Twilight GdR

Le début, alla ricerca di nuovi orizzonti

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Ariel Fontaine
view post Posted on 28/2/2010, 19:57 by: Ariel Fontaine







Il cielo , plumbeo e sereno, era venato dalle fragili nubi biancastre che lentamente si addensavano sulla città e i flebili raggi del sole, che si allungavano languidi sulla mia nuova casa, erano carichi di una luce morta e spenta; Sembravano volermi raccontare la nenia melanconica della loro esistenza, in un mondo in cui non era loro concesso sfavillare ed erano costrette a perire nel crepitio sommesso della gelida brezza brumale.
Gli alberi intorno alla casa erano verdi e attempati e i rami decrepiti oscillavano melanconici al vento, sussurrando tristi pensieri alla crepuscolare aria di fine inverno.
Il clima era rigido e fortemente umido, paragonato a quello caldo e radioso del mio paese d’origine, e nell’aria respiravo un odore fresco e mieloso. Era l’odore delle foglie marce che riluttanti si protendono sull’asfalto e delle fradici radici del terreno. Ad un tratto una leggera brezza mi sfiorò il viso, portando con se un odore dolce simile a quello delle gàteaus che preparava la signorina Madeline quando ero bambino.
Era un odore che mi piaceva e per di più proveniva dalla villetta stile vittoriano accanto alla mia nuova abitazione. Chissà forse ci abitava un’affabile vecchietta con la mania per i dolci.
Se cosi fosse, pensai, mi è andata alquanto bene. Prima di arrivare lì a Forks una marea di pensieri mi aveva pervaso la mente, a tal punto da rendermi paranoico.
E se la casa dove andavo ad abitare non mi fosse piaciuta? E se i miei nuovi vicini di casa fossero dei narcotrafficanti o appartenessero ad una sadica setta satanica?
Mille idee astruse e bizzarre preoccupazioni rannuvolavano la mia mente durante il viaggio, tormentando la mia serenità alla guisa di un turbine e allorché cercavo di tranquillizzarmi convincendomi che tutto sarebbe andato per il verso giusto, l’idea di poter finire in un quartiere malfamato e rozzo alla mercè di un famigerato vicinato mi rendeva pazzo. Per un attimo presi in seria considerazione l’ipotesi di abbandonare il piano e fare ritorno a casa. Ma ormai era troppo tardi. Non potevo più tornare indietro. Alea jacta est.
Ed infine, come avevo supposto, la casa era sita sul limitare di una foresta placida e inerme.
Entrato in casa avevo aperto tutte le finestre per evitare che un’aria viziata si impregnasse all’interno della casa. Riposi tutta le valigie sul divano e cominciai a mettere ordine nella mia testa.
Tutto ciò che avevo portato con me si componeva di una decina di pullover di seta, per proteggermi dal freddo pungente del continente nordamericano, e altrettanti jeans per comparare il mio guardaroba; Ma ormai aveva per me inizio una nuova vita e tutto ciò che apparteneva al mio passato doveva essere immolato. Mi sarei comprato dei nuovi abiti, non era certo questo il problema.
La questione che più mi premeva riguardava la mia vita sociale. Avevo paura di non riuscire a conoscere nuova gente e più di ogni altra cosa mi incupiva l’idea che lì a Forks non sarei riuscito ad inserirmi nel sociale.
Già a Strasburgo, nel paese dove avevo vissuto la mia adolescenza, non avevo avuto una grande fortuna con le amicizie, sebbene avessi degli amici speciali ai quali non avrei sostituito nessun altro al mondo. Ciò che più temevo in circostanze simili, era la reputazione; Sin da bambino sono stato per mia natura un ragazzo molto chiuso e riservato e questo mi escludeva da moltissime cose e, nonostante cercassi di apparire sempre felice e sorridente con gli altri, questo mi feriva puntualmente come un inflessibile pugnale.
Ma ora tutto sarebbe cambiato; Avrei dato una svolta decisiva alla mia vita. Non potevo più fingere cullandomi dietro false illusioni e corazzarmi dalle mie pene con l’ipocrisia e le menzogne. Dovevo dare una svolta decisiva alla mia vita.
Inoltre si aggiungeva a tutto ciò il cruccio del dubbio che le lettere di Octave avevano risvegliato dentro di me. Non potevo essermi sbagliato e, sebbene una parte di me fosse convinto che i reiterati rimproveri e oscuramenti dei miei genitori dovevano servirmi da avvertimento e fare luce su una questione che si sarebbe risolta solo con tanta sofferenza e delusione, io ero fermamente convinto che lui era là fuori, da qualche parte, e aspettava solo che io lo ritrovassi.
Octave era ancora vivo.

Edited by Ariel Fontaine - 9/3/2010, 00:08
 
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