volta la cosa mi infastidì, rendendomi persino lievemente nervosa.
Come in posa per una scultura barocca, rimasi in piedi sul cornicione, lo sguardo vuoto, altero e delicato perso nella notte. Se non fosse stato per la brezza fredda che smuoveva la mia veste incosistente e lucida in una leggiadra danza nel vento, lasciandomi seminuda, sarei potuta tranquillamente passare per una candida statua sacra, una di quelle che raffigura una qualche santa messa alla protezione di una chiesa, nel suo punto più alto, lì dove può essere più vicina al cielo, lì dove tutto può osservare.
Non ricordavo quasi nulla della mia vita umana, ma non avrei mai potuto scordare il mio vecchio aspetto, quello stesso aspetto che mi aveva condannata alla più atroce delle torture e poi alla morte. Ma non avevo mai saputo nulla del passato di Demetri, come me, non era di certo incline a raccontare di se stesso, e del resto a me non era mai importato nulla. Ne tantomeno avrei mai potuto conoscerlo da umano. Quando, neonata, giunsi a Volterra, Aro mi disse semplicemente che era lì già da molto tempo prima del mio arrivo, persino della mia nascita, e che non era uno dei vampiri più formidabili al mondo solo per via della sua età. Collegai le sue successivamente sperimentate abilità da segugio, e la sfumatura olivastra che la sua pelle candida aveva nonostante tutto mantenuto, a quella divisa zincata orientale che, prima del mio sogno, gli avevo già visto indosso altre sporadiche volte, durante i secoli, più che altro quando usciva da solo e per quelle missioni che la sua vanità reputava "le più prestigiose". Per il resto indossava i colori scuri e gli stili antiquati del nostro ordine, quelli imposti da Aro, quelli che io, per fortuna, non ero tenuta a possedere, dato che, in quanto cacciatrice dei Volturi e quindi colei che più di tutti doveva stare a contatto con gli umani, ero tenuta ad essere sempre in ghingheri, quelli più moderni, che avrebbero dovuto dare nell'occhio per la loro eleganza e non per il loro aspetto stantio. Almeno per le "riunioni di famiglia", Demetri decideva ad ogni modo di assecondarlo e accontentarlo, evitando così le solite noiose dispute verbali che ci facvano perdere inutilmente tempo prezioso. Ma in realtà era solo un modo palese di dimostargli quanto poco gliene importasse, se così non fosse stato, avrebbe indossato quel suo abito tanto adorato. Era come una specie di abito da cerimonia, il vestito gelosamente tenuto da parte per le feste e per questo sempre tirato a lucido. Lo aveva sempre avuto, almeno lo aveva già, quando giunsi io, 480 ann fa. Ma in effetti non sapevo cosa significasse, da quale luogo e tempo arrivasse. Una cosa sola era certa: Demetri aveva visto il deserto molto, molto da vicino.
Perchè lui? Perchè con me?!! Perchè io?!! Ma sopratutto, perchè così meravigliosamente, imperfettamente, calorosamente umani come mai e mai più ci avrei rivisti?

Edited by †Heidi~ - 1/12/2010, 16:03
 
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view post Posted on 2/12/2010, 18:48
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Demetri

Chi vuol esser lieti sia, del diman non c'è certezza.

Nel frattempo scende va la notte sulle nostre teste, a ricordarci che la madre vegliava sempre su i propri figli.
Da vegliare però c'è poco e niente , in queste condizioni , alle quali ognuno di noi era stato elevato, non esistevano più pericoli alla nostra incolumità, l'unico pericolo era che ormai ci saturassimo della notte stessa.
La nostra madre non cullava noi come invece era abituata a fare con i mortali, mentre , infatti, questi venivano illusi con il sonno a noi regalava la sua intera pienezza accompagnandola con la sua essenza più vitale.
I prescelti della notte eravamo noi, costretti per l'eternità ad impiegare ogni secondo della nostra vita, costretti per sempre a non chiudere mai gli occhi.
Dei suoi prescelti però ce n'era uno in particolare , saturatosi ormai da tempo delle noie della vita restava immobile come una statua di sale.

"[...]Sono aperti i cancelli dell'oblivion, chiuderli è una fatica. Il buio è come una coperta che ti avvolge e non ti lascia mai andare, ti protegge dai nemci ma è un' arma a doppio taglio, semplicemente potrebbe rivoltartisi contro nascondendo nel buio, più buio, i tuoi nemici. "

Alzaì lentamente lo sguardo dal foglio ingiallito , una sensazione mi aveva distratto dalla mia lettura.
In quelle notti senza luna, quando ogni bagliore era spento e sopito in me tendevo a passeggiare nei corridoi del castello , libro alla mano .
Leggere mentre camminavo per i corridoi non era un problema, potevo benissimo fare diverse cose contemporaneamente, nella mia mente era impressa a forza la cartina del castello, ne conoscevo ogni corridoio , ogni anfratto almeno quanto conoscevo prefettamente la posizione attuale di ogni membro della famiglia , le loro occupazioni attuali ed abitudinarie, vi fosse stato qualcosa fuori la norma l'avrei percepito chiaramente.
Non a caso alzaì la testa dal libro distraendomi dalla mia lettura preferita, "le cronache del Buio" era una lettura divertente più che interessante, narrava di una teoria delle ombre ed il paragone scontatissimo con la luce.

Quella sera indossavo il classico abito che a noi volturi veniva imposto da Aro, la dimostrazione più palese di quanto fosse patetico ed inutile quel suo controllo, dopo tutto avrei potuto ribellarmi a quella sua imposizione.
Nessuno può imporre nulla al grande Demetri, però era anche vero che un contentino al capo lo si doveva anche dare, dovevo avere una parvenza di controllo no?

Diedi un'annusata lieve all'aria, il mio terribile potere si scatenò portando alle mie narici non solo gli odori ma addirittura pensieri, sentimenti , angosce e malumori.
Come al solito i tre erano in biblioteca a spulciare volumi su volumi, cosa importante per loro il sapere.
Alec e Jane torturavano chissà quali creature.
Nell'aeree, invece, rieccheggiavano i colpi di Felix come un tamburo.
Questa è musica per le mie orecchie , fratello!
Tale consideravo il mio più antico ed unico amico, un fratello i cui colpi mi erano il pane della mia anima.

La creatura che però aveva spostato l'ago della bilancia era come al solito lei.
La più interessante e la meno monotona di tutti, Heidi aveva una strana confusione mentale quella sera, l'avvertivo.
Sorrisi malefico.

Che abbia iniziato a sognare?

Era una vampira relativamente giovane , Heidi non sapeva che i vampiri fossero in grado di sognare, non lo imaginava nemmeno, come del resto tutti noi.
Mi accorsi di tale questione perchè in lei sentiì la stessa confusione mentale che provaì io la prima notte che sognaì.
Il sogno apre un periodo della vita del vampiro molto strano, una specie di nuova consapevolezza entra nel suo essere e lo strasforma , lo tormenta e non gli lascia più pace, fortunatamente io ero entrato in nuova ulteriore fase che stavo tutt'ora sperimentando ma quella del sogno mi aveva da sempre affascinato.

Appoggiaì il libro su un mobiletto e con la velocità disumana che mi ritrovavo la seguiì sul tetto.
Era appoggiata al parapetto, mezza nuda, ancora più provocante, ancora più sensuale, ancora più attraente del solito.
Ormai ci avevo fatto il callo ma il mio desiderio, seppur ben mascherato, non si era mai spento e mai si sarebbe placato finchè non l'avessi avuta mia.
Questione d'orgoglio, un pò per entrambi a mio parere, alla fine se ci imbeccavamo in continuazione era solo per rendere più interessante la nostra vita.

La Odiavo.
Già, mi dava disgusto, mi provocava rabbia, il fatto che riuscisse ad ottenere semplicemente con la bellezza ciò che io avevo ottenuto con enormi sacrifici, sia da vivo che da morto.
Per questo non smettevo di starle dietro, perchè ciò che odiavo mi veniva istintivo di amarlo, in un certo senso amavo lei più di ogni altra donna , forse perfino più di Elena, la cugina di Isabelle Swan, il mio rapporto con lei tendeva essenzialmente allo stesso che avevo con Heidi, di cercarla per far si che la mia vita non divenisse monotona.

Mi avvicinaì lentamente ad Heidi.
I suoi capelli svolazzavano qua e la, non ero sicuro che fosse riuscita ad avvertirmi, il mio passo era impercettibile perfino ad un vampiro, figurarsi se si trattava di un vampiro sovrappensiero.
come mai questa improvvisa visita al tetto?
Le chiesi appoggiandomi al parapetto accanto a lei, tanto vicini che per poco le nostre braccia appoggiate quasi si toccassero, mi piaceva provocarla un pò eppure dovevo ammettere che un pò mi preoccupava questo suo fare.

La osservaì in tutta la sua bellezza, i glutei erano coperti dalla vestaglia color notte, d'altronde lasciava scoperte le bellissime gambe, i seni a malapena coperti dal reggiseno venivano sbandierati come un trofeò, ancor più messi in evidenza dal fatto che sotto vi tenesse le braccia.

Hai cominciato forse a sognare?

Azzardaì con un sorriso malefico puntando lo sguardo affilato e lungimirante verso di lei, d'altronde sapevo già che non mi avrebbe degnato di uno sguardo certo però che se l'avesse fatto , per me , sarebbe stata una gran bella vittoria.
 
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†Heidi~
view post Posted on 2/12/2010, 21:37




Heidi

Come avevo previsto e sentito, mi fu accanto in pochi secondi, inauditamente tanto vicino da potermi quasi toccare. Potevo avvertire il suo falso tepore odoroso di morte, sangue, desiderio, malvagità e virilità, fin dentro ai muscoli, tesi per l'improvviso disprezzo e attrazione che sentii a quell'inesorabile, immutabile, spregiudicata, suadente posizione. Fu come una piccola ma ben più che pungente scossa dentro di me, e me ne adirai sorpresa: bella, indegna!
Non dubitavo coumunque che mi avesse sentita muovermi o fare anche un solo movimento fuori dalla routine dei nostri giorni e delle nostre notti li al castello. Era una cosa che, forse per noia, forse per un ulteriore imperdibile occasione per poter pateticamente autocompiacersi della sua grandezza, gli piaceva molto analizzare e monitorare fino all'ultimo secondo: a Demetri non poteva sfuggire nulla, non se poi il soggetto in questione ero io.
I suoi passi che, anche per un vampiro esperto, sarebbero giunti all'udito felpati come quelli del più grande dei predatori quale lui era, furono per me un eco lontano nel mio più egocentrico caos di pensieri, ma al contrario di quanto la sua superbia aveva certamente supposto, lo avvertii comunque. Mi restava nonostante tutto uno spazio mentale abbastanza grande da poer contenere un'intera generazione di eventi, pensieri, e persone.
Una sola cosa Demetri aveva però sicuramente intuito bene: sapeva che, un pò per disattenzione, ma soprattutto un pò per superbia, non lo avrei degnato di un solo sguardo...o almeno così fu e cosi feci e credetti finchè non mi pose quell'impensabile domanda con quella sua voce meravigliosamente melodica, maledettamente ipnotica, dura, raffinata e altera.
Se avessi avuto un cuore ancora vivo, credo che lo avrei sputato fuori in quel preciso istante, sensazione disgustosamente umana! Non ne sopportavo l'eccessiva e imperfetta intensità!
Come diavolo faceva a saperlo?!!!
Feci scattare il mio volto verso il suo, l'irritante sorpresa di quella stessa domanda impressa nei miei occhi di fuoco e cenere inchiodati ai suoi che, traboccanti di una malizia affilata ma quasi sensuale, divoravano rubinei, pacati ma avidi, ogni centimetro del mio corpo a tal punto da rendermene percepibile l'inesistente, bramoso, virile, selvaggio, elegante, abile tocco esperto. Sapevo, sentivo quanto mi volesse. Era palese sopratutto nel tocco volutamente incompiuto eppure imminente che si era concesso, vinto dal suo stesso desiderio, giungendomi tanto, improvvisamente vicino. Nulla più di quello riusciva a saziarmi, compiacermi, scuotermi forse, e infastidirmi.
Patetica, ad ogni modo, la sua improvvisa gentilezza malamente spesa, seppur perfettamente calcolata con così tanta maestria da riultare quasi pertinente al caso. Non so se mi indisponesse perchè fosse proprio ciò che non potevo accettare di desiderare da lui o perchè fosse proprio quello che non avrei mai voluto ne mai mi sarei aspettata da un vampiro come lo stesso Demetri. In fondo mi era sempre piaciuto...o per meglio dire dire, lo trovavo di sicuro piu interessante di tutti gli altri. Ma era pur vero che non lo sopportavo,...a volte l'odio diventava tedio, a volte, una strana, intensa, attrazione di cui comunque ero sempre stata cosciente e che di certo faceva tutto fuorchè infastidirmi. Amavo le sfide. Ma incurante di tutto e opportunista quale io ero, non avevo ne mai avrei dato un peso eccessivo a quella diatriba interiore. A quanto pare lui di conflitti spirituali ne doveva sapere molto... Del resto era molto, molto più "grande di me". Chissà, forse anche noi, col tempo, potevamo in qualche modo cambiare, avere le nostre fasi, cicli, periodi esistenziali... le nostre metamorfosi, e lui probabilmente, nella sua superficialità estrema, doveva comunque averne attraversato qualcuno, esattamente come io, a mio tempo avevo vissuto i miei fiorenti anni a briglia sciolta da neonata per poi sfociare nella terribile, sensuale, ammaliante, incontrastabile, disarmante macchina dell'omicidio e della seduzione che ero diventata.

Va via, Demetri...

Dissi fredda spostando nuovamente il mio sguardo altrove con fare esausto, insofferente ed esasperato

Non sono in vena di presuntuose galanterie dal retrogusto velenoso, stanotte... e forse non lo sarò mai più... non con te.

Non mi ero resa conto dell'effetto che adesso era in grado di farmi fin quando non lo avevo guardato negli occhi. D'improvviso il mio sogno si rimaterializzò davanti a me in tutto il suo travolgente, sconvolgente turbine di estatiche, angoscianti emozioni, facendomi riprecipitare nello stesso baratro vuoto che aveva riempito il mio petto appena pochi istanti prima che aprissi gli di nuovo gli occhi sul soffitto della mia camera da letto. Accanto a me non v'era più Demetri il vampiro, ma quel giovane uomo dalla pelle abbronzata, tesa, stanca e sudata che profumava di guerra e sabbia, passione e vigore. Non fece che alimentare il mio disprezzo per lui, forse...anche perchè era figlio di quel mio stesso, inaccettabile, quasi incontrollabile desiderio che cominciava a far bruciare le mie vene vuote ma...ancora fredde. Forse non era solo lo sprezzo e il disinteresse ad aver spinto il mio sguardo lontano da lui. Sapevo che poteva avvertire il tenore dei miei pensieri e non lo sopportavo!

Non hai nient'altro di meglio da fare, stasera, che venire a stuzzicare il mio ego?
Già..dimenticavo che sono il tuo passatempo preferito
.

Dissi con amaro, affilato sarcasmo mentre la mia voce usciva lineare in un sussurro che solo lui avrebbe potuto sentire.

Credo che dovresti inziare a trattarmi più come una possibilità, piuttosto che come una priorità. Io, lo faccio 480 anni. E' ora che impari a farlo anche tu. Hai scoperto le tue carte e questo non mi piace. Mi deludi...mi annoi...

Lo stavo allontanando, lo stavo respingendo con tutta l'oltranza di cui ero capace! Mio malgrado? Non volevo saperlo. Da quando non volevo? Da quando non capivo? Questo non faceva che decimare la mia capacità di sopportazione nei suoi confronti, e pur solo il fatto che potesse spazientirmi tanto lo rendeva meritevole di morire per mia mano.
Frenai a stento l'istinto di scattare indietro ed accuattarmi al muro come una bestia rabbiosa in procinto di scatenare una carneficina. Volevo toccarlo, sentire la sua pelle olivastra e vellutata del suo collo statuario sotto scivolare...no...SGRETOLARSI sotto le mie mani! Cibarmi con gli occhi di ogni suo più sottile, ostile lienamento di quel volto e quel corpo asciutto, sfuggente, rigido e statuario. Ogni mia calcolata, diabolica strategia di seduzione aveva abbandonato la mia persona ormai da diversi minuti...
Optai comunque per qualcosa di meno drastico, qualcosa che avesse ancora la classe della signora che non avrei sopportato di non essere più: ruppi nuovamente il silenzio lasciando che il l'incertezza e il timore del dubbio riempissero almeno in parte la mia voce limpida, ammaliante ma gelida.

Sognare...è possibile, già...ma, dopo quasi 500 anni di non vita, credo di conoscermi abbastanza bene per poter affermare di non possedere il dono delle visioni...
Risparmia il sarcasmo, mio caro... stento a crederci persino io...


feci una pausa, un silenzio dalle fattezze indefinite...

...da quanto tempo sei...o meglio...quanto anni hai...realmente, Demetri...?

Domanda sciocca dopo così tanti secoli di convivenza? No, nemmeno lui avrebbe pensato una cosa simile. Niente di ciò che ci proferivamo a vicenda era mai stato detto per caso. E poi, in fondo nessuno di noi sapeva e aveva mai voluto sapere qualcosa sul passato altrui, li, all'interno della grande "famiglia" dei Volturi. Sopratutto, sapevo che non sarebbe andato via, che lo volessi o no, decisi di non dargli importanza, cosi come decisi di esorcizzare parte del mio orgoglio lasciando che, almeno per una volta, mi vedesse...in qualche modo...vulnerabile. In fondo lui, ai miei occhi, suo malgrado, lo era stato spesso, e forse in quel momento, lo sarebbe stato ancora ma, per la prima volta, in maniera del tutto consapevole. Probabilmente ero la prima, dopo chissà quanti secoli, a chiedere realmente di lui.

Siamo immortali, non siamo umani, ma come ogni creatura su questa terra, almeno una volta nella vita, vorremmo poter non essere soli.
 
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view post Posted on 3/12/2010, 01:04
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Demetri

La mia storia, la tua storia; questa è la storia di un ragazzo che sa quanto vale, lui vuole distinguersi dalla gente normale, crescendo ha visto il meglio il peggio. Ora vuole toccare il futuro, sfidare il destino e fargli uno sfreggio.

In breve tempo l'aura che accompagnava i miei desideri e le mie passioni più spinte torno a solcare la mia anima, cavalcandola come un serf sulle onde.
Heidi mi sorprendeva ogni volta di più, perchè sapeva farlo bene, sembrava saper fare tutto bene.
Sembrava sapesse odiare meglio di me ed amare meglio di me, quelle sensazioni, che da sempre ritenevo unicamente umane e che tendevo ad abbandonare, era proprie del suo ego lussurioso.

Quel contatto appena appena accennato, tanto lieve da essere stato quasi immaginato, sembrava quasi che avesse fattoeffetto ad entrambi.
Più di ogni altra cosa però poterono le mie parole, azzeccate certo, e mai banali, grazie ad esse, infatti, per la prima volta lei mi concesse uno sguardo.
Qualcosa l'agitava incredibilmente dentro l'anima, quela volta mi aveva concesso una piccola vittoria, l'assaporaì fino in fondo leggendo nel suo sguardo le sue emozioni e le sue più vivide sensazioni.
Mi rividi sotto forma umana, come mi aveva immaginato lei, rividi casa mia, rividi il desero e rividi una tenda. Proprio sul più bello però lei distolse lo sguardo e non mi regalò più la gioia di aver ragione di lei oltre modo.

La mente mi riporto a quando ero umano.
In illo tempore , quando vagavo per il deserto sotto forma umana, così imperfetto eppure già così bello, così esperto, così forte , tanto da non aver bisogno di nessuno se non di Felix.
Una tristezza improvvisa mi colse nell'animo. Felix era l'amico mio più fidato , lui sapeva già tutto di me senza che gli e lo dovessi raccontare, così come io sapevo tutto di lui.
Fondamentalmente però io ero solo.
Già, nemmeno la più triste era davvero sola al mondo, perfino i vermi si facevano compagnia, nelle mele e nelle tane sotto terra.
Ecco perchè dopo tutto gioivo di quelle piccole vittorie sulla mia amata Heidi, ecco perchè in fondo l'amavo, perchè mi forniva la compagnia necessaria, perchè mi faceva sentire ancora oggetto di una qualche emozione, non importava che fosse odio o amore, in un certo senso ci amavamo da 500 anni circa.

Era così rivoltante il suo modo di parlare, si dovevo ammetterlo , mi dava , molto, su ai nervi.
Altezzosa quasi quanto me, chissà che nona vesse idea di eguagliarmi in quello,
Eppure riuscivo ancora ad interpretare le sue parole.
Era una donna, una donna unica nel suo genere, ma come tutte le donne aveva un lunguaggio scritto nella pietra, secolare , quasi vecchio quanto la razza umana.
Frasi scontate come:" vattene via" oppure "mi annoi" in realtà erano delle bugie.
Avrebbe voluto dire" resta, non andartene via. Con te mi diverto", lo sapevo e sapevo interpretare quel lunguaggio a memoria.
Era tutto suo ed era elegante ma era pur sempre linguaggio di donna.

Considero priorità soltanto la mia sete, il resto è tutto possibilità.

Dissi ridendo leggermente , quasi a prenderla in giro, dopo tutto era vero, in quella frase in realtà v'era tutto me stesso.
L'animale che viveva dentro di me, che altro non voleva soddisfarre i propri bisogni poichè egoista, e che bisogni aveva un vampiro se non quello di abbeverarsi?
Per me era diverso, Heidi per me era un bisogno, che riuscivo a soddisfarre anche solo passando poco tempo con lei e non mi stancava mai, eppure non ci tenevo proprio a farglielo sapere, seppur facendolo capire , ma mai in modo esplicito.

Rimanemmo in silenzio per qualche istante, sapevo a cosa stesse pensando, ovviamente al suo sogno. Dopo tutto non sognare per 500 anni e farlo così all'improvviso era un evento abbastanza insolito e traumatico.

Nel frattempo cambiaì posizione mi voltaì lascinado la schiena al parapetto, al vuoto, al quale mi appoggiaì con i gomiti lasciando tutto il peso leggiadro del corpo su quelle giunture.
Piegaì la testa all'indietro come a farla cadere nel vuoto, così potevo osservarla meglio, dal basso le guardavo i seni quasi del tutto scoperti e gli occhi che fissavano il paesaggio, una cosa che mai avrei potuto vedere negli occhi di quella donna sarebbe stato uno sguardo vuoto.

Dovetti ammettere che successivamente mi stupì, non sembrava più propensa a parlarmi , spesso quando faceva così friggeva nell'animo aspettando che mi stancassi di guardarla e mi dirigessi altrove, invece per la prima volta si mostrò a me vulnerabile, dopo tutte le volte che mi aveva visto lei in quel modo.
Già , vulnerabile e ferito nell'orgoglio, quante volte mi ero ferito nell'orgoglio quando ero con lei, per questo la odiavo, perchè a volte sapeva essere più forte di me, ed era per questo che l'amavo, perchè in fondo ammiravo quella forza.

La domanda era strana, chiedeva di me stesso, non avevo mai parlato di me con nessuno.
Con Felix non ve n'era necessità ed ad altri non interessava minimamente .

Risi in modo sommesso ancora una volta, soffocando le risa leggere, ancora a prendere in giro, come al solito facevamo noi due.

Sono più antico di quel che immagini Heidi. Ho primavere da ancor prima che i crociati prendessero Gerusalemme. Per me ormai il tempo non esiste più.

Continuavo a guardarla ed il mio tono nell'ultima frase aveva assunto una tristezza inaudita , per la prima volta nei suoi confronti ero stato quasi... sincero nel condividere una sensazione.

Ma la tua domanda non voleva essere : quando?

Le sorrisi famelico e maligno.

Forse la domanda giusta che volevi pormi era: Dove?

La mia voce si fece flebile come un sussurro, nei suoi occhi avevo visto il deserto, era quella la sua domanda, era quella la domanda sommessa.

Si dice che stando a contatto per tanto tempo con uno della nostra razza si sogni il passato di quell'individuo, forse un passato miscolato alle emozioni del momento da vita a sogni strani.

non staccavo gli occhi da lei, sperando che voltasse ancora lo sguardo, sperando che mi desse qualche indizio, sperando che mi regalasse ancora qualche frammento, forse perchè così m'avrebbe fatto sentire ancora vivo.

La mia vita umana la trascorsi tra i regni dei sultani.

Quella fu la definitiva confessione riguardante una vita mortale , una vita fa.

Che sia tanto triste e maliconico, che sia dannato o che sia buono, non vorrei mai e poi mai viver solo.
 
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†Heidi~
view post Posted on 3/12/2010, 03:01




Heidi

Non so se per un essere tanto spietato e avido come lui (oh, come se io fossi stata da meno!) fosse stato più naturale non attaccarsi a nulla o bramare qualcosa con tutto se stesso! Sembrava aver appena conquistato qualcosa agognata da secoli, in quel momento finalmente nelle sue mani. Era così incredulo, così eccitato alla sola idea di avvenuta conquista, da non volersene perdere una sola goccia, ingurgitandone e centellinandone ognuna con minuziosa e viscida attenzione, classe, ingordigia, superbia. Non potevo vederlo, ma quel suo stato di estremo, sebben fulmineo, godimento, era così forte che potevo semplicemente fiutarlo nell'aria intorno a me, la stessa aria che Demetri stava saturando del suo pungente, irresistibile, inconfondibile odore. Un profumo che avevo sentito e apprezzato per secoli, ma che solo ora si era reso degno e capace di annegare ogni mio senso. Si, per una volta, lo avevo fatto vincere...
Che avesse intuito, o addirittura visto qualcosa, ormai non ne dubitavo più. Invidia, disappunto, e curiosità lo logoravano dentro e come me, non si vergognò troppo nel mostrarmelo. Ma ciò che mai mi sarei aspettata di vedere, percepire in lui, fu una sola, particolare emozione: la malinconia. Una maliconia tersa di angosce e...persino rimorso? Io ero davvero un essere empio, su questo non v'era dubbio... ma, seppur a modo mio, conoscevo l'amore, era l'arte con cui lavoravo giorno per giorno, il mio cuore congelato riusciva in qualche modo a plasmarlo al mio caso, sulla mia nuova o forse inesistente anima. Ma che Demetri avesse un cuore, o anche solo che si ricordasse di averne avuto uno, era umanamente, inumanamente impensabile! Che la causa fossi io (e a quel punto mi sarei stupita solo in parte) o meno, che fosse per me o per se stesso, Demetri aveva appena sbottonato l'ultimo lembo di quella camicia che da secoli mi ero diligentemente impegnata, pur sempre nel mio tempo inutile o libero, a sgualcire con tutto il fascino delle mie fattezze ammalianti e del mio animo, delle mie parole magnetiche e suadenti come la più estatica e pericolosa delle ipnosi, la più affilata e lucente delle lame.

"Considero priorità soltanto la mia sete, il resto è tutto possibilità."

Sei un bugiardo e lo sai... come sai che anch'io ti ho mentito. Ma qui la vera ferita sta nell'interesse... prima era lui e non essere una nostra priorità...

dissi secca , forse anche con me stessa a quella dura realtà, stroncando la sua risata eloquente, melliflua ma irresistibile. Forse per questo non ero disposta ad udirla ancora, così come non ero ancora per niente incline, o forse non ero ancora pronta, ad incrociare di nuovo il suo sguardo, che evitavo in tutta la mia altera, sebben palesemente irritata, presunzione. Da quando non sopportavo le frecciate velenose e lusinghiere del mio "caro" Demetri? Da quando, stando così le cose, avrei voluto che non smettesse? Da quando, dipendevo da una necessità? Da quando dipendevo proprio da lui? Da quando poteva leggermi così bene dentro? Da quando il mio essere donna risultava tanto patetico e prevedibile da schiaffarmi in faccia la mia stessa resa o sconfitta, rendedola tanto palese agli occhi del nemico in tutta la sua (la mia!) debolezza? Da quando ero debole? Da quando Demetri era un nemico? A quest'ultima domando avevo però la mia, inaccettabile, risposta. La voglia di polverizzarlo, di poterlo stringere in qualunque modo mi fosse stato possibile, mi assalì ancora, come una vampata improvvisa lungo tutto il torace. Stentai di nuovo a contenerla, avevo ancora un briciolo di dignità e di amor proprio in quel corpo e quell'animo tanto sconvolti da non riconscerli più! Era orribile, disgustoso!
Lo intravidi chiaramente spostarsi, appoggiarsi al parapetto come a volersi gettare nel vuoto con fare arrogante, fascinoso e pieno di sè, ogni marmorea fibra muscolare del suo corpo distesa, all'ungata, rilassata e per questo inauditamente più tonica, perfetta, succulenta. In realtà, lo sapevo bene, era solo un modo per il suo sgurado di cibarsi meglio del mio decoltè ed io non saprei dirvi se oltre alla solita inebriante lussuria accompagnata dall'avarizia del mio compiacimento e godimento, provai per la prima volta qualcosa di diverso, qualcosa di simile ad una violazione. Ogni suo sguardo sembrava defraudare me, ogni singolo millimetro del mio corpo, improvvisamente preda inerme del suo ego, come la più pura, splendida insulsa delle vergini condannate al sacrificio, io che di verginità forse non ne avevo mai avuta in tutta la mia esistenza. Quanto a purezza...beh... ovviamente era tutta apparenza, tutta immagine, tutto in funzione di ciò che ero e di ciò che sapevo fare. Ad ogni modo era terribile, quasi logorante, soffocante. E la mia immensa, e solitamente beffarda, pazienza stava giungendo al limite, lasciando il posto a quel pericoloso animale sanguinario assopito da secoli, che rare volte si destava durante i pasti, che solo una volta Demetri aveva visto, proprio 480 anni prima, in quel giardino di quello stesso castello, il giorno del mio arrivo.
Qualcosa però annientò momentaneamente e improvvisamente l'amarezza del mio disappunto tanto da obbligarmi, mio malgrado a guardalo: Demetri era sorpreso, pensieroso, lontano nello spazio e nel tempo, immerso in quella stessa inaudita angoscia che già una volta avevo stentato a credere reale e possibile. Era sorpredentemente sincero, lo sentivo, volutamente debole ai miei occhi. Non so se fu soddisfazione o persino rammarico ciò che provai in quell'istante. E poi di nuovo lui, il solito, irresistibile insopportabile, altezzoso Demetri, lui insieme al suo sorriso elegante, maligno e famelico, lui insieme alle sue smanie di protagonismo e autocomplimentarirsmo. Lui e i suoi sussurri provocanti e provocatori... lui e la sua sensuale, fredda, sottile risata derisoria. Il modo più strano e semplice che conosceva per dirmi quanto mi desiderasse. Cominciai a pensare che la cosa fosse reciproca, ma allontanai spedita quel pensiero, impreparata e più incuriosita, spazientita e sorpresa dalla sua risposta alla mia domanda. O mi conosceva meglio di quanto io credessi, ed io detestavo e reputavo impossibile da parte mia sottovalutare qualcuno, o sapeva qualcosa che io non sapevo ancora. MI fissava, penetrandomi con il suo animo così indefinibile, così duro, così oscuro, così intoccabile, così tremendamente, irresistibilmente disarmante da riuscire a sconvolgermi e arroventarmi come mai prima, come mai del resto mi sarebbe mai potuto accadere.

Attento...rimane comunque Aro, immagino debba essere davvero scocciante averlo avanti a te persino in questo...

Liberai quasi istintivamente quelle parole con inesorabile e pur calcolata malizia, orami però velata dal mio non più negabile animo spazientito e ostile. Ma non mi riuscì poi così difficile esprimermi con il mio solito, contenuto, mellifluo e limpido tono beffardo e provocatorio, quasi pomposo e sommesso, pungente "aristocratico". Sapevo che quello era una via sicura al successo se volevo avere la mia immediata rivalsa su di lui. L'orgoglio e Aro erano i suoi punti più deboli. Lui adesso conosceva i miei, non mi sarei mai più risparmiata! Ricambiavo il suo sguardo con altrettanta, spaventosa, accuminata, sensuale potenza, mentre sentivo la rabbia sguinzagliarsi dentro il mio petto, irrigidendo ogni fibra del mio essere, ogni mio muscolo, ogni mio arto. Era solo rabbia? Cos'è in fondo... la foga e la violenza di un bacio?
Esplosi! L'impensabile, o quello che fino a quel momento reputavo tale, accadde. Fuori controllo, aldilà di ogni mia convinzione e peculiarità. La mia mano volteggiò leggiadra e spietata nell'aria con la velocità della luce, in un gesto che, istintivo, inaspettato e improvviso persino per me, non sarebbe stato capace di essere fermato nemmeno dal signore di tutti i segugi..Demetri. Le mie dita si scontrarono violente ma perfette contro la sua guancia dalle linee ispide e la pelle vellutata, scatenando un suono tremendo, sebbene non fosse un boato. Qualcosa di simile ad una roccia di medie dimensioni in preda a un'esplosione causata da un congegno metallico, qualcosa di simile ad un diamante appena andato in frantumi. Quando le mie dita abbandonarono sazie, ma a malincuore, i suoi lineamenti, lasciarono dei lievi ma ben visibili solchi sullo zigomo, caratterizzati inoltre da diverse, sottilissime crepe che, nel giro di pochi secondi, si sarebbero richiuse, sperando come se non fossero mai esistite.
Con le fauci spalancate e i canini di nuovo improvvisamente allungati, famelici e minacciosi, mi ostinavo a inchiodarlo con i miei occhi ormai neri eppure in fiamme, sgranati in un'orrenda espressione furiosa eppure incapace di deturpare la mia bellezza splendidamente oltemodo divina. Ringhiai fuori di me, un suono spaventosamente disumano, ranicchiandomi appena su me stessa tesa come un felino sul punto di uccidere. Ero a meno di un centimetro dal suo naso, e ogni sua immagine, odore, sapore erano per me ulteriore stimolo alla sete che ormai, quale fosse non sapevo, mi stava consumando.

Non burlarti di me, Demetri! Non stanotte! Non fermerei in nessun modo la mia immensa voglia di ucciderti! Anche se questo dovesse significare seguirti all'inferno... come di sicuro accadrebbe...

Dio...che cosa avevo fatto?!!!!

Edited by †Heidi~ - 5/12/2010, 19:02
 
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view post Posted on 6/12/2010, 00:51
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Ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini.

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Demetri

Sono sogni impossibili. Li tocco con un dito e poi scappano via, sono sogni impossibili. Quando dormo sogno noi due, sono sogni impossibili. Un giorno sarei stato felice, sono sogni impossibili.

Una fredda notte alle prime idi dell'inverno vagavo tra le sale ed i corridoi del castello incosapevole delle soddisfazioni che avrei potuto togliermi quella notte.
Notaì un movimento insolito, o almeno così mi apparve in quel momento, così scattaì sul tetto e la trovaì là, mezza nuda che osservava il paesaggio pensando ad altro.


Le mie parole la fecero voltare ancora una volta ed assimilaì il suo sguardo trasformandolo in qualcosa che pottesse fare da inter tramite tra me e la sua anima.
Rivide nitide le sue preoccupazioni ed il suo sogno.
C'ero io, che avevo stranamente gli occhi azzurri, c'era la tenda che avevo visto poco prima.
V?entravo sapendo di trovare qualcosa, avevo già un obbiettivo negli occhi.
Una donna.
Una delle tante? Una a cui non prestavo particolare attenzione?
Esattamente era anche il mio sogno, era la mia necessità.

Heidi non sembrava particolarmente contenta eppure non mi aspettavo alcuna reazione da lei.
Credevo, e ci avrei messo la mano sul fuoco, che fosse talmente abituata ad essere schernita dalla mia lingua tagliente che ormai c'avesse fatto il callo e che , più che non farci più caso, non avrebbe ribattuto, se non a parole, per non mostrarsi nemmeno un momento alla mia portata.
Non quella notte.

In quella fredda notte alle idi dell'inverno tutto era possibile ed i sogni, che talvolta sembravano impossibili, sembravano potersi realizzare.
Vedere Heidi alle strette ripagava il mio bisogno.
Non c'è che dire, avevo scelto il momento adatto, avevo aspettato quasi 500 anni quel momento ed ora l'avrei assaporato in ogni sua forma.
Era talmente bello il sapore di quella piccola vittoria che non mi negaì più, in futuro, la possibilità di raggiungere in ogni cosa traguardi simili.

Mi aveva spappolato la faccia, lo aveva fatto in un gesto istintivo, era una leonessa in gabbia, una tigre alle strette che reagisce con l'istinto animale.
In effetti è quello che siamo: animali, come animalesca è la violenza, così insensata da non poter essere capita nemmeno dai filosofi più grandi e , quasi mai, compresa dagli intellettuali più rilevanti.

Lo zigomo si era spaccato sotto quel colpo, la mascella s'era lussata, la pelle del mio viso deformata , il mio occhio sinistro s'era completamente chiuso , inpossibilitato a sanguinare a gonfiarsi od a farsi viola per un ematoma, sembrava quasi che volesse uscire fuori dall'orbita.
Il violentissimo colpo mi fece girare il viso nell'altra direzione mentre le parole di Heidi erano velenose e di una violenza e di un impatto inaudito.

Che cosa credeva di fare? Voleva forse sfidare il grande Demetri? No, impossibile, nemmeno lei sarebbe stata così pazza .
V'era però un altro aspetto , sicuramente più interessante, da analizzare in quel momento.
Il mio Orgoglio..
Essere colpito a quel modo certo non era una cosa molto piacevole, sia fisicamente che per il suo orgoglio, o almeno così poteva sembrare.
In effetti , se ci pensiamo bene, era proprio a questo quello a cui volevo arrivare; portarla all'esasperazione tanto dal vederla alzare le mani contro di me , ma perchè mai questo?
Era chiaro come un palo della luce in aperta campagna illuminato dalla luce del sole, esisteva una sorta di attrazione mistica tra noi due.
L'odio che provavamo l'uno per l'altra , e viceversa, stava diventando sempre più un amore violento , fatto della violenza di uno sguardo o di una parola e che, da quel momento in poi, sarebbe stata anche in un certo senso fisica.

Mi mossi lentamente dalla mia posizione iniziale mettendomi dritto davanti a lei, mentre la mia bocca , il mio zigomo e la mia orbita oculare si ricomponevano come per magia.
La mia pelle riacquisiva la sua forma normale e le mie ossa si rcomponevano.
Veloce portaì una mano sul suo volto e le accarezzaì delicatamente la guancia destra con la mano sinistra.

I miei occhi erano di ghiaccio e sul mio viso si delineo un sorriso malizioso eppure crudele e spietato , quasi come avesse davanti la fredda morte che ora la toccava su una guancia.
Toccarla mi faceva un effetto strano eppure bello ed inoltre , lo ammetto, quel tocco mi aveva come rigenerato i sensi, rispettava le aspettative, soprattutto riportava in gioco il mito della grande mangiatrice di uomini qual'era.

Il mio occhio sinistro si aprì di nuovo e il mio zigomo si riformò completamente il mio sorriso mellifluo e sanguinario si mostrò a lei in tutta la sua sfrontatezza.

Avvicinaì il mio naso al suo, successe tutto in un attimo.
Sussurraì tra le nostre bocche.

Heidi

Chiamaì il suo nome invocandolo con voce d'angelo , o forse da Demone , con la voce ammaliante quasi avessi il suo dono della voce.

Quanto sei giovane, quanto sei spregiudicata.. tanto da permetterti addirittura di colpire me..

I miei occhi erano puntati nei suoi, ipnotizzandola quasi, mentre la mia voce era un sussurro leggiadro come il vento, ogni frase era continua quasi non esistessero punti.


Sei alle strette e sai anche il perchè: i sogni sono la manifestazione di ciò che più desideriamo,, lo sai ed hai paura di questo.

tornaì a sorridere, ci furono due secondi esatti di silenzio che parverò un'eternità.

Non passerà molto tempo , Heidi, presto saraì tu a cercare me.

Il mio viso di marmo non si smuoveva dal suo, sembrava quasi che le nostre labbra fossero destinate a toccarsi di li a breve.

La speranza è il sogno di chi è sveglio.
 
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†Heidi~
view post Posted on 6/12/2010, 04:28




Molti vampiri, e quasi tutti gli esseri umani, credono nella loro inetta ignoranza, che essere come noi significhi essere freddi, vuoti e morti persino nell’anima, perfetti anche nel controllo delle emozioni. Ma è proprio la perfezione della nostra percezione, l’immensità dei nostri poteri, della nostra mente e dei nostri sensi, a renderci ancor più vittime dei nostri sentimenti. Seppur lontani dalla vita, nessuno sente come sentiamo noi, nessuno ama come amiamo noi, nessuno sarebbe in grado di contenere così tanta vita dentro di sé. E' proprio questa l'ironia della nostra natura. E poi siamo bestie, animali prede dei propri istinti primordiali, tanto disumani da non poter essere contrastati da nulla al mondo. L’autocontrollo, l’insensibilità nel più ampio senso del termine, sono proprio in fondo alla lista delle nostre peculiarità. L’avere una mente sconfinata e infallibile, non implica l’assenza di sentimenti, anzi, la sua infinità ne facilita un contenuto sempre più ampio e vasto, come se non bastasse esaminato e percepito da quella stessa inumana impeccabilità: fino all’ultimo dei suoi più reconditi significati. Il risultato è un tormentato crogiolio sull’intera esistenza e natura delle cose. Non per nulla molti di noi spesso impazziscono. La superficialità, è solo la spavalda, placida personalità che ci appartiene e che ostentiamo ignari solo nel corso dei primi fiorenti anni della nostra esistenza. Anch’io ero stata così, ma quel ciclo esistenziale adesso doveva essersi definitivamente chiuso. Buffo però, come la scoperte della sfaccettata e complessa verità delle cose, ci riportasse al nostro più semplice e brado stato esistenziale, lo stesso mostro incontrollato che aveva appena colpito Demetri, il quale, impassibile e disteso come le più perfette, placide, fiere e spettacolari statue di granito, aveva inaspettatamente incassato senza nemmeno fiatare quel colpo pur per lui improvviso, nutrendosi avidamente solo di ciò che, con la vittoria fiammeggiante nei suoi occhi ferrei e beffardi, si ostinava soddisfatto a rimandarmi indietro in tutta la sua inesorabilità: la mia debolezza come donna. La mia arma più forte, lo scettro e la spada lucente con cui avevo assoggettato migliaia di genti, aveva dunque spostato la sua impugnatura al polo opposto al mio, minacciandomi ora con la sua punta letale. La mia forza era così la mia debolezza, ed io, che avevo creduto da sempre di essere immune a queste insulse e umane filosofie, lo avevo appena scoperto a caro prezzo, poiché sapevo bene che Demetri aspettava quel momento da sempre, il problema era che a me non era mai importato! Avevo agito sempre e solo per me stessa: la sua insoddisfazione o meno erano sempre state irrilevanti per me. Non concedergli piacere rientrava semplicemente nella mia adorata indole, o così avevo creduto fino a quel momento. Come potervi spiegare ciò che provai in quel preciso istante? Mi amavo troppo per disprezzarmi. Era più facile accusare Demetri, per me: era lui il problema, c’era lui nel mio sogno, c’era sempre e comunque lui! C’era sempre lui quando i miei piani andavano miseramente a rotoli, non importava se fosse lui il più abile o se fossi io a permetterglielo. Era già un problema il semplice e solo fatto che lui fosse un problema per me! Niente mi aveva mai ostacolato, e lui non era nessuno, NESSUNO PER ME! Un misto di qualcosa di simile, sebben inumanamente e impensabilmente più intensi, all’ira, il disappunto, la delusione, l’amara e violenta sorpresa, scalpitavano dentro di me come a volermi fare esplodere dall’interno. Tutto dentro la mia testa vorticava furiosamente, per poi annullarsi totalmente all’improvviso, con durezza estrema e spietata, lasciando spazio solo alla bestia che in quel momento ringhiava ancora contro il suo pericoloso nemico, la sua preda. E poi accadde. Mentre lentamente si avvicinava verso di me con passo nobile, leggero, gelido, arrogante ma pieno di forza, e la sua guancia, completamente da me sfigurata, rilevigava ogni suo lineamento come il più abile degli scultori celesti, vidi qualcosa che mai prima di allora avevo visto sulle quelle mani che, malgrado la loro famigerata suadenza, erano sempre state usate per l’omicidio, che erano sempre e solo state pronte e disumanamente infallibili a stroncare vite, ghermirle nel loro grembo freddo e senza coscienza o rimorsi. No, tutto questo sparì di colpo, con la stessa velocita con cui, ormai a un passo da me, Demetri aveva alzato la sua mano sul mio viso, sfiorandolo appena con la stessa inumana delicatezza che non si riserva nemmeno ad un fiore. V’era fascino, uno di quelli puri e quasi privi di perversione, v’era delicatezza, non semplice e fiera eleganza… v’era lo stesso velluto che prima avrei potuto vedere solo nell’ingannevole fattura della sua pelle perfetta e succulenta quasi più di quella di un mortale caldo e invitante, per me, sebbene non fosse la sete nella mia gola ad essere stuzzicata con impudenza. E poi v’era anche la stessa, solita, ma per me instancabile malizia, quella che spietatamente ammiccava al mio ego con totale, irresistibile, sfacciata e insopportabile crudeltà, come se avessi avuto la morte in persona che, innamorata di me, se ne stava a un millimetro dal mio naso, sul punto di toccare le mie labbra, guardandomi con il suo sguardo gelido, affilato, seducente e beffardo. Rimasi impietrita, del tutto impreparata ad una reazione simile. Sebbene fossi stata pronta a lottare, pur sapendo che in fondo mai e poi mai Demetri avrebbe distrutto l’oggetto dei suoi più fanatici desideri, ero sicura che non avrei ricevuto un’esternazione tanto esplicita di questi ultimi, seppur sempre satura del suo infinito, stupido, intrigante orgoglio. Incredibile quanto il ghiaccio possa bruciare fin dentro le vene…quanto possa tendere ogni fibra del tuo essere, fino a portarla all’istante prima di spezzarsi, e allo stesso tempo scioglierla in un oceano di fiamme imbizzarrite. Questo è quello che si prova, quando odio e amore si ritrovano avvinghiati nello stesso letto, quando Demetri fu sul punto di posare le sue labbra bramose sulle mie, trattenuto solo dallo stesso orgoglio che forse, avrebbe imbrigliato me per sempre. Quando i suoi occhi implacabili inchiodarono i miei, spalancati in un’espressione di gelido fervore, e intrappolandoli nella loro inesorabile espressione ipnotica e magnetica, non ebbi più nessun dubbio. In quelle iridi scarlatte e meravigliosamente empie, il mio sogno prese forma come argilla bagnata e seppi con certezza che anche lui sapeva, mentre il mio animo precipitava nel baratro del tormento, una tortura fino ad allora per me sconosciuta. Non sopportavo perdere! Non sopportavo non sapere cosa fare. Un vampiro sapeva sempre cosa fare! Io non potevo non sapere cosa fare! Ma…Cos’era realmente a non darmi pace? Il fatto che lui sapesse qualcosa che io non sapevo ancora, o il fatto che fossi io… a non volerla sapere?!!Il suo fiato fresco, regolare ma intrepido, mi scuoteva terribilmente. Il suo profumo forte ed esotico, il suo innaturale calore, il disumano contatto energicamente in bilico tra la concretezza e l’eterna negazione, mi avvolgevano, privandomi improvvisamente di ogni atteggiamento ostile o animalesco, permettendomi soltanto di fare l’unica cosa possibile e logica (forse illogica) in quel momento, l’unica che volevo: restare il più vicina possibile, o per meglio dire fin dove il mio orgoglio me lo permetteva, a quelle labbra sottili e perfettamente disegnate sotto gli zigomi ispidi e lisci. Ma mentre il suo sorriso mellifluo e sanguinario si mostrava a me in tutta la sua sfrontatezza, percepii in lui la cura alla mia improvvisa e mal controllata perdizione: LA SUA! Niente più della lussuria sfrenata e annientatrice che percepivo nelle mie vittime poteva restituirmi vigore, forza e godimento. Era il nettare della mia vanità e soprattutto era il nutrimento migliore per il mio potere! Forse saremmo andati avanti così in eterno, una lotta, una schermaglia senza esclusione di colpi, dove uno sopravaleva sull’altro continuamente, mentre passione, bramosia, orgoglio e odio si scambiavano profonde effusioni proibite. Non potei cancellare la rabbia, questo si, ma, alle sue intollerabili parole, pronunciate sfacciatamente con la voce di uno splendido e intrigante angelo dell’inferno che sussurra al vento, riuscii comunque a scatenare il mio potere, la sfera ammaliante a cui nemmeno Aro era del tutto immune, preda dei miei sentimenti, ma ancora padrona della mia vanità.

Non temo la morte, non l’ho temuta il giorno in cui le fiamme degli eretici erano destinate a divorarmi e non lo farò adesso. No, mio caro, non è di morire che ho paura. Ho solo paura di farlo prima di aver raggiunto ogni mio più capriccioso scopo, scopi che, guarda caso, sei proprio tu a sviare continuamente… è solo per questo che non ti ho colpito prima d’ora…

Iniziai ringhiando tra i denti e con le labbra morbidamente ma energicamente sporte in avanti a minacciare quelle ormai toccate di lui. Poi improvvisamente, come per lui, la mia voce si fece melliflua, velenosa e seducente, piena di sarcasmo, sprezzo, superbia, ma infinito fascino. I miei occhi si acuirono sorridendo maligni insieme alle mia labbra che, accompagnate dal naso, carezzavano ogni lineamento del viso del segugio con tocco leggero ma terribilmente prorompente, intrigante. Gustandomi con rabbia e desiderio quel contatto, unico, irripetibile e quasi disorientante, socchiusi gli occhi, lasciando che il mio respiro melodico e provocante riecheggiasse nelle sue orecchie per stordirlo e ipnotizzarlo, insieme alle mie parole sussurrate con la tipica sensualità e pacatezza della più spietata delle crudeltà.

…o forse…chi lo sa…forse sapevo che, proprio come volevasi dimostrare, non ci sarebbe stato nessun gusto a sfigurarti, perchè la tua patetica predilezione per me ti avrebbe tenuto al guinzaglio proprio come un “segugio” fedele ubbidiente. Faccio quest’effetto agli uomini, si sa…e tu non sei un’eccezione, purtroppo per te! No, non sono una sciocca, anzi, come vedi ci ho riflettuto parecchio.

Lasciai che la furia vendicativa che mi bruciava ancora dentro riprendesse il sopravvento, decidendomi a divorare quello sguardo malefico e gelido con il fuoco del mio. Così, concluso il viaggio del mio viso sul suo, scontrai nuovamente il suo naso col mio, sibilai mostruosamente tra i denti

Per 500 anni hai penzolato dalle mie labbra come il cadavere flaccido di un condannato alla forca… solo uno sciocco presuntuoso quale tu sei penserebbe che le cose possano cambiare adesso. Non avrai anche quest’altra soddisfazione da me, non sazierò ne le tue speranze ingorde, ne il tuo ego altrettanto insaziabile e viscido. Non posso farlo, ma soprattutto, a dispetto di quanto la tua insulsa presunzione fantastichi, non voglio! Poiché il mio più grande godimento, Demetri, sta nel negarti continuamente il piacere! E così sarà sempre…a costo di doverlo negare a me stessa…per l’eternità…

Il mio tono divenne amaramente ironico, inauditamente duro e impudente…crudo, insensibile…esattamente come lo era stato 5 secoli prima, accanto alla fontana di quel giardino dove, per la prima volta, avevo deciso di rivolgergli la parola che, senza nessun tipo di indugio e senza usufruire di nessun gioco di frasi ben composte, lo aveva minacciato.

Dunque ora non fatelo, MyLord Demetri….non fatelo mio caro… non fatelo… provateci…. Se davvero son’io a volervi più di quanto voi desiderate me ora… non fatelo…

Iniziai simulando sarcastica lo stesso linguaggio e atteggiamento che solevamo usare a quei tempi ormai lontani e antiquati, sebbene più beffardo e minaccioso. Poi, quasi non volessero fare altro, le mie mani diedero libero sfogo sia all’odio, sia alla rabbia, sia al desiderio, mischiandoli in una miscela pericolosa e riversandola addosso a lui. Si poggiarono sicure e sensuali sul suo petto spingendolo di nuovo contro il parapetto mentre la mia andatura si faceva sempre più sinuosa, provocante ma ostile, innaturalmente armoniosa e leggiadra. Quando il cornicione ci impedì di andare oltre, sorrisi maliziosa ostentando tutto il mio irresistibile fascino, la mia sensualità, il mio disprezzo e… anche l’infinita brama che ormai non potevo più negare. Non mi allontanai dal suo volto per un solo istante, non me lo concessi, dandomi solo il permesso di andare oltre, oltre il confine che separava le mie labbra dalle sue. Le sfiorai, ancora, ancora e ancora, assaporandone la morbida durezza e il profumo sottile e selvaggio, il contatto reale ma incompiuto, teso e fermo nel suo immediato realizzarsi, mentre tutto di noi ribolliva nel sangue e nel ghiaccio.

Si, non baciarmi, Demetri. Su…! Non baciarmi ora! E aspetta in eterno questa bocca che, stanotte, poteva essere tua!

Cosa avessi desiderato di più non saprei dirvelo. Lo volevo… vivo o morto non aveva importanza, purchè potessi godere di un solo semplice contatto con la sua carne marmorea e tiepida, con il suo essere. Desideravo quello più di ogni altra cosa. Ogni altro capriccio o limite era svanito nel mio stesso, inaspettato, impossibile desiderio.


La speranza è l’ultima a morire, ma è per questo che nessuno sopravvive alla sua venuta!

Edited by †Heidi~ - 6/12/2010, 11:16
 
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Demetri

L'amore trasforma il tempo e lo rende relativo, semplice e fugace, ai più esso, in verità, appare come un'enorme sfera, lungo la cui superficie è facile perdersi ed allo stesso tempo facile ritrovare casa[..]

Cosa apparve nella mia mente in quegli istanti idilliaci? La forza di aver vinto mi stava schiacciando l'anima, a tal punto che forse non sarebbe bastato nemmeno quel futuro atto d'amore, quel bacio, che di li a breve sembravamo destinati a scambiarci con violenza, la stessa con cui la vita ci aveva sempre trattati. La stessa che agognavamo segretamente in noi stessi.

Era chiaro , almeno a me, che Heidi non avrebbe chiesto altro che quel bacio, quella violenza, la stessa con cui mi ringhiava, toccando le mie labbra leggermente con le sue, il suo alito già era nel mio confondendolo e mi regalava una gioia incredibile.
Mi rendeva finalmente felice, di li a poco avrei soddisfatto la mia più grande necessità, forse addirittura sarei andato oltre quel semplice bacio.

Le sue parole aggressive e menefreghiste non facevano altro che aumentare la mia voglia di appoggiare le mie labbra sulle sue.
Appoggiò le mani contro il mio petto e lentamente mi spinse fino a portarmi appoggiato con la schiena contro il parapetto, oltre il quale sarei caduto nel vuoto.
I nostri occhi stavolta avevano la stessa espressione, lei pensava di ingannare con le parole ciò che io , leggendo i suoi pensieri, capivo semplicemente dai suoi occhi.
La sua voglia selvaggia si mescolava con la mia creando un intreccio vero e reale di coscienza e di influssi metafisici.
L'anima non era semplicemente una fantasia dell'uomo, essa era reale e nasceva come pura nel neonato, per poi essere sporcata in vita e rilavata, la nostra però era perennemente nera.
Anime di questo genere non possono che amarsi scontrandosi tra loro, attraverso la violenza e la perversione, in un certo senso questo tipo d'amore sosta prima nella stazione dell'odio e vi resta per molto tempo, poi il treno riparte inesorabile ed attraversa le gallerie dell'amore.

Non avrei mai potuto dire che non fosse vero .
Che quel tocco mi facesse diventare matto, che perfino la mia calma mentale potesse venire meno, che addirittura lei potesse leggere il desiderio nei miei occhi sanguinari .
Ormai mi stavo arricchendo di quei momenti, assimilando più le sensazioni e le emozioni che la verità dei gesti in se per se.
Dovetti ammettere a me stesso che in quel momento mi sentiì vivo e che il mio piacere mentale era salito alle stelle. Per la prima volta dopo la mia trasformazione risentivo , ovviamente soltanto nel mio animo e nella mia mente, il cuore, che come riattivatosi dal sonno eterno, ribatteva nel petto.
Era come se in quell'istante mi fossi convinto che un vampiro potesse avere emozioni, potesse addirittura provarne di nuove rispetto a quelle che da mortale avevano animato il suo petto.
Probabilmente era follia la mia ma se non fossi stato folle non sarei mai salito sul tetto quella notte, se non fossi stato folle non mi sarei spinto tanto lontano dalla realtà di me stesso allontanandomi dalla mia dimenzione e dalla veridicità e coerenza dei miei pensieri.

Ormai le nostre labbra si toccavano , ma non eravamo ancora sfociati nel bacio vero e proprio.
Ogni volta che muoveva le labbra per parlare toccava le mie che si muovevano con le sue, il bacio era già cominciato e nemmeno lo sapevamo, emulavo le sue parole con le labbra seguendo quelle di lei che, poi, fece lo stesso seguendo le mie quando parlaì io.

Non me la dai a bere nera anima d'una donna.

Le mie mani strinsero i suoi fianchi avvicinando possentemente il suo corpo al mio, i nostri occhi parlavano delle nostre voglie senza che il corpo dovesse dimostrare altro.
Poi le mie labbra si aprirono leggermente, e le sue seguirono le mie, per poi richiudersi facendo schioccare quel leggero suono di labbra bagnate che si toccano, il suono più bello ed irriconoscibile del mondo.
Ormaì trattenevamo semplicemente i nostri istinti , prolungando l'attesa cresceva la voglia e lo leggevo nei suoi occhi che se non l'avessi baciata adesso sarebbe potuta morire e, lo ammetto, stessa fine avrei fatto io .

Hai solo paura, stupida donna. Paura che , siccome non hai mai trovato uomini veri, che adesso io ti tratti da donna vera quale sei, Lussuria.

Addirittura così la andaì definendo , con il nome dell'aggettivo che più la contraddistingueva da tutte.
Dicevo ciò che pensavo, Heidi riteneva che tutti gli uomini fossero a lei inferiori poichè da lei attratti e succubi senza che nessuno fosse in grado di attrarre lei.
Era proprio questo quello di cui lei aveva più profondo terrore: innamorarsi di qualcuno. Provare ciò che tutti provavano per lei, aveva paura di desiderare nella stessa misura.
Suo malgrado aveva incontrato , 500 anni fà, chi era riuscita ad attirarla subito, qualcuno che riuscisse ad eguagliare , sostenere ed anche, in rari casi però , va sottolineato, il suo stesso ego.

Aprì ancora le labbra e le chiusi leggermente, lei mi seguì ancora un altro suono scaturì dalle nostre secche labbra che si incontrarono.

Più di tutto hai terrore di aver trovato un uomo a te pari, capace di tenerti testa. L'hai trovato , donna, ora fa silezio e goditi questo momento , goditi questi baci e goditi questa violenza che già da troppo tempo desideri.

La mia voce manteneva lo stesso tono in ogni frase, solo nell'ultima lascia', volontariarmente, trasparire il mio più profondo desiderio di lei.
Ormai le nostre personalità si desideravano talmente tanto che non si poteva più arginare il fenomeno, doveva per forza trovare un riscontro fisico, nel bacio e nel tocco violento e forzuto.

Sentivo i suoi seni quasi scoperti contro il mio petto, ero convinto che se fossimo stati ancora umani i nostri respiri sarebbero stati affannosi e la nostra voglia sarebbe stata infinita e palpabile.
Da vampiri tutto ciò avveniva ad un livello superiore della mente che andava al di là del semplice tocco fisico, così si amano gli dei.

Le mie labbra si aprirono definitivamente appoggiandosi con violenza alle sue, le nostre teste si spingevano l'una contro l'altra e le nostre bocche, vogliose e voraci, mangiatrici e divoratrici di sangue e carne umana, si aprirono permenttendo alle nostre armi, forse tra le più potenti, di passare ed incontrarsi.
Quelle armi della dialettica , della provocazione, dell'odio esplicato, della malignità in persona, erano le nostre , affilate e morbide , allo stesso tempo e modo, lingue.
Ora si sfidavano in un duello infinito, un vortice che comprendeva una passione ed una violenza mai viste.
Adesso entrambi ci saremmo sentiti vivi, liberi da quella pelle morta e da quegli organi ormai fermi da secoli, ci saremmo elevati al di sopra di noi stessi per raggiungere addirittura una sorta di orgasmo spirituale.
Placare la nostra unica, vera , necessità comune ci avrebbe resi per sempre consapevoli di noi stessi.

Un istante dopo portaì le mani sui suoi glutei e l'avvicinaì ancora di più a me, con la violenza fisica che tanto desiderava e che desideravo io, quasi a farla salire addosso a me, quasi a farla mia in quell'istante.
Dovevo ammettere a me stesso un'altra sconfitta: se ne avessi avuto l'occasione l'avrei fatta mia quella stessa notte.

Il momento in cui due autocoscienze diventano consapevoli di se è il momento dello scontro, non della amore.
 
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†Heidi~
view post Posted on 9/12/2010, 03:25




Heidi

Sapevo che non se ne sarebbe andato ( io non me ne sarei mai andata), sepevo, sentivo nella sua carne, inscalfibile e perfetta, contro la mia, che solo io potevo riportarlo alla vita, al vero vigore, il quale impudente riflesso che lui, illundendosi, spacciava per vero ogni giorno della sua vita, in confronto era solo mera, appannata, insulsa, distorta irrealtà, e lo desiderava, lo sapeva anche lui, così come sapeva che non poteva nascondersi a me... che io, e dovetti riconoscerlo una volta per tutte, non potevo nascondermi a lui...non quella notte, non in quel mistico e spietato momento in cui ogni nostra vittoria, ogni nostra superba lotta a parità d'orgoglio e malvagità che avevamo intrapreso per quasi 5 secoli, si era tramutata in un'insopportabile, sublime sconfitta, lasciando di quell'antico, indifferente e astioso sprezzo, solo l'inconcludente scia di una maschera. Ma non era mai stata altro. La verità era che non eravamo mai stati fatti per ammettere quanto in realtà fossimo deboli, ed il nostro più ingegnoso e malvagio modo di nascondercelo, non era altro che la via più diretta e palese per dimostrarcelo. Eppure mai come allora fummo tanto espliciti. Per la prima volta fummo sicuri e consapevoli di poterci sentire a vicenda, mentre la consolazione data da ciò che sapevamo sentire l'uno per l'altra, diventava vittoria e risprofondava quindi nell'incontinenza, e di conseguenza nella debolezza delle nostre più disdicevoli, ultraterrene, voglie. Ancora orgoglio, ancora guerra. Ma non era forse quel male che mi aveva spinto ad amarlo da sempre? Non era forse quello stesso male ad averlo reso schiavo della mia anima? Se mai gliene fosse rimasta una, l'aveva venduta a me cinquecento anni fa, ed io, forse in modo ancor più incosapevole e sciocco, gli avevo ceduto la mia! Dov'era lo sbaglio? Dov'era la via d'uscita? Sentivo il suo desiderio, alimentato dalle mie provocazioni, spingerlo fino alla follia: quel flusso indefinito e inarrestabile scorreva sotto la sua pelle impenetrabile, sotto quei suoi gelidi muscoli metallici e ora tesi, per poi riversarsi in me con una naturalezza e violenza sconvolgenti nel loro assordante silenzio. La sua follia diveniva così anche il mio indomabile, ardente tormento, fatto di pura brama, desiderio, passione, primordiali istinti impronunciabili e umanamente incompresibili per la loro empietà; quello stesso tormento che non mi permise nemmeno per un istante di allontanarmi dalle sue labbra sfilate e morbide ogni qual volta parlassi o decidesse di muoverle per parlarmi, mischiando il suo respiro afrodisiaco al mio, o anche solo per dar sfrontato sfoggio di quella che per me, almeno in quel momento, era diventata l'unica mia fonte di sostentamento: la sua indomabile, dorata sensualità. Le mie labbra seguivano quei due sottili e scolpiti lembi di pelle come se questi le avessero imbrigliate con dei fili invisibili, costringedole a muoversi come marionette ipnotizzate e sedate da un piacere indescrivibile.
Tutto era iniziato, ma il tempo, infatti, si era fermato, rendendo ogni cosa tesa, malleabile e senza consistenza, eccezion fatta per noi due e l'oscuro, fatale, magnetico legame che ci teneva avvinghiati e inconciliabilmente ancora divisi in quell'istante. Stando così le cose, tutto era talmente lento da sembrare incompiuto, lascinadoci però l'infinito, impalpabile e disarmante piacere di assaporare ogni singolo attimo di vuoto che veniva lasciato da ognuno di quegli inaspettati, incompleti baci involontari, semoventi, irriflessi, istintivi, inconsci, inevitabili! Ad ogni rapido ma deciso tocco, le sue labbra gelide potevano ardermi viva, mentre il limpido e virile sussurro letale e ipnotico delle sue parole sciagurate congelava il mio animo per poi riscuoterlo fino a farlo esplodere per la rabbia, la quale a sua volta mutava subito in quel desiderio senza freni che forse mai in vita mia avevo provato, quello che da sempre sapevo che solo lui sarebbe stato in grado di scatenare dentro di me. E mentre lui gioiva di una perversa eppure sincera e pura, incredibile, felicità, io morivo e rinascevo nello stesso istante, incapace di definire ciò che provassi se non il quanto: sconfinato! Irrinunciabile! Ormai non lo vedevo più, nemmeno i miei occhi lungimiranti sarebbero stati abbastanza adatti e completi per poter carpire ciò che solo la nostra mente e la nostra carne potevano ghermire, poichè era con tutti i miei sensi conosciuti e sconosciuti che in quel momento lo stavo amando.
Non avevo paura, no! Ma se l'averlo aspettato, ripudiandolo, per tanto tempo era stato il mio timore, era bellissimo! Non avevo amato per vanità ed egoismo, non avevo amato perchè non c'era nessuno da amare, non avevo amato perchè volevo amare lui, perchè volevo che solo lui mi amasse! Si sbagliava, non avevo paura di amarlo, avevo solo avuto paura, per 500 anni, di ammettere che fosse così! Quella nuova verità mi annientò, mi liberò e mi eccitò ancor prima del tocco improvviso e indescrivibilmente abile delle sue mani, affusolate ma secolari di sapere e "amore", sui miei fianchi, i miei glutei. Mi reclamavano, portandomi violentemente incollata ad ogni centimetro di quel corpo divino, come il trofeo di guerra più ambito e combattuto... o, forse, come la dea più temuta e contemplata con assoluta e quasi timorata fedeltà e ammirazione. Era sconvolgente come quel tocco fosse tanto animalesco eppure allo stesso tempo tanto incontaminato e fiero! Impazzì, persi il controllo come mai prima. L'attesa secolare che aveva reso tutto più perversamente nero persino e sopratutto in quegli ultimi istanti, perse la sua importanza: come lui, ed era inutile che lo negasse come inutile sarebbe stato se lo avessi fatto io, sarei morta per un solo bacio...e lui avrebbe rivoltato l'inferno per farmi completamente sua! Glielo avrei lasciato fare. Colta quasi di sorpresa, ma non impaziente per altro...glielo lasciai fare! Non sarei mai rimasta preda e prigioniera passiva dei suoi istinti...glielo lasciai fare: lasciai che quel bacio giungesse in tutta la sua disumana violenza, quella violenza che lui fremeva per darmi e che io desideravo con tutta me stessa. Le sue labbra si aprirono ingoiando le mie, le quali lottavano valorose, spietate, sensuali e incontrastabili contro le loro amate avversarie. Mi feci prepotentemente spazio con la lingua, assaporando sconvolta ma fuori di me la morbidezza dalla superfice rivida e tiepida della sua, esperta, elegante, selvaggia, impavida e tiranna come l'uomo a cui apparteneva. Sapeva di luoghi lontani e misteriosi, sapeva maledettamente di lui e questo portava il mio spirito ai confini con un orgasmo che nessun umano sarebbe in grado di carpire o sostenere, poichè aldifuori di ogni fisicità o spiritualità. Le mie labbra si scatenarono completamente, mostrando la loro intera natura letale da predatrici: mordevo così forte quella bocca meravigliosa e sfrontata da poter sentire lievi e acutissimi scricchiolii strindenti vibrare nelle mie orecchie e sgretolarsi per poi ricomporsi ciclicamente sotto le mie stesse labbra. Avrei potuto divorarlo, forse lo avrei fatto: sete di sangue e desiderio erano ormai una cosa sola, così come la pelle dei nostri corpi gelidi e adamantini, contatto che Demetri non perdeva occasione per rendere sempre più inesorabile e brutalmente, sensualmente inscindibile.
Ormai al limite del contegno, afferai i suoi capelli corti e vellutati, godendo di tanta profumanta mobidezza e stringendoli così forte tra le mie dita che avrei quasi potuto strapparglieli. Fu costretto, o molto più probabilmente si lasciò ben volentieri costringere, a reclinare il capo all'indietro, mentre i miei occhi fiammeggianti di foga e superbia, e le mie labbra spalancate in un disumano ringio ostile ma estatico, gli ricordavano che nessuno poteva sottomettermi e darmi ordini, nemmeno lui, l'unico in grado di darmi piacere se lo avesse fatto.

Io ho perso, Demetri...ma tu, stanotte, hai perso con me, e meno di me tu sei abituato a perdere. Tu lo sai ed è proprio questo ciò che non ti salverà, mostro dall'animo ancor più nero e insanguinato del mio!. . Parli a me di paura...tu che hai impiegato metà della tua eternità per prendermi...oh no, bestia assassina e impudente...hai fatto il mio stesso gioco: mi hai rinnegata, e ancora adesso cerchi disperato di soggiogare me e la mia voglia di te per nascondore il tuo di desiderio con quel maledetto orgoglio...e se io ho perso, tu hai perso insieme a me. Ti sei perso dentro di me! Ma non è lì che devi cercarmi: vago dentro di te da secoli...

dissi ghignando con rabbiosa sensualità accarezzandomi il labbro superiore con la lingua, mentre la mia espressione estasiata si mischiava ad una smorfia di disperato piacere. Scattai verso di lui furiosa e arresa, avvinghiandomi contro il suo bacino, la coscia destra alta quasi al livello della sua spalla sinistra. Risoluta e furente, portai la sua mano sinistra su quella stessa coscia con un colpo secco e perverso. Strinsi quella mano sotto la mia, affinchè essa esercitasse la stessa tremenda pressione sulla mia pelle. A quel tocco schiocchai la lingua socchiudendo gli occhi, assaporando quel contatto e quel gesto tanto proibiti ed eccitanti. Poi ritornai spedita a un millimetro dalle sue labbra, costringedole nuovamente a seguire le mie finchè non avessi deciso di donargliele ancora, dopo la lieve ma "insopportabile" tortura a cui le costrinsi mordendole energicamente ai loro confini, sospirando bramosa sopra di esse.

Stanotte mi hai presa... ma sei tu ad essere mio! Da sempre e per sempre! Arrenditi... Non c'è niente adesso, nemmeno il tuo potere, che possa salvarti! Che io sia dannata insieme a te, Demetri!

Afferrai i lembi della sua pesantissima veste di lana grigia squarciandoli come carta in meno di un secondo, assecondai l'infido e spudorato invito fatto dalle sue mani e il suo bacino e, rapida, leggera, sinuosa ma brutale come una pantera, mi avvinghiai completamente addosso a lui, su di lui, sul suo torace ora nudo e scoperto sul mio. Ridussi in brandelli anche la mia vestaglia di seta, non ricordo nemmeno quando, in quanto e come. L'unica cosa che sentivo era l'unica che avesse importanza: Lui, la sua pelle dura e liscia, il suo profumo innaturalmente esotico, le sue labbra intrappolate dentro le mie, il suo corpo statuario che costringevo sempre più ad unirsi al mio, quel contatto perfetto e insostenibilmente stupendo. Ogni centimetro di lui tra le mie mani, le mie labbra fameliche e spietate che non conoscevano resistenze altrui. Fuoco e ghiaccio, odio e amore, passione e risentimento, inferno e paradiso, irrealtà. Semplicemente, e terribilmente Heidi e Demetri.


Dimmi come potrei mai respirare senza aria

Se io dovessi morire prima di svegliarmi
E' perché tu mi hai lasciato senza fiato
Perderti è come vivere in un mondo senza aria.

Sono qui da solo, non volevo andarmene
Il mio cuore non si muoverà, è incompleto
Vorrei ci fosse un modo per farti capire...

Ma in qualche modo sono ancora vivo dentro
Mi hai tolto il fiato, ma sono sopravvissuto
Non so come, e non mi interessa nemmeno

Ma come ti aspetti che io viva
Solo con me stesso
Perché il mio mondo si evolve attorno a te
E' così difficile per me respirare
 
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view post Posted on 13/12/2010, 01:58
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Ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini.

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Edited by sperminetor1991 - 13/12/2010, 02:15
 
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