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Impossible Dreams, privata - x Demetri (e Jane??)

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†Heidi~
view post Posted on 6/12/2010, 04:28 by: †Heidi~




Molti vampiri, e quasi tutti gli esseri umani, credono nella loro inetta ignoranza, che essere come noi significhi essere freddi, vuoti e morti persino nell’anima, perfetti anche nel controllo delle emozioni. Ma è proprio la perfezione della nostra percezione, l’immensità dei nostri poteri, della nostra mente e dei nostri sensi, a renderci ancor più vittime dei nostri sentimenti. Seppur lontani dalla vita, nessuno sente come sentiamo noi, nessuno ama come amiamo noi, nessuno sarebbe in grado di contenere così tanta vita dentro di sé. E' proprio questa l'ironia della nostra natura. E poi siamo bestie, animali prede dei propri istinti primordiali, tanto disumani da non poter essere contrastati da nulla al mondo. L’autocontrollo, l’insensibilità nel più ampio senso del termine, sono proprio in fondo alla lista delle nostre peculiarità. L’avere una mente sconfinata e infallibile, non implica l’assenza di sentimenti, anzi, la sua infinità ne facilita un contenuto sempre più ampio e vasto, come se non bastasse esaminato e percepito da quella stessa inumana impeccabilità: fino all’ultimo dei suoi più reconditi significati. Il risultato è un tormentato crogiolio sull’intera esistenza e natura delle cose. Non per nulla molti di noi spesso impazziscono. La superficialità, è solo la spavalda, placida personalità che ci appartiene e che ostentiamo ignari solo nel corso dei primi fiorenti anni della nostra esistenza. Anch’io ero stata così, ma quel ciclo esistenziale adesso doveva essersi definitivamente chiuso. Buffo però, come la scoperte della sfaccettata e complessa verità delle cose, ci riportasse al nostro più semplice e brado stato esistenziale, lo stesso mostro incontrollato che aveva appena colpito Demetri, il quale, impassibile e disteso come le più perfette, placide, fiere e spettacolari statue di granito, aveva inaspettatamente incassato senza nemmeno fiatare quel colpo pur per lui improvviso, nutrendosi avidamente solo di ciò che, con la vittoria fiammeggiante nei suoi occhi ferrei e beffardi, si ostinava soddisfatto a rimandarmi indietro in tutta la sua inesorabilità: la mia debolezza come donna. La mia arma più forte, lo scettro e la spada lucente con cui avevo assoggettato migliaia di genti, aveva dunque spostato la sua impugnatura al polo opposto al mio, minacciandomi ora con la sua punta letale. La mia forza era così la mia debolezza, ed io, che avevo creduto da sempre di essere immune a queste insulse e umane filosofie, lo avevo appena scoperto a caro prezzo, poiché sapevo bene che Demetri aspettava quel momento da sempre, il problema era che a me non era mai importato! Avevo agito sempre e solo per me stessa: la sua insoddisfazione o meno erano sempre state irrilevanti per me. Non concedergli piacere rientrava semplicemente nella mia adorata indole, o così avevo creduto fino a quel momento. Come potervi spiegare ciò che provai in quel preciso istante? Mi amavo troppo per disprezzarmi. Era più facile accusare Demetri, per me: era lui il problema, c’era lui nel mio sogno, c’era sempre e comunque lui! C’era sempre lui quando i miei piani andavano miseramente a rotoli, non importava se fosse lui il più abile o se fossi io a permetterglielo. Era già un problema il semplice e solo fatto che lui fosse un problema per me! Niente mi aveva mai ostacolato, e lui non era nessuno, NESSUNO PER ME! Un misto di qualcosa di simile, sebben inumanamente e impensabilmente più intensi, all’ira, il disappunto, la delusione, l’amara e violenta sorpresa, scalpitavano dentro di me come a volermi fare esplodere dall’interno. Tutto dentro la mia testa vorticava furiosamente, per poi annullarsi totalmente all’improvviso, con durezza estrema e spietata, lasciando spazio solo alla bestia che in quel momento ringhiava ancora contro il suo pericoloso nemico, la sua preda. E poi accadde. Mentre lentamente si avvicinava verso di me con passo nobile, leggero, gelido, arrogante ma pieno di forza, e la sua guancia, completamente da me sfigurata, rilevigava ogni suo lineamento come il più abile degli scultori celesti, vidi qualcosa che mai prima di allora avevo visto sulle quelle mani che, malgrado la loro famigerata suadenza, erano sempre state usate per l’omicidio, che erano sempre e solo state pronte e disumanamente infallibili a stroncare vite, ghermirle nel loro grembo freddo e senza coscienza o rimorsi. No, tutto questo sparì di colpo, con la stessa velocita con cui, ormai a un passo da me, Demetri aveva alzato la sua mano sul mio viso, sfiorandolo appena con la stessa inumana delicatezza che non si riserva nemmeno ad un fiore. V’era fascino, uno di quelli puri e quasi privi di perversione, v’era delicatezza, non semplice e fiera eleganza… v’era lo stesso velluto che prima avrei potuto vedere solo nell’ingannevole fattura della sua pelle perfetta e succulenta quasi più di quella di un mortale caldo e invitante, per me, sebbene non fosse la sete nella mia gola ad essere stuzzicata con impudenza. E poi v’era anche la stessa, solita, ma per me instancabile malizia, quella che spietatamente ammiccava al mio ego con totale, irresistibile, sfacciata e insopportabile crudeltà, come se avessi avuto la morte in persona che, innamorata di me, se ne stava a un millimetro dal mio naso, sul punto di toccare le mie labbra, guardandomi con il suo sguardo gelido, affilato, seducente e beffardo. Rimasi impietrita, del tutto impreparata ad una reazione simile. Sebbene fossi stata pronta a lottare, pur sapendo che in fondo mai e poi mai Demetri avrebbe distrutto l’oggetto dei suoi più fanatici desideri, ero sicura che non avrei ricevuto un’esternazione tanto esplicita di questi ultimi, seppur sempre satura del suo infinito, stupido, intrigante orgoglio. Incredibile quanto il ghiaccio possa bruciare fin dentro le vene…quanto possa tendere ogni fibra del tuo essere, fino a portarla all’istante prima di spezzarsi, e allo stesso tempo scioglierla in un oceano di fiamme imbizzarrite. Questo è quello che si prova, quando odio e amore si ritrovano avvinghiati nello stesso letto, quando Demetri fu sul punto di posare le sue labbra bramose sulle mie, trattenuto solo dallo stesso orgoglio che forse, avrebbe imbrigliato me per sempre. Quando i suoi occhi implacabili inchiodarono i miei, spalancati in un’espressione di gelido fervore, e intrappolandoli nella loro inesorabile espressione ipnotica e magnetica, non ebbi più nessun dubbio. In quelle iridi scarlatte e meravigliosamente empie, il mio sogno prese forma come argilla bagnata e seppi con certezza che anche lui sapeva, mentre il mio animo precipitava nel baratro del tormento, una tortura fino ad allora per me sconosciuta. Non sopportavo perdere! Non sopportavo non sapere cosa fare. Un vampiro sapeva sempre cosa fare! Io non potevo non sapere cosa fare! Ma…Cos’era realmente a non darmi pace? Il fatto che lui sapesse qualcosa che io non sapevo ancora, o il fatto che fossi io… a non volerla sapere?!!Il suo fiato fresco, regolare ma intrepido, mi scuoteva terribilmente. Il suo profumo forte ed esotico, il suo innaturale calore, il disumano contatto energicamente in bilico tra la concretezza e l’eterna negazione, mi avvolgevano, privandomi improvvisamente di ogni atteggiamento ostile o animalesco, permettendomi soltanto di fare l’unica cosa possibile e logica (forse illogica) in quel momento, l’unica che volevo: restare il più vicina possibile, o per meglio dire fin dove il mio orgoglio me lo permetteva, a quelle labbra sottili e perfettamente disegnate sotto gli zigomi ispidi e lisci. Ma mentre il suo sorriso mellifluo e sanguinario si mostrava a me in tutta la sua sfrontatezza, percepii in lui la cura alla mia improvvisa e mal controllata perdizione: LA SUA! Niente più della lussuria sfrenata e annientatrice che percepivo nelle mie vittime poteva restituirmi vigore, forza e godimento. Era il nettare della mia vanità e soprattutto era il nutrimento migliore per il mio potere! Forse saremmo andati avanti così in eterno, una lotta, una schermaglia senza esclusione di colpi, dove uno sopravaleva sull’altro continuamente, mentre passione, bramosia, orgoglio e odio si scambiavano profonde effusioni proibite. Non potei cancellare la rabbia, questo si, ma, alle sue intollerabili parole, pronunciate sfacciatamente con la voce di uno splendido e intrigante angelo dell’inferno che sussurra al vento, riuscii comunque a scatenare il mio potere, la sfera ammaliante a cui nemmeno Aro era del tutto immune, preda dei miei sentimenti, ma ancora padrona della mia vanità.

Non temo la morte, non l’ho temuta il giorno in cui le fiamme degli eretici erano destinate a divorarmi e non lo farò adesso. No, mio caro, non è di morire che ho paura. Ho solo paura di farlo prima di aver raggiunto ogni mio più capriccioso scopo, scopi che, guarda caso, sei proprio tu a sviare continuamente… è solo per questo che non ti ho colpito prima d’ora…

Iniziai ringhiando tra i denti e con le labbra morbidamente ma energicamente sporte in avanti a minacciare quelle ormai toccate di lui. Poi improvvisamente, come per lui, la mia voce si fece melliflua, velenosa e seducente, piena di sarcasmo, sprezzo, superbia, ma infinito fascino. I miei occhi si acuirono sorridendo maligni insieme alle mia labbra che, accompagnate dal naso, carezzavano ogni lineamento del viso del segugio con tocco leggero ma terribilmente prorompente, intrigante. Gustandomi con rabbia e desiderio quel contatto, unico, irripetibile e quasi disorientante, socchiusi gli occhi, lasciando che il mio respiro melodico e provocante riecheggiasse nelle sue orecchie per stordirlo e ipnotizzarlo, insieme alle mie parole sussurrate con la tipica sensualità e pacatezza della più spietata delle crudeltà.

…o forse…chi lo sa…forse sapevo che, proprio come volevasi dimostrare, non ci sarebbe stato nessun gusto a sfigurarti, perchè la tua patetica predilezione per me ti avrebbe tenuto al guinzaglio proprio come un “segugio” fedele ubbidiente. Faccio quest’effetto agli uomini, si sa…e tu non sei un’eccezione, purtroppo per te! No, non sono una sciocca, anzi, come vedi ci ho riflettuto parecchio.

Lasciai che la furia vendicativa che mi bruciava ancora dentro riprendesse il sopravvento, decidendomi a divorare quello sguardo malefico e gelido con il fuoco del mio. Così, concluso il viaggio del mio viso sul suo, scontrai nuovamente il suo naso col mio, sibilai mostruosamente tra i denti

Per 500 anni hai penzolato dalle mie labbra come il cadavere flaccido di un condannato alla forca… solo uno sciocco presuntuoso quale tu sei penserebbe che le cose possano cambiare adesso. Non avrai anche quest’altra soddisfazione da me, non sazierò ne le tue speranze ingorde, ne il tuo ego altrettanto insaziabile e viscido. Non posso farlo, ma soprattutto, a dispetto di quanto la tua insulsa presunzione fantastichi, non voglio! Poiché il mio più grande godimento, Demetri, sta nel negarti continuamente il piacere! E così sarà sempre…a costo di doverlo negare a me stessa…per l’eternità…

Il mio tono divenne amaramente ironico, inauditamente duro e impudente…crudo, insensibile…esattamente come lo era stato 5 secoli prima, accanto alla fontana di quel giardino dove, per la prima volta, avevo deciso di rivolgergli la parola che, senza nessun tipo di indugio e senza usufruire di nessun gioco di frasi ben composte, lo aveva minacciato.

Dunque ora non fatelo, MyLord Demetri….non fatelo mio caro… non fatelo… provateci…. Se davvero son’io a volervi più di quanto voi desiderate me ora… non fatelo…

Iniziai simulando sarcastica lo stesso linguaggio e atteggiamento che solevamo usare a quei tempi ormai lontani e antiquati, sebbene più beffardo e minaccioso. Poi, quasi non volessero fare altro, le mie mani diedero libero sfogo sia all’odio, sia alla rabbia, sia al desiderio, mischiandoli in una miscela pericolosa e riversandola addosso a lui. Si poggiarono sicure e sensuali sul suo petto spingendolo di nuovo contro il parapetto mentre la mia andatura si faceva sempre più sinuosa, provocante ma ostile, innaturalmente armoniosa e leggiadra. Quando il cornicione ci impedì di andare oltre, sorrisi maliziosa ostentando tutto il mio irresistibile fascino, la mia sensualità, il mio disprezzo e… anche l’infinita brama che ormai non potevo più negare. Non mi allontanai dal suo volto per un solo istante, non me lo concessi, dandomi solo il permesso di andare oltre, oltre il confine che separava le mie labbra dalle sue. Le sfiorai, ancora, ancora e ancora, assaporandone la morbida durezza e il profumo sottile e selvaggio, il contatto reale ma incompiuto, teso e fermo nel suo immediato realizzarsi, mentre tutto di noi ribolliva nel sangue e nel ghiaccio.

Si, non baciarmi, Demetri. Su…! Non baciarmi ora! E aspetta in eterno questa bocca che, stanotte, poteva essere tua!

Cosa avessi desiderato di più non saprei dirvelo. Lo volevo… vivo o morto non aveva importanza, purchè potessi godere di un solo semplice contatto con la sua carne marmorea e tiepida, con il suo essere. Desideravo quello più di ogni altra cosa. Ogni altro capriccio o limite era svanito nel mio stesso, inaspettato, impossibile desiderio.


La speranza è l’ultima a morire, ma è per questo che nessuno sopravvive alla sua venuta!

Edited by †Heidi~ - 6/12/2010, 11:16
 
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