Twilight GdR

Rain

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agneSStyle
view post Posted on 8/6/2010, 18:14





Sono le condizioni peggiori a rendere le cose straordinarie.




Ero stata forse scortese, forse l’avevo ferito, gli avevo fatto tornare alla mente cose che invece avrebbe volentieri lasciato sepolte nei meandri dei suoi ricordi… Eppure non lo dava a vedere.
Sorrise, e pensai che non avevo mai visto un sorriso tanto bello nascere sul volto di nessuno.
Era incredibile. Anche quando ero stata riluttante nel mostrargli la mia cicatrice si era dimostrato un vero gentiluomo, scusandomi per quel comportamento forse troppo “auto protettivo”.Ci scherzò addirittura sopra, evitando eventuali silenzi imbarazzanti che però, vista la sua innata bravura nello sdrammatizzare le situazioni, non ci furono.
“Io trovo che ti donino un fascino da dura. Sei bellissima e hai un corpo perfetto. Ma quella cicatrice è la tua unica imperfezione,ma per qualche motivo ti rende ancora più affascinante e particolare.,,
Arrossii a quelle parole, e sistemai nervosamente una ciocca di capelli chiari dietro l’orecchio. Se si voleva conquistare una donna, il primo passo era farle dei complimenti. Mai volgari, ma dolci, e soprattutto sinceri, e dovevo ammettere che Josh si stava dimostrando particolarmente bravo in questo. Era semplicemente incantevole.
Adoravo tutto di quel suo viso così perfetto. Le labbra disegnate, gli zigomi alti, gli occhi scuri e leggermente incavati, i capelli arruffati a doc. Adoravo il suo naso, in quel momento leggermente sbucciato, altrimenti perfetto.
Ma non era solo bello, Josh era anche simpatico, eclettico, educato, intelligente, ed anche romantico.
Come avrebbe detto mia madre se lo avesse conosciuto…. “ un uomo da sposare”
Ma dove si era nascosta fino a quel momento questa ottava meraviglia della natura?
“Grazie Josh.” Dissi allora. Avevo abbassato lo sguardo sulla tovaglia, imbarazzata nel mostrare la mia timidezza nel ricevere quei complimenti, ma lo rialzai subito, incontrando gli occhi scuri del ragazzo che fissavano le mie iridi celesti. Allungai una mano sul tavolo, cercando quella del ragazzo. Lui ricambiò la stretta, e mi sorrise cordiale.
Non poteva finire tutto quella sera. Volevo ancora vedere i suoi occhi mentre mi guardavano in quel modo, volevo sentire ancorala sua voce parlarmi con quel tono, volevo che stringesse ancora la mia mano, proprio come stava facendo in quel momento.

La cena intanto stava andando una meraviglia. Io e Josh parlavamo di tutto con una naturalezza che poteva appartenere a due amici di vecchia data, a due fidanzati, piuttosto che a due perfetti sconosciuti. Eppure se qualcuno ci avesse visti quella sera, di sicuro avrebbe pensato a noi due come una coppia di giovani amanti, ancora timidi, ma follemente innamorati.
La linearità dei nostri discorsi, di qualsiasi cosa trattassero, e la sincerità delle nostre risate, erano qualcosa di unico. all quale mai avrei voluto porre la parola fine. Poi c’erano tutte quelle parole non dette: Dialoghi fatti di sguardi silenziosi carichi però di attrazione reciproca, complicità e malizia, le nostre mani che si sfioravano incontrandosi casualmente sul tavolo ingombro di piatti, posate e bicchieri. Ogni cosa avveniva con tranquillità e naturalezza, come se fossimo nati per fare quello che stavamo facendo, come se non ci fosse nulla di nuovo.
Ma era quello il bello, perché tutto era nuovo quella sera. Tutto, a partire dal ragazzo che mi sedeva di fronte per arrivare a quell’emozione che mi ribolliva in corpo come lava incandescente in un vulcano pronto ad esplodere.
“il dessert” annunciò la voce di un cameriere mentre appoggiava con cura i piatti di ceramica bianca sul tavolo. “grazie mille” dissi io, mentre Josh ringraziò con un formale cenno del capo, lasciando che il giovane in livrea scura riempisse entrambi i nostri calici con un profumatissimo vino bianco francese.
Mi era impossibile non fermarmi a guardarlo, i suoi modi educati e spontanei, la sua risata, il fare che aveva di giocare con le posate mentre era intento a parlare, l’accompagnare con gesti ogni discorso, il suo sorriso. Mi chiesi se dopo aver visto sorridere Josh, avrei più goduto del sorriso di altri.
Ma quello che stavamo mangiando in quel momento era il dolce. E poi?
No, non avrei sopportato l’idea di non rivedere più quel ragazzo.
“assaggia questo” dissi con un sorriso, mentre allungavo la forchetta sul tavolo, invitando Josh ad assaggiare la creme brulè. Accettò quel mio gesto, guidando la mia mano fino alla sua bocca. Chiuse gli occhi un secondo, gustando il prelibato dolce.
“allora, com’è? Non trovi che sia..” lui si preoccupò solo di completare la mia frase. “divino.”
E credete, quello che stavamo mangiando non era l’unica cosa divina presente su quel tavolo.
Scherzammo ancora qualche minuto, la signora del tavolo a fianco ci guardava da tutta la sera, nostalgica verso quella gioventù che regnava nei nostri animi e che invece l’aveva abbandonata. Nei suoi occhi non brillava più la luce di chi è innamorato.
Per qualche minuto non dicemmo nulla, i rumori di sottofondo del ristorante era tutto ciò che le mie orecchie riuscivano a percepire.
Stavo finendo il mio dessert, quando Josh si alzò. Subito i miei occhi si spostarono sul ragazzo, pensai che dovesse andare in bagno, o che andasse a pagare. Invece… si portò davanti a me. La sua figura longilinea e perfetta sembrava ancora più imponente vista da quel punto di vista. Afferrò con dolcezza il mio viso tra le mani, e si abbassò su di me.
Il cuore aveva già iniziato a battere forte, il cervello aveva smesso di pensare. Solo un ronzio lontano sembrava regnare in quel cervello che avevo sempre considerato infallibile, poi mi baciò. Un semplice contatto, le sue labbra che si appoggiavano sulle mie, modellandosi ad esse alla perfezione. Sentivo il suo profumo, da “maschio”, sentivo il suo respiro profondo e caldo accarezzare la mia pelle. Non sapevo cosa stava succedendo, ma sapevo che era qualcosa di unico. Afferrai appena il colletto della sua giacca, quando quel contatto finì. I miei occhi cercarono subito i suoi, come per chiedergli di non andarsene, di baciarmi ancora. Eppure le sue parole dissero il contrario di quanto i miei occhi si erano sforzati di chiedere.
“Scusami...Forse è meglio se vado...,,
Fece per andarsene, ed io, ancora stordita da quel bacio inaspettato, rimasi seduta su quella sedia imbottita. I rumori del Lumiere tornarono a colpire il mio udito, mentre la sagoma di Josh si allontanava tra i tavoli del ristornate.
“arrivederci Signore” disse Alfred chinando di poco il capo. Il ragazzo non ci badò molto, e ricambiando quel saluto, si diresse verso l’uscita.
“E che aspetti bambolina!! Vallo a prendere, su!”
Una voce sconosciuta mi costrinse a distogliere lo sguardo da quella scena. Era la signora del tavolo a fianco, che mi esortava a seguire Josh. Come catapultata nuovamente nel mondo reale, annuii alla signora che mi sorrideva entusiasta, e senza neanche prendere borsa e cappotto, mi gettai alla rincorsa del mio cavaliere.
Per poco non andai a sbattere contro il povero Alfred “Miss..” accennò lui “scusa Alfred, torno a prendere le cose dopo ok?” lui annuì confuso “augurami buona fortuna!” dissi alzando la voce, raggiungendo quasi di corse l’uscita. La voce che mi rispose fu quella della signora, alzata in piedi che sventolava una mano a mezz’aria.
Fuori la pioggia scendeva ancora forte. Le gocce rimbalzavano sulle mattonelle del marciapiede, e il mio sguardo volò a destra e a sinistra, in cerca del ragazzo. Lo vidi, confuso tra la pioggia, che camminava col capo abbassato.
“Josh… Josh fermati!” lo intimai, ma lui proseguiva per la sua strada. La pioggia che rigava il mio volto, le braccia scoperte che spuntavano dal vestitino verde, e malgrado i tacci alti, corsi nella sua direzione fino a raggiungerlo. Lo afferrai per la mano, costringendolo a voltarsi. I capelli bagnati gli ricadevano sul viso, una goccia di pioggia abbandonata sul suo mento. Ci guardammo per qualche istante, senza dire nulla. Mi avvicinai al suo corpo, e sta volta fui io a cercare il suo volto con le mani, a raggiungere la sua bocca con le mie labbra.
Questa volta il bacio di pudico ne aveva ben poco, e mi abbandonai in quel momento di trasporto.
Non avrei voluto esser in nessun altro posto in quel momento, con nessun’altra persona.

Edited by agneSStyle - 10/6/2010, 17:04
 
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