Twilight GdR

Le début, alla ricerca di nuovi orizzonti

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Ariel Fontaine
view post Posted on 27/2/2010, 13:28








Non era certo la prima volta che viaggiavo in aereo.
La prima volta che mi ero sollevato nell’azzurro del cielo e avevo coraggiosamente sfidato le leggi gravitazionali a bordo di un velivolo, era stata nel novembre di quattro anni fa quando avevo vinto una borsa di studio per i miei eccelsi meriti scolastici.
Sin da piccolo ero sempre stato animato da un vivo desiderio di conoscere quella che era la capitale del romanticismo mondiale e una delle più rinomate e ricercate città d’europa. Quando per la prima volta misi piede sull’asfalto della ville romantique de Paris mi senti pervaso improvvisamente da una forte eccitazione e da quel giorno giurai che nulla al mondo avrebbe cambiato il mio proposito di vivere a Parigi, o almeno era quello che credevo.
Questa volta non era stata la carriera scolastica a mettermi in volo e allontanarmi da casa, sebbene ormai non la si potesse più definire tale. La casa per un uomo dovrebbe essere un luogo di riposo, una tana in cui si ha il pieno riconoscimento della propria felicità in sintonia di una famiglia.
Nella propria casa un uomo deve costruire i rudimenti della propria esistenza, senza dover temere ciò che gli sta intorno e rallegrarsi di tutto quello che ha, poiché il segreto della felicità sta nel desiderio di volontà di ciò che si ha. E io ormai non avevo più una casa.
In segreto, giorno dopo giorno, ero riuscito a racimolare una cospicua somma di denaro e, a dispetto delle laboriose difficoltà alle quali le bugie e l’ipocrisia mi avevano vergognosamente piegato agli occhi dei miei cari, avevo finito per stipulare tutta una serie di contratti che segnarono la mia definitiva partenza verso una nuova meta.
Ora finalmente ero arrivato a Forks, la mia nuova casa.
Non saprei spiegare precisamente che cosa mi avesse spinto a prendere questa decisione, per quale astrusa ragione avevo scelto di trasferirmi nella piovosa città – se cosi la potremmo definire- di Forks.
Forse era per il fatto che contava meno di tremila teste e questo era un fattore che influenzò decisivamente la mia scelta e motivare le mie ipotesi fuori dal mondo sarebbe stato meno impegnativo.
Provate ad incanalare un vostro pensiero nella testa di un ristretto gruppo di amici e allo stesso modo provateci con un’intera popolazione, il risultato sarà sorprendente.
La fiducia è un bene fragile. Se la si guadagna si gode di una libertà illimitata, ma una volta persa può risultare quasi impossibile riconquistarla.
La verità è che non sappiamo mai di chi poterci fidare. Anche chi vive accanto potrebbe tradirci, mentre gli estranei a volte ci vengono in aiuto.
Alla fine la maggior parte di noi, decide di fidarsi solo di se stessi; E’ il modo migliore per evitare cocenti delusioni.
Gli esseri umani sono creature complicate. Da una parte capaci di compiere grandi atti di altruismo, dall’altra capaci delle più subdole forme di tradimento.E’ una lotta costante che si scatena dentro di noi, tra la nostra parte angelica e i nostri demoni più oscuri. E a volte l’unico modo per respingere il buio è far brillare la luce dell’umana pietà.
Ma forse non era stato proprio quello il motivo preciso che mi aveva portato a Forks , e questo, sebbene cercassi di nasconderlo a me stesso, lo sapevo bene.
Dodici anni fa, quando avevo solo sei anni, ero seduto per terra, a guisa di ogni altro bambino, a giocare con i robot mutanti che mi aveva regalato mio padre dopo essere tornato da un lungo viaggio all’estero.
Non ricordavo precisamente in che modo si svolgesse la vicenda ma nella mia mente si era scatenata un’indissolubile reazione che non avrei mai dimenticato per il resto della mia vita.
Mister Solomav – era cosi che identificavo il capo dell’esercito degli ibridi spaziale, stava effettuando un’imboscata bellicosa allorché un’assordante grido irruppe agghiacciante nella cucina, interrompendo i miei attacchi militari.
Mia madre era caduta per terra e l’immagine che vedo quando mi sforzo di ricordare quella fatidica giornata è offuscata dalle lacrime che velavano i miei occhi arrossiti.
Papà piangeva come non aveva mai fatto in vita sua e vedere l’immane forza di quello che per me era stato il più grande degli eroi da quando ero nato, si stava tristemente consumando insieme con la sua debolezza di fronte a qualcosa di grande e indomabile.
“Il est mort” era la risposta che ottenevo ogni volta che cercavo di indagare nella vita di mio fratello.
Mia madre, prima ancora che io nascessi, aveva dato alla luce un bambino, più tornito e grazioso di me.
Era un ragazzo dall’espressione dura e tenace ed amava l’avventura. Di lui non sapevo altro, se non che all’età di diciassette anni , quando io avevo ancora quattro anni, aveva preso i suoi bagagli ed era partito per l’america.
Mia madre e mio padre non parlavano mai di lui e ogni volta che io provavo a fare loro delle domande per avere dei chiarimenti su mio fratello, il loro volto cambiava completamente espressione e una maschera di terrore si insinuava sulle loro facce depresse; Per questo avevo deciso di non parlare più di mio fratello in loro presenza e cercare delle risposte da altre fonti.
Passati in rassegna tutti gli archivi scolastici, a partire dal primo anno delle scuole primarie fino a quello che era stato il suo ultimo anno definitivo tra i banchi di scuola, mi decisi a svaligiare le cartelle cliniche dell’ospedale pediatrico, ma i risultati erano visibilmente scoraggianti e non ero riuscito a ottenere nessun informazione che mi permettesse di avvicinarmi di un solo passo a mio fratello.
Molte volte ero assalito dalla nostalgia e mi sforzavo insistentemente di ricordare come erano stati gli anni trascorsi in sua compagnia, a quali scherzi, quali dispetti, quali giochi facevamo noi due da bambini. A volte mi immaginavo quello che avremmo fatto insieme se lui fosse stato ancora li con me.
Forse le cose avrebbero preso una piega completamente diversa. Tanto per cominciare avrei evitato tante di quelle zuffe che sistematicamente finivano con mio forte svantaggio. Non riuscivo a pensare senza un sorriso sulle labbra a quanti cerotti e quali provvedimenti ambulanti avrei evitato alla signorina Madeline.
Madeline era una donna allampanata, dai lineamenti marcati e inflessuosi e i suoi modi freddi ed abbienti la dipingevano sotto una luce di precisa austerità.
Era rigida come un manico di scopa e molto raramente le mie osservazioni di spirito e le mie battute riuscivano a strapparle un sorriso, il che evidenziava l’unico tratto del suo temperamento che la faceva apparire umana., malgrado il suo aspetto rapace.
In sostanza, se Octave – questo era il nome che mi era stato poi successivamente riferito in merito al mio unico e ignoto fratello- fosse stato ancora vivo, la mia vita sarebbe senza dubbio stata meno tormentata.
Quando mi abbandonavo all’inestinguibile flusso di pensieri e la mia mente correva in cerca di Octave, il mio viso si illuminava di gioia, pensando a quanto sarebbe stato facile superare tutte le avversità della mia vita con il suo aiuto, qualcuno a cui io potessi importare veramente.







Edited by Ariel Fontaine - 9/3/2010, 00:07
 
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.°•. °•. stety .•° .•°.
view post Posted on 28/2/2010, 14:33




Micol

Era un caldo pomeriggio, nonostante la primavera fosse ancora lontana di qualche settimana.
Mi trovavo da sola a casa, Jane era uscita a fare una passeggiata... forse avrei dovuto seguirla vista la bella giornata...
Mi piace stare all'aria aperta e correre in mezzo alla foresta, senza pensare a nulla.
"Hakuna Matata" avrebbero detto Timon e Pumbaa.
Forse era quello di cui avevo bisogno in quel momento.
Ma erano due anni ormai che mi trovavo lì... e Forks si stava sempre di più rivelando una città monotona e noiosa. Già solo il fatto che il sole avesse fatto capolino in mezzo a tutte quelle nuvole era di per sé un fatto straordinario.
Probabilmente se non fosse stato per Jane sarei impazzita.
Non conoscevamo molte persone, ero convinta che avremmo dovuto allargare il nostro cerchio di conoscenze. Ma per due ragazze come noi non era facile... a chi avremmo potuto mai rivelare il nostro segreto?
La risposta era facile: ai licantropi del posto. Ma purtroppo non ne avevamo ancora incontrati da quando avevamo scoperto della loro esistenza, li stavamo cercando da molto, troppo tempo.
Anche se sembrava non importarmi, era una cosa irritante non poter interagire con ragazzi della "mia età". Non avevo amici, persino chi mi conosceva da quando ero piccola si era allontanato.
E non per mia scelta... semplicemente avevo voluto proteggerli.
Scoprire la verità sarebbe stato troppo pericoloso, io e Jane ne avevamo parlato a lungo e avevamo convenuto che era la cosa migliore per tutti.
Solo nostro padre sapeva cosa eravamo in realtà, la cosa più ovvia visto che era stato lui a rivelarci tutto al momento della prima trasformazione di Jane.
Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori.
Quel quartiere di Forks era particolarmente popolato anche se piccolo, abbastanza vicino al centro cittadino. Fino ad una settimana prima io e mia sorella eravamo la novità del luogo, le ultime che si erano trasferite lì, in quel posto sperduto e piovoso.
Poi era arrivato un nuovo vicino.
Non l'avevamo ancora conosciuto, sembrava essere molto riservato.
L'avevo visto di sfuggita proprio quella mattina, mentre completava il trasloco probabilmente visto che stava trasportando una grossa scatola di cartone.
Abitava proprio di fronte a noi, la sua casa era leggermente spostata sulla sinistra rispetto alla mia visuale, esattamente uguale alle altre: un piccolo giardino sul davanti, i muri bianchi, le persiane verde bottiglia...
Mi sedetti proprio accanto alla finestra, accovacciata sulla poltrona a leggere un libro che avevo iniziato da poco e che dovevo terminare per una ricerca a scuola.
La scuola... un altro motivo per cui detestavo l'idea di rimanere giovane così a lungo...
che gusto c'era a rimanere giovane per sempre se poi dovevi comunque andare a scuola?
Non andarci sarebbe stato troppo insolito... così avevo deciso di frequentare.
Una noia mortale... avevo ripetuto quei programmi almeno 5 volte nella mia vita, senza la minima variazione.
Mentre leggevo si diffuse per la stanza un buon profumo dolce, di mele e zucchero. Non vi feci troppo caso, troppo concentrata nella continuazione della storia.
Fu il suono improvviso del timer del forno a distrarmi dalla lettura.
La torta!!! Accidenti avevo anche dimenticato di averla messa in forno...
Corsi in cucina e aprii lo sportello.
Tirai un sospiro di sollievo quando mi resi conto che la torta di mele che avevo preparato era perfettamente intatta.
La tirai fuori con la mano nuda, senza bruciarmi naturalmente, e la appoggiai sul tavolo.
Aveva proprio un buon profumo, andavo matta per la torta di mele.
Ricordo che la sera stessa in cui arrivammo la signora Hopkins, purtroppo morta qualche mese prima, ce ne aveva portata una per darci il benvenuto nel quartiere insieme ad una bottiglia di vino rosso.
Io e mia sorella eravamo rimaste quantomeno stupite del fatto che da qualche parte del mondo si usassero ancora certe gentilezze. Venivamo da una grande città, pensavo davvero che certe cose succedessero soltanto nei vecchi film anni 60.
Apprezzai il gesto a tal punto che qualche sera dopo gliene preparai una io stessa, ovviamente non buona come la sua... ma lei ne era stata davvero molto felice.
Immersa in quei ricordi, che mi sembravano lontanissimi nonostante fossero passati solamente due anni, mi venne in mente un'idea.
Corsi in camera mia ed indossai la prima cosa che trovai nell'armadio: un vestito forse un po' troppo estivo.. semplice e nero. In meno di un minuto avevo pettinato i miei capelli ribelli, indossato un cerchietto ed ero scesa a guarnire la torta con dello zucchero a velo.
Purtroppo non trovai il vino rosso, ma non era un dettaglio così importante.
Uscii di casa senza pensarci troppo ed attraversai la strada per andare dal mio nuovo vicino.



Edited by .°•. °•. stety .•° .•°. - 10/3/2010, 19:42
 
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Ariel Fontaine
view post Posted on 28/2/2010, 19:57







Il cielo , plumbeo e sereno, era venato dalle fragili nubi biancastre che lentamente si addensavano sulla città e i flebili raggi del sole, che si allungavano languidi sulla mia nuova casa, erano carichi di una luce morta e spenta; Sembravano volermi raccontare la nenia melanconica della loro esistenza, in un mondo in cui non era loro concesso sfavillare ed erano costrette a perire nel crepitio sommesso della gelida brezza brumale.
Gli alberi intorno alla casa erano verdi e attempati e i rami decrepiti oscillavano melanconici al vento, sussurrando tristi pensieri alla crepuscolare aria di fine inverno.
Il clima era rigido e fortemente umido, paragonato a quello caldo e radioso del mio paese d’origine, e nell’aria respiravo un odore fresco e mieloso. Era l’odore delle foglie marce che riluttanti si protendono sull’asfalto e delle fradici radici del terreno. Ad un tratto una leggera brezza mi sfiorò il viso, portando con se un odore dolce simile a quello delle gàteaus che preparava la signorina Madeline quando ero bambino.
Era un odore che mi piaceva e per di più proveniva dalla villetta stile vittoriano accanto alla mia nuova abitazione. Chissà forse ci abitava un’affabile vecchietta con la mania per i dolci.
Se cosi fosse, pensai, mi è andata alquanto bene. Prima di arrivare lì a Forks una marea di pensieri mi aveva pervaso la mente, a tal punto da rendermi paranoico.
E se la casa dove andavo ad abitare non mi fosse piaciuta? E se i miei nuovi vicini di casa fossero dei narcotrafficanti o appartenessero ad una sadica setta satanica?
Mille idee astruse e bizzarre preoccupazioni rannuvolavano la mia mente durante il viaggio, tormentando la mia serenità alla guisa di un turbine e allorché cercavo di tranquillizzarmi convincendomi che tutto sarebbe andato per il verso giusto, l’idea di poter finire in un quartiere malfamato e rozzo alla mercè di un famigerato vicinato mi rendeva pazzo. Per un attimo presi in seria considerazione l’ipotesi di abbandonare il piano e fare ritorno a casa. Ma ormai era troppo tardi. Non potevo più tornare indietro. Alea jacta est.
Ed infine, come avevo supposto, la casa era sita sul limitare di una foresta placida e inerme.
Entrato in casa avevo aperto tutte le finestre per evitare che un’aria viziata si impregnasse all’interno della casa. Riposi tutta le valigie sul divano e cominciai a mettere ordine nella mia testa.
Tutto ciò che avevo portato con me si componeva di una decina di pullover di seta, per proteggermi dal freddo pungente del continente nordamericano, e altrettanti jeans per comparare il mio guardaroba; Ma ormai aveva per me inizio una nuova vita e tutto ciò che apparteneva al mio passato doveva essere immolato. Mi sarei comprato dei nuovi abiti, non era certo questo il problema.
La questione che più mi premeva riguardava la mia vita sociale. Avevo paura di non riuscire a conoscere nuova gente e più di ogni altra cosa mi incupiva l’idea che lì a Forks non sarei riuscito ad inserirmi nel sociale.
Già a Strasburgo, nel paese dove avevo vissuto la mia adolescenza, non avevo avuto una grande fortuna con le amicizie, sebbene avessi degli amici speciali ai quali non avrei sostituito nessun altro al mondo. Ciò che più temevo in circostanze simili, era la reputazione; Sin da bambino sono stato per mia natura un ragazzo molto chiuso e riservato e questo mi escludeva da moltissime cose e, nonostante cercassi di apparire sempre felice e sorridente con gli altri, questo mi feriva puntualmente come un inflessibile pugnale.
Ma ora tutto sarebbe cambiato; Avrei dato una svolta decisiva alla mia vita. Non potevo più fingere cullandomi dietro false illusioni e corazzarmi dalle mie pene con l’ipocrisia e le menzogne. Dovevo dare una svolta decisiva alla mia vita.
Inoltre si aggiungeva a tutto ciò il cruccio del dubbio che le lettere di Octave avevano risvegliato dentro di me. Non potevo essermi sbagliato e, sebbene una parte di me fosse convinto che i reiterati rimproveri e oscuramenti dei miei genitori dovevano servirmi da avvertimento e fare luce su una questione che si sarebbe risolta solo con tanta sofferenza e delusione, io ero fermamente convinto che lui era là fuori, da qualche parte, e aspettava solo che io lo ritrovassi.
Octave era ancora vivo.

Edited by Ariel Fontaine - 9/3/2010, 00:08
 
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view post Posted on 1/3/2010, 19:23




Micol

Scesi velocemente gli scalini che c'erano davanti alla porta di casa, percorsi il piccolo vialetto, circondato dalle aiuole di fiori colorati che avevamo deciso di piantare per dare più vivacità alla facciata della casa.
Attraversai la strada senza neanche guardare, sapevo che di macchine lì non ne passavano e se lo facevano andavano fortunatamente molto lente visto che era un centro abitato.
Salutai la vivace nipotina della signora Sommers che come al solito scappava ad una delle sue badanti.
Non mi preoccupai nemmeno di fermarla quando la vidi passarmi davanti, beccandomi una pessima occhiata dalla poverina che cercava di prenderla.
Sembrava di essere in un film, quella bambina era incredibile!
Le guardai sparire dietro l'angolo trattenendo un sorrisetto compiaciuto.
Se l'avessi curata io ci avrebbe pensato due volte prima di scappare, anche perchè l'avrei raggiunta in mezzo secondo!
Distolsi quel pensiero inutile e guardai davanti a me.
Tornai alla mia "missione" e giunsi di fronte alla casa del mio vicino.
Attraversai anche il suo vialetto, molto simile al nostro anche se ancora un po' in disordine (probabilmente per il trasloco recente).
Salii gli scalini e mi fermai davanti alla porta.
Ma cosa mi stava saltando in mente? Era stata una pessima idea... vedendo il mio misero tentativo di socializzare si sarebbe sicuramente messo a ridere e mi avrebbe chiuso la porta in faccia!
Rimasi per un minuto buono lì immobile, pensando a cosa avrei detto appena sarebbe uscito...
"Buongiorno! Mi chiamo Micol Green e abito di fronte a te..."
Troppo formale...
"Ehy ciao! Ho visto che eri in casa e..."
Troppo da spiona...
"Ciao! Mi stavo annoiando a casa, così ho pensato di venire a vedere cosa stavi facendo..."
No!!! Troppo da curiosona...
"Ehm... ti piace la torta di mele?"
Eddai Micol puoi fare decisamente di meglio!!!
Tra tutte queste macchinazioni, non mi accorsi che non avevo nemmeno suonato il campanello... come potevo pretendere che qualcuno venisse ad aprire la porta?
Sospirai e bussai.


 
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Ariel Fontaine
view post Posted on 2/3/2010, 21:07






Ero immerso nei miei pensieri quando ad un tratto suonò il campanellino alla porta; Rimasi perplesso siccome non avevo ancora conosciuto nessuno da quelle parti e non pensavo che lì in america avessero il costume di andare a bussare alla porta per consegnare la posta, a meno che non si trattasse di un pacco-regalo; Ma chi poteva mai spedirmi un regalo?
Probabilmente era il locatario dell’appartamento che era venuto a darmi la presagita notizia che c’era stato uno sbaglio nella stipula contrattuale delle pratiche e la casa era già stata venduta ad un ulteriore offerente.
Scivolai rapidamente giù dal letto, sistemandomi alla carlona i capelli scompigliati.
Corsi allo specchio per controllare che fossi quanto meno presentabile o che almeno non avessi un aspetto triviale. Non ero mai stato molto vanitoso a dire il vero, ma in una città nuova dove nessuno ancora sapeva il mio nome era bene che mi preservassi la reputazione dalle malevolenze cittadine.
In questa agitazione mi precipitai alla porta, indossando rapidamente una leggera t-shirt di cotone color turchese.
La ragazza, o per meglio dire, quell’incantevole creatura dal fascino ultraterreno, che mi trovai davanti quando aprii la porta era di una bellezza inimitabile. Mai in tutta la mia vita mi ero imbattuto in una ragazza dai lineamenti cosi dolci e marcati e dal fascino sorprendente.
Era la bellezza fatta donna, ammesso che ci fosse qualcosa di umano nella sua spettacolare avvenenza. Era come un dipinto di Monet, le ricche sfumature la dipingevano con un‘armonia di colori vivaci e sensuosi e le sue labbra vermiglie erano tenere e lucenti.
I suoi occhi radiosi erano di un profondo color verde bosco e le sue iridi erano venate da una soffusa colorazione verdognola.
La sua pelle era chiara e vellutata, di un pallore nordico e innaturale.
Ciao balbettai in tono scettico In che modo posso esserti utile?
Soppesai le mie parole con un leggero sorriso, badando a non sembrare eccessivamente macchinoso.
Il suo sguardo era carico di vivacità e sul suo volto delicato era dipinta un’espressione affabile e disarmante. In quel frangente una leggera brezza mi accarezzò la gote e un divampante profumo di mele inondò le mie narici.

SPOILER (click to view)
chiedo scusa per l'umile concisione ma in questo momento non saprei che cos'altro aggiungere al post, mi preparo per bruxelle nella sfibrante attesa della partenza^^ cadeau!!**


Edited by Ariel Fontaine - 9/3/2010, 00:09
 
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view post Posted on 6/3/2010, 18:11




Micol

Mi bastò aspettare qualche attimo ed il mio nuovo vicino venne ad aprire la porta.
Quasi mi sorpresi della sua velocità, probabilmente doveva essere vicino alla porta quando mi aveva sentita bussare.
Era di almeno 15 centimetri più alto di me, anche se non fu quella la prima cosa che notai di lui.
Aveva i capelli di un biondo particolare, dello stesso colore del grano appena raccolto.
Il suo viso aveva lineamenti non troppo marcati, mi persi nel suo sguardo che aveva un "je ne sais pas quoi" di magnetico ed enigmatico. I suoi occhi erano di un azzurro profondo, simile al cielo estivo limpido e terso.
Solo quando vidi le sue labbra muoversi, realizzai che mi stava parlando.
Ebbi giusto il tempo di cogliere le sue ultime parole, che poi mi aiutarono a costruire tutto il resto.
Tentennai qualche istante prima di rispondere.
Ehm… ciao
Tutto qui?
Mi dispiace averti disturbato, so che stai ancora sistemando cosa…
Non fare l'impicciona!
Io… Sono Micol Green, abito qui di fronte e… siccome non abbiamo ancora avuto l'occasione di conoscerci… si beh… insomma…
Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere che qualcuno venisse ad accoglierti… spero ti piacciano le torte di mele

conclusi accennando un sorriso timido.
Cercai di superare l'imbarazzo iniziale e di raccogliere un po' di coraggio per dire dell'altro… ma non riuscii a dire nulla.
Semplicemente rimasi ferma, mentre gli porgevo la torta che avevo preparato, in attesa di una sua reazione al mio monologo.



 
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Ariel Fontaine
view post Posted on 8/3/2010, 15:19







Alla faccia della vecchietta premurosa! Non riuscivo a credere ai miei occhi, la mia nuova vicina di casa era uno schianto. Sembrava una di quelle attrici che si vedono solo nei film che quando la mattina si svegliano nel loro letto hanno già l’aspetto grazioso di una persona che si prepara per andare a un matrimonio. Non rimasi punto deluso del vicinato. Se erano tutti come quell’ elegante ragazzina, dall’aspetto gentile, che mi porgeva timidamente la torta con un affabile sorriso sul viso, ero la persona più fortunata di tutto il quartiere.
Era alta, sebbene la mia statura la faceva sembrare più bassa di quello che era e i suoi modi gentili e timidi tradivano una certa pudicizia, cosa che ho sempre apprezzato in una ragazza.
Accettai di buon grado la torta di mele che mi aveva portato e la invitai ad entrare con un sorriso goffo sulle labbra.
In casa non avevo ancora messo ordine e i grossi scatoloni che mi ero portato dalla Francia con tutti i miei effetti personali, compresi tutti i miei libri ai quali ero gelosamente legato.
“ ti chiedo scusa per il grande disordine che c’è dentro casa, ma non ho ancora deciso come sistemare le mie cose” esordii, incrociando il suo sguardo disarmante.
"Sei molto gentile a darmi il benvenuto” dissi, con una punta di imbarazzo nella voce. “Non sapevo che in quella casa lì di fronte ci abitassi tu” esitai per un istante, poi continuai con voce indulgente.
“ Immagino che ci abiti con il tuo ragazzo” conclusi paonazzo.

Edited by Ariel Fontaine - 9/3/2010, 00:10
 
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.°•. °•. stety .•° .•°.
view post Posted on 8/3/2010, 21:58




Micol

Prese dalle mie mani la torta, ero sicura che il suo profumo invitante poteva sentirlo anche lui anche se il mio olfatto era notevolmente più sviluppato rispetto al suo.
Ricambiò il mio sorriso, cosa che apprezzai particolarmente visto che mi sentivo abbastanza stupida in quel momento, qualunque cosa facessi avevo paura di risultare ridicola ai suoi occhi, possibile?
Già sembrava abbastanza strano il gesto che avevo fatto… ero così disperata? Mi sentivo davvero così sola da dover fare una torta per avere una scusa in modo da conoscere il nuovo vicino?
Beh evidentemente si, almeno avevo un argomento di conversazione di riserva…
Nonostante fossi una persona abbastanza spigliata, in quella situazione mi sentivo piuttosto impacciata.
Con mia gran sorpresa mi invitò ad entrare, mentre varcavo la soglia di casa sua pensavo solo al fatto che era una persona come le altre… perché avrei dovuto agitarmi tanto?
Il mio sguardo vagò qualche istante in giro per la casa, cadde su diversi scatoloni, di varia forma e dimensione e su qualche soprammobile probabilmente appena scartato.
Mi resi conto che forse ero capitata in un momento poco opportuno…
Ti chiedo scusa per il grande disordine che c’è dentro casa, ma non ho ancora deciso come sistemare le mie cose
Non… non ti preoccupare dissi Anzi sono io a dovermi scusare… se avessi saputo che avevi ancora così tante cose da sistemare non sarei venuta a disturbarti, perdonami…
Mi ringraziò per avergli dato il benvenuto ed aggiunse che non sapeva che abitassi di fronte a lui.
Beh era comprensibile… uscivo raramente durante il giorno e lui era arrivato da poco.
Immagino che ci abiti con il tuo ragazzo
Quell'affermazione mi prese alla sprovvista.
Con chi ci vivevo?!?!?
Come? Nono guarda che ti sbagli mi affrettai a dire Io… non ho un ragazzo… vivo qui di fronte con mia sorella Jane spiegai.
Ovviamente lui non poteva saperlo.
Incrociai i suoi occhi per un momento, erano di un azzurro intenso che colpiva immediatamente.
Distolsi lo sguardo, prima di arrossire come una sciocca e mi girai a guardare la finestra.
Dimmi… dove vivevi prima di venire qui?




Edited by .°•. °•. stety .•° .•°. - 9/3/2010, 19:53
 
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Ariel Fontaine
view post Posted on 9/3/2010, 19:46








Non so per quale motivo rimasi colpito dalla sua risposta. Quando mi disse che viveva lì di fronte in compagnia di sua sorella e che non c’era nessun ragazzo, mi sentii saltare il cuore in gola. Restai stupito a quella notizia, non era punto possibile che una ragazza cosi bella e gentile non avesse ancora trovato l’uomo della sua vita.
In quel momento mi sentii pervaso da un forte senso di euforia tanto che ad un certo punto un mezzo sorriso affiorò sulle mie labbra, tradendo la serietà della situazione. Non mi sentivo cosi felice da quando la signorina Madeline mi aveva portato insieme col mio amico allo zoo e ci aveva comprato le bustine di grano da dare alle caprette.
Ricordo chiaramente ogni particolare di quella giornata. Allora avevo solamente dodici anni e la mia visione del mondo era ottenebrata da un velo enorme di superficialità. Mi bastava vedere un insulso quadrupede per andare in defibrillazione.
Da piccoli si ha la tendenza a vedere tutto in maniera molto larga e superficiale; Tutto ciò che ci sta intorno è velato dalla trasparenza e l’inesperienza e i nostri gesti sono dettati puramente dall’egoismo e dall’infantilità.
Con gli anni, crescendo, le esperienze che facciamo ci aiutano a vedere le cose da una diversa prospettiva e le varie angolazioni che troviamo sono frutto delle nostre passioni.
La ragazza mi sembrava un po’ in imbarazzo, cosi per rompere il ghiaccio e cercare di farla sentire a proprio agio, accesi la televisione col pretesto di dovermi sincerare che tutte le apparecchiature dentro casa funzionassero con efficienza.
“ Oh scusa, che sbadato non mi sono nemmeno presentato” esclamai realizzando di aver segnato un punto a favore della mia sbadataggine “ Io mi chiamo Ariel, Ariel Fontane. Je suis français”Le rivolsi un sorriso di mera cortesia.
“ Ma non so perché ho il vago sospetto che la mia pronuncia mi abbia già tradito”

Edited by Ariel Fontaine - 9/3/2010, 20:36
 
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.°•. °•. stety .•° .•°.
view post Posted on 9/3/2010, 23:08




Micol

Vidi le sue labbra distendersi in un leggero sorriso. Dovevo sembrare veramente ridicola nel ruolo della timidona… perché mi comportavo così? Dov'era il mio spirito lupesco e solare?
Aveva acceso la televisione, probabilmente per alleviare la tensione, ma disse invece che voleva assicurarsi che tutto funzionasse bene.
Diciamo che apprezzai il tentativo, aveva capito subito il mio stato d'animo, era sveglio il nuovo vicino!
A proposito ma come si chiamava il nuovo vicino?
Prima che potessi chiederglielo, si presentò da solo, rispondendo anche alla mia domanda di poco prima.
Francese? In effetti avevo notato che aveva una pronuncia inglese particolare…
E fortunatamente conoscevo qualcosa della sua lingua, così capii immediatamente quello che disse.
Devi scusarmi ma veramente non ci avevo fatto particolarmente caso… il tuo inglese è perfetto dissi complimentandomi con lui.
Per evitare di nuovo silenzi imbarazzanti, mi guardai intorno in cerca di un argomento di conversazione.
Adesso da quando avevo bisogno di cercarne uno?
Sai… una volta sono stata in Francia… ero abbastanza piccola, sicuramente mia sorella ricorda Parigi molto meglio di me
Avevo ricordi lontani di quel soggiorno parigino, ci eravamo andate con i nostri genitori molti anni prima, avevo si e no 10 anni.
Il problema era che erano passati quasi tre decenni da allora…
In effetti l'unica cosa che ricordo con chiarezza è la bellezza della Tour Eiffel, ci ero salita con mio padre una sera… la vista era meravigliosa.
Mi sarebbe piaciuto tornarci un giorno… ma poi sono successe troppe cose e purtroppo non ci sono mai riuscita conclusi dispiaciuta





Edited by .°•. °•. stety .•° .•°. - 10/3/2010, 20:46
 
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Ariel Fontaine
view post Posted on 10/3/2010, 19:38




Ariel



“ C’est magnifique” esclamai con voce pacata. “ La Francia è un paese stupendo”In quella una marea di ricordi riaffiorarono alla mia mente e quello che un tempo era stato il mio paese d’origine mi riportò con la mente ai felici giorni della mia spensierata fanciullezza tra gli eleganti e radiosi giardini della scuola e le aulenti fronde francesi coi loro fiori variopinti dalle mille fragranze.
Ricordo che la signorina Madeline mi ci portava spesso al parco centrale della antique ville coi suoi arcani monumenti in stile risorgimentale e le elevati torrette che si ergevano alte in un cielo azzurro e terso.
“ Ma ormai appartiene al mio passato…” conclusi in tono di rassegnazione.
Con la coda dell’occhio osservai la ragazza che sembrava pendere dalle mie labbra e scorsi nei suoi occhi un barlume di compassione; Evidentemente, pensai, non ero stato abbastanza bravo a nascondere la forte amarezza che adombrava le mie ragioni.
“ Scusami” mi affrettai a riparare precipitosamente il mio imperdonabile errore; Non c’eravamo nemmeno conosciuti che già avevo cominciato a gravare su di essa il peso del mio tormento.
“ Non era mia intenzione annoiarti con i miei stupidi crucci” Le rivolsi uno sguardo profondo, senza distogliere l’attenzione dai grossi scatoloni coi quali armeggiavo per tenermi occupato ed evitare di combinare disastri teatrali.
“Siediti ti prego” dissi indicandole una comoda poltrona di velluto rosso in soggiorno.
“Io nel frattempo preparo il caffe” Mi schiarii la voce. Tornato in soggiorno le servii il caffe e mi accomodai accanto a lei. Una vampata di flagranza aulente mi inondò subitamente le narici. I suoi capelli emanavano un profumo delizioso e la sua pelle rosea era liscia e vellutata come la seta.
Mi accorsi che sul polpaccio destro, alla cavità della gamba, aveva un piccolo tatuaggio raffigurante una farfalla nera dalle ali spigliate.
“ E’ molto carino quel tatuaggio” mi affrettai a dire, per sovrastare l’imbarazzo che il mio lungo ed eloquente silenzio aveva calato su di noi inesorabilmente “Non intendevo fissarti. Ti chiedo scusa. Succede sempre cosi. E’ che quando vedo qualcosa che colpisce particolarmente la mia attenzione resto fisso in posizione statuaria senza battere ciglio…” Cercai di trovare una facile giustificazione alla mia impacciata stupidità ma una nota di insicurezza nelle mie parole ne tradiva chiaramente il tentativo.
In quell’istante fui pervaso da un’angoscia impetuosa che dal giorno in cui avevo deciso di trasferirmi lì a Forks non ero stato in grado di allontanare. Era una angoscia viva e penetrante che mi lacerava la mente ogni volta che provavo a cacciarla via dalla mia testa.
 
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.°•. °•. stety .•° .•°.
view post Posted on 10/3/2010, 22:30




Micol

Concordai pienamente con la sua affermazione: trovavo che la Francia fosse un bellissimo posto da visitare, magari anche per viverci in un futuro… in fondo di tempo ne avevo no?
Mi accorsi che continuavo a guardarlo fissamente, in attesa di qualche sua descrizione che arricchisse quei miei ricordi così poco chiari.
Purtroppo concluse il discorso con una vena di amarezza e la sua voce si spense con un flebile suono di dispiacere.
Mi accorsi subito del repentino cambio del suo tono, tanto che preferii non andare oltre e chiedere dell'altro. Non volevo riaccendere in lui simili sofferenze.
Mise mano ai suoi scatoloni e mentre mi parlava continuava a sistemare tutte le cos che vi trovava.
Per qualche momento lo osservai senza dire nulla, indecisa se resistere o meno all'impulso di chiedergli se voleva un aiuto… sapevo che non erano cose mie e non volevo sembrare inopportuna.
Mi invitò a sedermi su una poltrona lì vicino ed io obbedii con un gesto meccanico.
Grazie dissi
Trovai quella poltrona rossa particolarmente comoda, né troppo morbida, né eccessivamente rigida.
Mi ci accomodai, appoggiando le mani giunte sul grembo, mentre lui diceva che sarebbe andato a preparare un caffè.
Ok d'accordo
Rimase in cucina qualche minuto ed io ebbi l'opportunità di osservare meglio il salotto.
Non vidi alcuna foto che richiamasse in qualche modo la Francia, né ritratti di persone care… forse erano negli altri scatoloni… o semplicemente non gli piaceva tenere delle foto in soggiorno.
Il mobilio era semplice ma di buon gusto, anche se non completo del tutto forse.
Quando tornò si sedette di fianco a me ed io lo ringraziai per il caffè che aveva preparato.
Portai la tazzina alle labbra, dopo aver aggiunto un goccio di latte e poco zucchero, ed iniziai a sorseggiarlo lentamente.
Fu lui a rompere il silenzio.
E’ molto carino quel tatuaggio
E subito dopo si lanciò in una serie di scuse per come si era comportato.
Trovai strano che volesse darmi spiegazioni, in fondo era solo un commento lecito…
Scossi la testa sorridendo Non devi assolutamente scusarti… mi fa piacere che ti piaccia, in effetti l'ho fatto giusto qualche mese fa…
Ma c'era qualcosa di diverso ora nel suo sguardo, come se non stesse ascoltando davvero le mie parole…
Che… che ne dici se mangiamo anche la torta? Non per vantarmi, ma quelle alle mele mi vengono piuttosto bene dissi scherzando, giusto per smorzare la tensione.



 
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Ariel Fontaine
view post Posted on 7/7/2010, 23:17




Ariel


Andai a sedermi accanto a lei con un debole sorriso sulle labbra, facendo attenzione a non apparire troppo sfacciato.
Lei era una ragazza dal fascino sorprendente; Le sue mani erano delicate e tornite e le sue dita affusolate tamburellavano leggermente sul divano di velluto rosso, mentre ella sosteneva coraggiosamente lo sguardo nei miei occhi. Le sue iridi erano infiammate di passione, di una passione indistinta e imprescrutabile , come se provenisse da un altro mondo.
Non avevo mai incontrato una ragazza dal simile portamento e le sue labbra vermiglie mi mandavano letteralmente in estasi.
Le gettai uno sguardo fugace prima di andarmi a sedere accanto a lei ed ella continuava a sostenere il suo sguardo nel mio con fermezza felina.
sei molto bella le dissi guardandola di sbieco.
In quell'istante provai con ardore il forte desiderio di gettare le braccia al suo statuario collo e di stringerla forte al mio corpo, attingendo dalla sua pelle tutto il calore che aveva addosso.
Provai il desiderio inarrestabile di suggere dalle sue labbra il fervore della sua anima e fondere il mio corpo al suo in un mordace abbraccio.

SPOILER (click to view)
:S lo so scrivo cm una capra dislessica sono ormai mesi che nn riesco a trovare l'ispirazione che anima i miei precedenti lavori, è terribile T_T sono un poeta malato dell'impossibilità di convergere i miei pensieri con la precisa elaborazione di un formulato logicamente espressivo ed efficente , sn un morto alla ricerca della sua anima, ho bisogno di ritrovare la mia vena artistica T_T
 
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.°•. °•. stety .•° .•°.
view post Posted on 8/7/2010, 11:48




Micol

All'inizio sembrò indeciso su cosa fare, poi si avvicinò al divano sul quale ero seduta. C'era qualcosa nel suo sguardo; sorrideva ma dietro a quel sorriso era come se ci fosse qualcosa che voleva nascondere… una maschera di tristezza e fragilità.
Non potei fare a meno di guardarlo mentre si sedeva accanto a me, solo per decifrare la sue espressione. Incrociai le gambe con un gesto fluido ed elegante e tirai indietro i capelli, mantenendo lo sguardo fisso sul suo anche quando lo vidi voltarsi verso di me. Forse lo mettevo in imbarazzo?
Prima che anche solo un suono uscisse dalle mie labbra, fu lui a rompere quel silenzio sostenuto.
Sei molto bella disse.
Battei le palpebre un paio di volte e distolsi lo sguardo. Dubitavo che l'avesse detto con il solo obiettivo di imbarazzarmi, ma le sue parole sortirono all'incirca quell'effetto.
In 38 anni l'avevo sentito dire anche altre volte, ma dette da lui quelle parole avevano un suono particolare.
Solo il suo tono di voce gentile e forse anche timido, le rendevano diverse da quelle di qualsiasi altra persona.
Io… Grazie… dissi cercando di nascondere il disagio ma allo stesso tempo accennando un piccolo sorriso.
Rimasi a fissarlo ancora qualche secondo, poi pensai di mangiare quella dannata torta, per distogliere la sua attenzione dal mio viso ormai scarlatto.
Penso che dovremmo mangiarla… non vorrei si indurisse… sussurrai.
Ho portato anche un coltello e qualche tovagliolo… aspetta li prendo…
Mi allungai un po', oltrepassandolo, e per prendere il tutto dalla busta inavvertitamente sfiorai la sua mano con il braccio bollente.
Non appena me ne accorsi mi allontanai di scatto.
Mi dispiace, sono un po' accaldata dissi sorridendo



 
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13 replies since 27/2/2010, 13:28   278 views
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