Twilight GdR

Rain

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agneSStyle
view post Posted on 2/4/2010, 21:03 by: agneSStyle




Ness.

La mia mente era persa nei ricordi piacevoli che solo l’ingenuità infantile sapeva regalare. I camerieri arrivarono, avvolti nella loro impeccabile livrea scura, a portarci antipasto e altro vino.
Ringraziai semplicemente con un gesto del capo, mentre ancora tentavo di associare Josh a qualche ricordo più nitido. Ovviamente senza ottenere grandi risultati. Ricordo la sua casa, lontana dal centro, al limitare del bosco. Ricordo che la via che permetteva alla gente di raggiungerla era considerata come il “confine Nord” che usavamo noi ragazzini per giocare a guardie e ladri. Ricordo che quella stessa casetta era stata abbandonata, che il signore che c’abitava era un uomo dell’esercito, che incuteva timore un po’ a tutti anche se mio padre diceva sempre che il colonnello Harnett era un gran gentiluomo.
Suo figlio però non giocava con noi. Aveva avuto una storia tutta particolare che nessuno mi aveva mai raccontato nei particolari. Fortunatamente non ero una gran curiosona, e non mi ero mai posta tante domande.
“scusa” dissi cercando i suoi occhi color cioccolato “non volevo accusarti di niente, solo che…”
Non riuscivo a trovare le parole, e tra le mie doti non spiccava di certo quella della brillante conversatrice! “… non mi piace esibire certi… cimeli di guerra!”
Sorrisi, cercando di allentare un po’ la tensione che si era creata tra noi qualche attimo prima. Non volevo assolutamente rovinare nulla di quella magica serata.
Volevo ancora quel suo sorriso, e fui contenta di rivederlo sbocciare nuovamente sulle sue labbra qualche attimo più tardi.
Buttai un occhio sul grande vassoio che occupava il centro del tavolo: mamma mia, era stra colmo di roba!
“bene Josh,” esordii allora studiando le molteplici tartine che avevo di fronte “ spero tu sia una buona forchetta, altrimenti la vedo dura arrivare al dessert” e impugnate le posate portai al piatto due fette di carpaccio di manzo spruzzate con due gocce di limone e accompagnate da pomodorini dall’aria squisita. “ e credimi, la creme brulè che fanno qui è qualcosa di speciale”
Sorrisi ancora, e mi ritrovai a fissare per qualche secondo gli occhi castani di Josh. Un attimo di silenzio, nessun imbarazzo. Era difficile da credere, ma così: guardarsi negli occhi senza aver bisogno di dire nulla, senza sentirsi impacciati nel compiere quella semplice azione, era qualcosa di speciale, qualcosa difficile da trovare. Ma quella sera era diversa, quella sera era magica, e in quella sera tutto poteva succedere.
Parlammo per un po’ del più e del meno mentre ci gustavamo quel ben di dio che gli efficientissimi uomini di Albert e i fantastici chef del Lumiere avevano preparato per noi quella sera.
Gli dissi della cravatta di zio Carter, della sbadataggine di mia madre, del totale disinteresse da parte di Ethan, e con una punta di ironia affermai che ogni tanto la famiglia sembrava coalizzarsi contro di me per farmi sbrigare i compiti più pallosi del mondo.
“insomma, se tu sei James Bond, io son Cenerentola!” dissi concludendo quel discorso. L’atmosfera era tornata quella briosa dell’inizio, e con una velocità che quasi rimpiansi, i camerieri tornarono al tavolo per liberarci dal vassoio degli antipasti. Non volevo che quella cena finisse. Stavo troppo bene per voler lasciare quegli occhi, quel sorriso, quel naso ammaccato, quei bicipiti scolpiti, quella voce calda e accogliente come un abbraccio.
“cosa ti ha portato al Lumiere questa sera?”
Chiesi allora in un attimo di silenzio. Non so, non mi interessava tanto sapere perché non aveva frequentato la mia stessa scuola quando eravamo bambini, le missioni segrete che lo facevano apparire un agente segreto, m’importava solo se anche per lui, quella sera, quel nostro incontro, era qualcosa di speciale. Si viveva nel presente, e nell’immediato futuro. E ciò che io stavo vivendo in quel momento era lui. Poco m’importava tutto il resto.
 
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