Twilight GdR

Old friends, Irvine

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agneSStyle
view post Posted on 28/1/2010, 22:22




Agness



Forks mi divertiva. Cosa che a vedere il paesino americano non si sarebbe mai detta, ma a me piaceva quel posto. Lì ero cresciuta, ero andata a scuola, il mio primo ragazzo era stato di Forks. Lì conservavo tuttora i miei affetti più cari, lì, per vent’anni si era consumata la mia vita.
Stavo riponendo accuratamente i vestiti nell’armadio, quando mia madre bussò alla porta della stanza per offrirmi un tè caldo.
Le sorrisi e la ringraziai.
Tornavo a casa ogni finesettimana, più o meno, lasciando il mio appartamentino da studentessa a Vancouver per rimpatriare.
Sì, perché ogni settimana si trattava di un vero e proprio ritorno in patria. Malgrado la cittadina canadese si trovasse a neanche quattro ore di viaggio da Forks, si trovava pur sempre in un altro stato.
Bevvi il tè con calma, assaporandone appieno il gusto, e la dolce bevanda mi scese calda lungo tutta la gola.
Nella camera a fianco Ethan, mio fratello, ascoltava musica ad alto volume, e il fastidio provocatomi da quell’improvvisato concerto degli ACDC , mi costrinse a guardare l’orologio. Era da più di un ora che andava avanti. richiudendo l’anta dell’armadio senza neppure finire di mettere apposto, uscii dalla stanza con la grazia che si poteva ricondurre ad un elefante.
“Cristo, Ethan!!!” urlai sbattendo la porta “l’hai finita di scassare le palle con la tua musica?”
Il ragazzino mi guardò sollevando la testa china su un voluminoso manuale di storia, l’aria incredula di chi non ha affatto colto l’antifona. Alzai il sopracciglio destro con fare minaccioso. Adesso faceva anche finta di niente?! Percorsi in pochi passi tutta la camera e mi avventai sullo stereo abbassando il volume.
“ e poi mi spieghi come fai a studiare con tutto ‘sto casino?”

Ethan aveva i miei stessi occhi, le mie labbra, le labbra di nostra madre. Ogni volta che lo guardavo, da quando aveva appena imparato a camminare, vedevo nella sua espressione la mia espressione, e la cosa mi infastidiva e mi rassicurava al tempo stesso.
“stai calma Ness.” Disse in tono pacato girandosi sulla sedia della scrivania e tornando ad osservare il suo libro. “stai calma” ripeté scandendo le parole, stavolta senza incrociare il mio sguardo.
Sbuffai. Odiavo quando la gente mi diceva di stare calma. Soprattutto se quella gente era mio fratello, soprattutto se lo diceva con l'aria di essere la persona più calma dell'universo. Girai sui tacchi e me ne andai insoddisfatta. Incredibile, avevo ottenuto ciò che volevo, la musica era cessata, ma non ne ero affatto compiaciuta.
Scesi le scale, e in salotto trovai mia madre con gli occhiali calati sulla punta del naso, intenta a tracciare righe rosse su dei fogli protocollati colmi di stronzate su… buttai l’occhio su un tema… Dickens.
Mi guardò come se le avessi scritte io quelle castronate invece di un suo alunno di quarta liceo, e mi disse di comportarmi meglio con Ethan.
Adesso ero io quella stupita della reazionedi chi mi stava di fronte, non più il mio povero fratellino al piano di sopra. Scossi il capo indignata e mi indirizzai verso la cabina armadio dell’ingresso, presi il cappotto e la borsa Chanel, e accennando al fatto che sarei tornata per cena me andai senza pretendere una qualsiasi sorta di risposta.
L’aria era fredda ed umida, cosa normale nell’inverno nel nord del continente, percorsi a grandi passi il viottolo di casa, feci scattare le sicure dell'l’audi nera parcheggiata davanti casa e una volta salita a bordo presi la strada che mi avrebbe condotto in centro.
Se c’era una cosa comoda dei piccoli centri abitati era il fatto che con l’automobile potevi andare ovunque: niente zone pedonali o a traffico ristretto, via libera e parcheggi praticamente ovunque.
Sentii il cellulare squillare nella borsa, appoggiata sul sedile del passeggero, e dando uno sguardo all’orologio sul cruscotto capii di essere in ritardo di tre minuti.
e dai Irvine… pensai con tutte le volte che hai fatto aspettare me, che saranno tre minuti???
Parcheggiai senza problemi e accorgendomi che dalla fretta m’ero persino dimenticata di allacciarmi le cinture di sicurezza, entrai nel solito (nonché praticamente unico) bar di Forks. Sede di innumerevoli incontri e serate con amici, pranzi e cene e colazioni alle ore più impensabili, partite a biliardo che ti costringevano china sul velluto verde per ore intere.
Entrando il solito profumo di muffin e caffè mi investì piacevolmente, e sulla destra, appostato sul nostro solito tavolino, il mio grande amico di sempre, Irvine.
“Hei megafusto”gli dissi strizzandogli l’occhio. Lui sorrise, e le mie labbra si piegarono automaticamente in un ampio sorriso. Si alzò dalla sedia e mi abbracciò.
Stavo in Canada per due settimane al massimo, è vero, ma ad ogni mio ritorno sembravano essere passati anni.

Edited by agneSStyle - 28/1/2010, 22:53
 
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view post Posted on 29/1/2010, 22:14
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Irvine

L'arrivo di Betty nella mia vita mi aveva scosso come avrebbe fatto un ciclone con una città di cristallo.
Di lei non sapevo praticamente nulla e piu che altro mi aveva scosso e colmato un piccolo vuoto che ormai da tempo sentivo dentro di me. Eppure quel vuoto era stranamente ancora aperto, non riuscivo a sentirmi bene con me stesso e sentivo che qualcosa mi mancava, ma non era l'amore, era qualcosa di meglio dell'amore stesso.
Avevo segnate alcune date sul calendario, erano cerchiate in rosso e sottolineate quasi fino a bucare la carta lucida del calendario, ogni giorno andavo e vi davo un'occhiata chiedendomi quanto ci sarebbe voluto perchè quella data fatidica arrivasse.

Agness, oppure Nessy come la chiamavo io ormai da tempo immemore, era una delle persone piu importanti della mia vita, in pratica io e lei ci conoscevamo da quando eravamo piccoli, tutti e due nati e vissuti a Forks, avevamo anche frequentato la stessa scuola al liceo e anche se un po mi vergognavo per lei in un periodo della mia vita avevo provato emozioni veramente forti, la cosa piu smile fino ad allora potesse assomigliare all'amore.
Un sentimento forse unilaterale che verso di lei avevo provato soltanto io e che mai avevo avuto il coraggio di confessarle, quando disse che sarebbe andata via dopo il liceo per studiare in Canada avevo sentito una grossa fitta al cuore; il centro delle mie sensazioni ed emozioni si era praticamente sfasciato alla sua confesione, così non avevo potuto fare altro che rinchiudermi su se stesso e aspettare che tornasse, dopo tutto non potevo impedirle di vivere la sua vita.
Ci vedevamo praticamente ogni volta che ritornava a Forks e non smettevamo mai di mandarci messaggi sul cellulare, non era la stessa cosa ovviamente che ascoltarla parlare e fantasticare come avevamo fatto per anni ma quanto meno poteva servire a me per sentirmi meno solo.
Un concetto abbastanza egoistico eppure non sembrava esserlo finche il piacere era reciproco.
Appena alzato quella mattina, dopo l'incontro con la bellissima bionda la sera prima , ero già molto emozionato, sapevo che finalmente era giunto il giorno in cui sarebbe tornata a casa e ovviamente vedersi almeno per scambiare due parole era d'obbligo, così lessi il suo messaggio di prima mattina in cui mi diceva ora e ovviamente solito posto per l'incontro.
Era strano doverla aspettare li al solito tavolino dentro all'unico bar di Forks, di solito ero sempre io a far aspettare lei ma quella vlta era diverso, in quelle due settimane mi era mancata piu di ogni altra persona.
Attesi impaziente e non attesi nemmeno 3 minuti di ritardo che gia le stavo facendo squillare il cellulare per avvertirla che in pratica ero li ad attenderla.
Lo sguardo ovviamente fisso sull'unica porta quando finalmente Nessy entro dalla porta e mi si avvicinò con l'andatura elegante e lo sguardo felice di sempre.
Era incredibile, la ricordavo quand'era bambina il suo sguardo era lo stesso , felice e spensierato mentre guardava al futuro e sorrideva con la grande serenità di sempre, ma per il resto era cambiata e piu stavamo lontani e piu me ne rendevo conto, era una donna ormai e mi passo per la mente che chissa quanti ragazzi le facevano la corte; sorrisi al pensiero.

Mi alzaì immediatamente con il sorriso sulle labbra anche per la sua battuta, era bellissima come sempre ed il suo modo di fare lo condividevo in modo totale, eppure eravamo così diversi io e lei, ma da sempre grandi amici.
Subito mi buttaì al suo collo abbracciandola e fortemente stringendola a lei, quasi non ci credevo che fosse arrivata, nemmeno mancasse da chissa quanto.
Nessy...
sussurraì quasi come se non ci credessi ,poi distolsi l'abbraccio e appoggiai i palmi delle mani sul collo tenendo il suo viso tra le mie mani, in lei rivedevo sempre quella bambina che giocava con me ed ogni volta era una grande emozione.
Portaì poi le mie mani sulle sue spalle.
quasi pensavo non venissi più!
la redarguiì scherzoso manco avesse fatto chissa quante ore di ritardo, e li invece parlavamo di pochi minuti davvero.
 
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agneSStyle
view post Posted on 31/1/2010, 19:13




Agness



Sentii le sua braccia possenti stringermi forte, come se fossero passati secoli dal nostro ultimo abbraccio. Non ero l’unica ad essere malata di nostalgia in quel mondo! Sentire il suo profumo, il suono della sua voce fu come una dolce carezza, una coccola che non mi volli negare.
Tenendolo per gli avambracci lo fissai senza essere capace di togliermi il sorriso dalle labbra.
Io ed Irvine ne avevamo passate assieme… il suo sguardo complice e la sua risata sincera erano tra i ricordi più felici della mia fanciullezza.
“sai com’è…” dissi sospirando ma trattenendo comunque con forza una risata “tra il traffico e tutto il resto a volte può capitare”
Finalmente ci sedemmo. La barista, ovvero la cara vecchia Nancy, sorrise sotto i baffi mentre metteva apposto delle tazzine del caffè. Lei ci conosceva da quando eravamo bimbi, da quando ci si doveva mettere sulle punte dei piedi per spuntare su dal bancone con il ripiano in legno scuro ormai consunto, quando l’estate si andavano a prendere i ghiaccioli alla menta e l’inverno la cioccolata calda con la panna. Noi eravamo cresciuti, ma sembrava che il tempo non avesse nessun effetto su di lei. La solita espressione gaia e le profonde rughe attorno agli occhi erano le stesse di sempre.
“spero comunque vorrai perdonarmi” dissi infine dedicandogli uno sguardo troppo dolce per non essere ascoltato.
Per qualche secondo nessuno dei due disse nulla, ci guardammo semplicemente come se nel viso dell’altro fosse stato possibile trovare un resoconto dell’ultimo periodo, un qualche cambiamento in quell’espressione che si conosceva ormai alla perfezione e che stesse ad indicare: “è successo e tu non c’eri”.
Sorrisi. E mentre giocherellavo con il menù pieghevole, mi accorsi che qualcosa in lui era effettivamente cambiato. Non mi sapevo spiegare bene cosa, ma qualcosa sembrava rendere il “mio” Irvine diverso da come l’avevo lasciato l’ultima volta: preso da un lavoro che non lo appagava appieno, e che spesso e volentieri lo aveva fatto vacillare.
Forse avrei dovuto faticare per capire cosa fosse successo… Non era mai stato molto loquace, e dopo la morte di sua sorella si chiuse ancor più in sé stesso, evitando di condividere con altri i suoi problemi e le sue paure. Non amava mettersi in mostra, essere al centro dell’attenzione, ma con me era diverso. Io e lui non avevamo mai avuto segreti. Da bambini ci nascondevamo per pomeriggi interi nella casa sull’albero, a raccontarci tutto, ad inventare storie assurde dando la caccia a vampiri e lupi mannari che secondo le leggende locali abitavano i boschi di Forks fino ad arrivare giù, a La Push. Ma eravamo sempre stati sinceri l’uno con l’altra. Per alcune ore potevamo anche essere due spietati cacciatori di creature fantastiche armati di fionde e sassolini, ma l’uno sapeva tutto dell’altra e viceversa e non si fingeva mai quando erano i nostri sentimenti a scendere in campo. Erano un bel po’ di anni da quando alla casa sull’albero avevamo preferito posti più civili come un bar o le nostre camere da letto per raccontarci i segreti. Cambiavano i posti, si diventava grandi, ma la storia era sempre quella.
Lo guardai con attenzione, trattenendo lo sguardo fisso in quei suoi profondi occhi verdi, quando senza alcuna malizia o insolenza decisi di chiederglielo.
“che c’è Irvine?”
Lui non disse nulla, aprii la bocca e la richiuse quando Nancy portò al tavolo due tazze di caffè nero bollente.
“si direbbe che ne hai bisogno” scherzai riferendomi al caffè, anche se dovevo ammettere di vederlo un po’ più stanco rispetto al solito. Portai la tazza alla bocca.
“Scotta!” dissi in un acuto gridolino portandomi istintivamente la mano alla bocca, e cercai nuovamente lo sguardo di Irvine che adesso rideva scuotendo la testa rassegnato dalla mia imbranataggine.
“che c’ho, la lingua in titanio io?????” Anche Nancy rise mentre tornava al bancone, e fece una battuta della quale però non colsi il significato.
Lasciai la tazza sul tavolo, mentre guardavo ancora il ragazzo che avevo di fronte. Non era solo stanchezza la sua, non solo lavoro o stress. Me ne preoccupai, ma sapevo che sarebbe stato lui a decidere se parlarmi o meno di quello che gli frullava nella testa. Io, con lui, avevo imparato una cosa importante oltre all’amicizia: aspettare.
 
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view post Posted on 2/2/2010, 23:57
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SPOILER (click to view)
Premetto che ho dovuto riscriverlo , quello che avevo scritto di getto era bellissimo, questo fa cagare ma er stavolta perdonami che ancora mi brucia il culetto :@


Irvine

le sue carezze ed il suo tocco mi donavano sempre la stessa intensità e sempre le stesse emozioni, era strano per me non sentire piu le sue attenzioni e le sue carezze per settimane.
Immediatamente la Barista Nancy vedendoci cominciò a prepararci il caffè, tutto quello era strano, quella donna ci aveva visti crescere e che io ricordassi aveva sempre avuto la stessa faccia, era come se fosse stata sempre vecchia ai nostri occhi ma comunque ormai ci conosceva talmente bene che bastava addirittura uno sguardo per capirci immediatamente, una comunicazione silenziosa e monotona, un linguaggio ripetitivo che però ti lasciava dentro un sapore diverso, un qualcosa di importante, la sensazione di capirsi al volo e la complicità erano importanti per tutti, per sentirsi un po meno soli.
Immediatamente Nessy con una battutina mi chiese di perdonarle il piccolo ritardo, semmai c'era stato.
Mh.... bhe non lo so..
Dissi inizialmente fingendo un espressione seria, anche se ovviamente tutti e due sapevamo scherzassi, poi lei sfoderò il suo pezzo forte, due occhioni bellissimi e lucenti attorniati da un'espressione da cane bastonato che avrebbe commosso chiunque.
Mi lasciaì così andare ad una piccola risatina, quando faceva così non riuscivo piu nemmeno a dirle no quando scherzavamo.
e va bene... ma che non si verifichi più!
l'avvertiì con il solito sorrisino stampato sulle labbra, ed immediatamente dopo seguì un lungo silenzio.
Un silenzio fatto di due sguardi che si incrociavano e si fissavano intensamente come per fare l'uno la scansione dell'altro.
Era come se l'un l'altra dal semplice cambiamento di qualcosa nel volto potessimo intendere che c'era stato qualcosa che difficilmente ci saremmo potuti confessare tramite un sms oppure per telefono.
In quello sguardo che fissavo con un sorriso mi perdevo sempre nei ricordi, perchè non era mai cambiato, perchè era sempre lo stesso da quando ci conoscevamo; ricordavo le corse spensierate nei boschi e alla Push , sulla spiaggia quando il caldo ci assaliva; quante botte mi ero preso per difenderla quando qualche ragazzo la infastidiva un pò troppo a scuola e quante volte ci eravamo consolati a vicenda per un amore finito male.
QUante volte avevamo trovato conforto l'uno sulla spalla dell'altra, sfogando il nostro pianto?
Tantissime volte, tante da non poterle certo contare ne ricordare.
Appena l'avevo rivista mi ero chiesto che cosa fosse cambiato in lei, e soprattutto se qualcun'altro oltre a me avesse capito quanto quello sguardo fosse speciale, certo se si fosse fidanzata me lo avrebbe detto immediatamente, conoscendola, quindi la cosa era da escludere ma proprio non riuscivo a capire come potesse passare inosservata.
Nemmeno me n'ero accorto ma tra noi era sceso un silezio che era durato tantissimo, un silenzio fatto da un linguaggio silenzioso che subito sarebbe stato seguito da una domanda.
Sentire quel suo <<cosa c'è Irvine?>> ancora mi metteva nello stomaco una sensazione strana che era simile al pianto ma che non lo era; è come quando capisci per la prima volta che il tuo interlocutore ti capisce davvero, capisce cosa provi ed intuisce le tue emozioni, lei con me era così, ci riusciva senza alcuna difficoltà e ogni suo gesto era volto a farmi sentire quasi speciale.
Immediatamente abbassaì per un istante lo sguardo e Nancy ci portò il caffè.
Nessy allora lo assaggiò ancora bollente, con lei era sempre la stessa storia, era una maldestra di prim'ordine.
Quando si scotto la lingua inveendo contro la Barista in modo scherzoso mi scappò una risata soffocata in gola.
Nancy si allontanò immediatamente ridacchiando sapeva che dovevamo parlare io e Nessy, la quale pazientemente aveva aspettato in silenzio che io trovassi le parole.
Lei mi conosceva piu di chiunque altro e sapeva che per aprirmi mi ci voleva tempo anche se con lei il tempo si riduceva davvero al minimo .
Lentamente allungaì la mano destra verso a sua sinistra e con le dita sfioraì le sue delicatamente iniziando a giocare con le sue dita dalla pelle liscia e delicata, quando lo facevo era perchè la persona che avevo davanti era speciale per me, e così lo era per me la "mia" Nessy.
Le accarezzaì poi il palmo di quella mano con il pollice ed incontraì la solita collinetta che le attraversava la mano, uno sputo del tempo, una cicatrice che se avessi potuto pur di toglierla a lei me la sarei fatta stampare in pieno volto.
Perfino quella cicatrice raccontava di noi, quando se l'era fatta eravamo molto piccoli e all'insaputa dei nostri genitori eravamo scappti nel bosco, lei era inciampata e cadendo si era aperta quella ferita; a causa di quella piccola imperfezione sul palmo gli altri bambini le avevano affibiato un soprannome che io non amavo nemmeno ricordare, e sempre avevo cercato di far si che anche gli altri non lo usassero a volte anche imponendomi con la forza, seppur a lei non fossero mai piaciute quelle cose.

Si...hai ragione ne ho proprio bisogno...
Le confessaì con un sorriso stringendole forte la mano, in realtà non avevo voglia di caffè.
Mi sei mancata.
Le confessaì per rispondere al suo solito <<che c'è Irvine?>>, ma lei probabilmente avrebbe capito che non era solo quello ed io poi avevo voglia di parlarne, magari non ancora di Betty.
e poi...bhè una situazione a lavoro che mi preoccupa...
Certo trovare la gente squartata nel bosco non era proprio una bella situazione, l'ultima volta era toccato a due ragazze, una bionda ed una Rossa decisamente molto belle, una di loro la conoscevo anche.
Certo era , però, che non l'avrei avvilita con il mio lavoro che di problemi me ne causava già abbastanza ultimamente fornendomi indizzi che logicamente non erano accettabili.
Sai...penso già a quando dovrai partire di nuovo..
Era vero, non faceva nemmeno in tempo a tornare che spesso doveva subito fuggire ancora ed ogni volta per me era un colpo micidiale al cuore.
 
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agneSStyle
view post Posted on 3/2/2010, 21:12




Era una risata calda e pacata la sua. Infondeva tranquillità, e la sua voce sapeva come di cioccolato, con una punta di cannella. Mi ricordava i natali di Aspen, con il fuoco che ardeva nel camino mentre fuori cadeva lenta la neve. Le sue parole erano piacevoli come le note di un violoncello sapientemente suonato.
Allungò il braccio sul tavolo, ed automaticamente gli porsi la mano. Iniziò a giocare con le mie dita, i polpastrelli che accarezzavano la pelle bianca e morbida. Si soffermò sulla cicatrice che mi percorreva il palmo sinistro per tutta la sua lunghezza e con la quale avevo imparato a convivere da quando avevo otto anni,quando fu Irvine a portarmi a casa in un bagno di lacrime e sangue, prendendosi tutte le responsabilità dell’accaduto.
Intrecciai le sue dita alle mie, stringendole appena. Lui mi aveva sempre protetto, lo faceva tuttora, e credo nulla gli avrebbe mai impedito di continuare a farlo per sempre.
Aspettò, nel frattempo continuava a giocare con la mia mano, una piccola fedina d’oro bianco dalla quale non mi separavo mai, regalo di mia nonna per il compleanno. Non avrò avuto chissà quali poteri soprannaturali, ma non mi serviva la telepatia per capire cosa stesse passando nella testa Irvine, la mia magia era intrinseca in lui, i suoi occhi erano la mia sfera di cristallo.
CITAZIONE
“mi sei mancata”

Quelle parole furono come lame piantate nel petto, e anche se agli occhi di tutti la mia espressione poteva sembrare immutata rispetto a come lo era qualche istante prima, dentro mi sentivo vuota.
“era successo e tu non c’eri”. Ecco che cosa mi stava dicendo. Ecco la mia paura, il mio presentimento, la mia voglia di scoprire che c’eravamo entrambi abituati a questa lontananza. La consapevolezza che ciò non sarebbe mai potuto succedere.
Ecco cos’era cambiato in Irvine. Lui aveva avuto bisogno della sua amica, e lei non c’era. Ed io non c’ero.
Al telefono diceva sempre “ne parleremo appena ritorni” perché lui non era tipo da passare le ore al telefono per dirti due cose, preferiva tenerti per mano e guardarti negli occhi, come stava succedendo in quel momento. Solo che a causa mia tutto ciò non poteva avvenire con la stessa frequenza di sempre. E io questo lo odiavo, davvero.
Disse che gli mancavo, ma non lo fece col tono di chi vuole farti pesare uno screzio, lo disse col cuore in mano, perché gli ero mancata davvero, la sua piccola, testarda, maldestra Nessy.
“anche tu mi sei mancato”. E dicendolo cercai i suoi occhi. Il mio tono cupo non faceva capire solo che il tempo di dire cazzate era momentaneamente sospeso, ma che ne ero sinceramente amareggiata, che avrei cercato il modo per farmi perdonare. Sorrisi, anche se i miei occhi sembravano disapprovare l’idea delle labbra d’incurvarsi verso l’alto.
CITAZIONE
“e poi...bhè una situazione a lavoro che mi preoccupa..”

Avevo sentito mio padre accennare al corpo speciale della polizia di Forks riguardo ad indagini che lo occupavano parecchio in questo periodo. Il telefono squillava la notte, e lui usciva di corsa per tornare il mattino presto, lo sguardo stanco di chi aveva già visto troppo, un bacio sulla guancia che sapeva tanto da veterano di guerra, faccende “top secret” che lo facevano apparire più vecchio di dieci anni.
“non andare sola nel bosco” mi aveva detto. me lo diceva anche quando avevo otto anni, ma allora c’era Irvine con me, e nella peggiore delle ipotesi potevo tornare a casa con un ginocchio sbucciato.
Piegai leggermente la testa sulla spalla destra, gesto che compivo spesso involontariamente durante le conversazioni.
“ho visto papà particolarmente agitato ultimamente” dissi con tranquillità moderando il tono di voce e sporgendomi un po’ di più verso il mio interlocutore.
”tu stai bene?”
Non sapevo in cosa si fosse imbattuta la polizia della contea in quel momento, ma mi immaginai Irvine alzarsi nel cuore della notte per andare nel bosco per chissà quale assurda faccenda, camminare per gli stessi boschi in cui giocavamo quando eravamo piccoli, gli stessi boschi in cui anni fa fu assassinata sua sorella. Ma quella volta non si trattò di un gioco. E neppure quello in cui era coinvolto adesso lo era. Lasciai la tazza del caffè per raggiungere con la mano libera quella di Irvine. Vederlo così mi faceva male, e soffrivo ancor più sapendo che l’unica cosa che potevo fare era stargli vicino e dimostrargli il mio affetto. Quello ero sicura mi sarebbe diventato bene.

“Adesso sono qui, ed è questo quello che conta. Tornerò a Vancouver solo a marzo”
La sua era una palese richiesta di aiuto, e io ero lì per offrirglielo. La sua vulnerabilità diventò la mia forza, la mia determinazione. Il fatto che si lasciasse vedere per quello che era, un ragazzo atterrito al quale la vita aveva sempre chiesto troppo, il fatto che lo facesse solo ed esclusivamente con me una prova di amicizia e fedeltà che pochissime persone erno in grado di sostenere. Già lo sapevo, ma quello che avevo di fronte non era solo un amico, era qualcosa come un fratello, qualcosa come un alterego, qualcosa come... una parte di me stessa, la parte più bella.

Edited by agneSStyle - 4/2/2010, 14:21
 
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view post Posted on 7/2/2010, 15:01
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Irvine

Non eravamo semplicemente seduti a parlare, noi in quel momento stavamo condividendo qualcosa di importante e pres avremmo anche aperto noi stessi l'uno all'altra.
Era questo il bello di noi due, che all'inizio potevamo sembrare , sebbene assai uniti, comunque impacciati nel parlare di noi, ma entrambi, comunque, avevamo imparato ad aspettare e ad calcolare i tempi dell'altro rendendo quei momenti meravigliosi che passavamo insieme anche uno sfogo per le nostre rabbie represse, qualcosa che ci desse la possibilità di piangere per far vedere quanto fossimo umani anche noi che da fuori sembravamo indistruttibili.
In realtà lei sapeva che cosa mi stava passando per la mente e forse quel mio <<mi sei mancata>> le aveva provocato più dispiacere che altro, conoscendola si sarebbe forse data la colpa del fatto che non ci vedevamo piu come prima visto che era andata via per percorrere la propria strada.
D'altronde quello me lo sarei aspettato, lei era così, era progressista e credeva in cio che faceva, era forte e poteva reprimere qualsiasi tipo di dolore; per me era diverso invece, io ero attaccato alle mie radici ed alla monotonia della mia vita che fosse cambiata mi avrebbe mandato in panico di certo, inoltre il dolore , soprattutto quello per l'assenza di qualcuno, mi faceva crollare e come ripeteva sempre il sergente in caserma:<<non hai le spalle abbastanza larghe ragazzo>> ed aveva piu che ragione, tanta da non permettermi nemmeno di sostenere il peso dell'assenza e della lontananza.
L'unico momento in cui Nessy sembrava fragile era quando parlava con me e quando entrambi ci mettevamo di fronte la nuda e cruda verità dei fatti, allora bastava una mia parola per far riemergere il dolore che lei soffocava, non sembrava vero ma io lo sapevo, anche la mia assenza aveva un peso fondamentale nella sua vita almeno quanto la sua lo era per me.

Strinsi forte anche l'altra sua mano mentre lei continuava a guardarmi, sembrava che nessuno dei due volesse abbassare lo sguardo per non perdere nemmeno un fotone della luce riflessa negli occhi della controparte.
Disse che suo padre era assai preoccupato per la situazione che si era creata in quei giorni , ovviamente si riferiva al fatto che la polizia di Forks, di cui suo padre faceva parte da Anni, si stava dando dal momento che diverse persone da qualche tempo a questa parte erano state assassinate misteriosamente ed in modo assai brutale.

diciamo che dormire la notte è diventato più difficile...
Le dissi con tono basso ed con una punta di preoccupazione, in un certo senso non volevo che lei stesse li, con tutte le cose che stavano succedendo e soprattutto visto che la maggior parte delle vittime erano di sesso femminile la mia preoccupazione era aumentata parecchio.

Poi lei cambiando discorso disse che alla sarebbe andata via solo alla fine di Marzo e che dunque avevamo molto tempo per noi due.
Il mio sguardo però non riusciva piu a rilassarsi, si ero assai preoccupato questo era da ammetterlo.
Tieni presente alcune cose però: Primo non voglio assolutamente che tu vada nel bosco nemmeno in compagnia di qualcuno , secondo pretendo che tu mi informi ogni volta che esci di casa e che mi faccia sapere dove vai.
Ero forse un po premuroso? Nha! Mica tanto! Dopo tutto con quello che atava accadendo non volevo assolutamente che andasse in giro da sola ed anzi le sarei stata accanto il piu possibile, certo conciliare il lavoro con il passare il mio tempo libero dividendolo equamente tra lei e Betty sarebbe stata un'impresa assai ardua ma io ci avrei provato comunque anche perchè nessuna relazione con qualsivoglia ragazza mi avrebbe impedito di passare del tempo con la "mia" Nessy.
ah ... e soprattutto voglio sapere con chi esci.
Dovevo ammettere che un po geloso nei suoi confronti ero , ma la cosa principare era che volevo sapere chi Nessy frequentasse anche magari per stare piu tranquillo.
...E non dirmi come al solito che assomiglio a tuo padre...lui è piu vecchio ed è peggio di me.
Già, questo era vero , infatti seppure io la soffocassi in un certo senso con le mie premure era anche vero che il padre era anche peggio di me, forse dipendev appunto dal fatto che era il padre.
 
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agneSStyle
view post Posted on 11/2/2010, 21:32




La preoccupazione nella sua voce era tangibile, e li non cercò di nasconderla. Dopotutto perché avrebbe dovuto farlo?
Lasciai la sua mano per prendere un breve sorso di caffè, quando lui mi disse esplicitamente che non sarei dovuta andare nel bosco, da nessun’altra parte senza prima avvisarlo.
Appoggiai la tazza di ceramica sul tavolo, e lo guardai ancora negli occhi. La preoccupazione non era certo per il suo stato attuale di nottambulo, quanto per me. Le sue pupille si muovevano veloce ad analizzare ogni punto del mio viso, come se gli avessero bendato gli occhi un secondo più tardi e gli avessero chiesto di descrivere esattamente ogni mio particolare.
Gli accarezzai dolcemente il viso, la mascella serrata s’ammorbidì appena al tocco della mia mano, e sembrò quasi abbandonarsi per un istante tra le mie fragili mani.
Le sue parole non erano state recepite come una noiosa costrizione al quale ero obbligata a sottostare, non erano uno spropositato atto di gelosia o altro.
Se Irvine diceva una cosa non lo faceva a caso, e questo era uno dei pilastri della mia vita. Ogni parola era calcolata e calibrata negli effetti, e il fatto che lui volesse essere informato sui miei spostamenti non mi faceva presumere nulla di buono.
Avevo vissuto fino a sedici anni senza telefono cellulare e senza e-mail, si tornava a casa per la merenda e poi solamente quando il sole faceva capolino dietro le montagne, e nessuno aveva mai battuto ciglio, e dire che allora ero una bambina!
Non sapevo se chiedergli cosa ci fosse nel bosco, quale fosse il motivo per il quale non chiudeva occhio la notte. Non sapevo, o forse non volevo saperlo.
Deglutii, e facendo scorrere la mano lungo il suo viso ed il collo, gli accarezzai la spalla fino a tornare alla sua mano.
“è meglio che io non sappia cosa ci sia nel bosco. Vero Irvine?”
Sapevo che non me l’avrebbe detto, ma a guardarlo bene sembrava che non lo sapesse nemmeno lui il pericolo che si aggrava nella foresta di Forks.
I giornali locali avevano accennato al ritrovamento avvenuto nei boschi della contea di alcune ragazze vittime di aggressioni di orsi e puma, ma non vi fu dato particolare riguardo. La gente preferiva vivere nella convinzione che il male fosse lungi dalle loro case così bianche e così perfette. La gente preferiva una bella bugia piuttosto che una cattiva verità. La gente… ma io no, e nemmeno Irvine.
“pensavo di essermi sbarazzata dei mostri moooolti anni fa” dissi con una punta di ironia nella voce abbassando gli occhi, e cercai di soffocare un principio di una risata, che uscii però come uno sbuffo rassegnato “ e mi pareva allora di avere anche un ottimo aiutante al mio fianco”
Tornai a guardarlo negli occhi, sperando di vederli un po’ meno pensierosi di come li avevo lasciati. “si vede che non abbiamo fatto un ottimo lavoro, Robin” adesso la lasciai andare quella triste risata.
Non era certo il momento migliore di scherzare, non avevo mai visto Irvine preoccuparsi per me in quel modo, nemmeno quando uscivo con Miky Mc.Farrel. e ripensandoci bene lì si che c’era da terrorizzarsi!
Finalmente sorrise. Fu meglio di una carezza o di un bacio dato da qualsiasi altra persona, il suo sorriso era il mio compenso per ogni mia azione, era un messaggio di sicurezza, sincerità ed amore.
“tu come mio padre?” gli dissi allora sgranando gli occhi “assolutamente no! Ti manca un po’ di barba e qualche chilo in più. ” e gli sfregolai un palmo contro la morbida mascella rasata di fresco. "sei troppo carino per assomigliarci"
sapevo che lui si riferiva al suo essere molto apprensivo nei miei confronti, ma lui sapeva benissimo che non mi dava fastidio, e che mai e poi mai l'avrei paragonato al signor Matthias Van der Vaart. Sorrisi ancora, e sta volta fu quasi una liberazione, un momento di relax in tutto quel discorso tetro e che mi preoccupava parecchio.
“ti voglio bene Irvine” gli dissi allora tornando un poco seria e guardandolo con tenerezza negli occhi “lo sai vero…” era una domanda retorica alla quale mi ero già risposta, ma non mi sarei stancata di dirglielo,e in quel momento volevo che lui se lo tenesse bene in mente.
 
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view post Posted on 19/2/2010, 13:44
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Ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini.

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Irvine

Se fossimo stati davvero così affini questo proprio non lo sapevo, ma di una cosa ero sicuro che l'uno potesse contare sull'altra e viceversa.
Anche il capirsi al volo era una nostra prerogativa, infatti nella mia preoccupazione non v'era una nota di proibizione, non obblighi che lei doveva rispettare o qualcosa del genere semplicemente consigli verso la persona a cui piu tenevo al mondo.
Lei tutto questo lo capiva alla perfezione , era intelligentissima e non mi avrebbe affatto sorpreso il fatto di vederla un giorno diventare una persona di importanza nazionale se non mondiale.
Con me poi era tutta un'altra storia, tra noi non esistevano preoccupazioni perchè nel nostro rapporto non entrava nulla se non l'affetto, quello che l'uno provava per l'altra e che ci caratterizzava in pieno unendoci quasi fossimo un 'entita sola.
Per il momento il tono era serio, perchè la mia preoccupazione nei suoi confronti era tangibile, non a caso le piu colpite dall'assassino erano le belle ragazze, tutto faceva tornare i conti .
In risposta alla sua prima osservazione le lanciaì uno sguardo dal basso come per dirle:<<meglio non sapere>>; si volevo proteggerla come avevo sempre fatto da quasi 17 anni, da quando ci conoscevamo , una vita passata insieme e mai mi ero preoccupato tanto per lei, pur comunque avendola sempre difesa a rischio di mettere sempre me stesso tra lei e il oolpo.

QUando la buttò sul ridere quasi dimenticaì utto cio che era accaduto nei giorni scorsi e nella mia mente c'era solo l'immagine di noi, felici che giocavmo nel bosco fingendo di sparare ed ammazzare mostri immaginari.
Tutto quello era stato il mio mondo e lei lo rispecchiava alla perfezione , nei suoi occhi potevo rivedere me stesso e il mio mondo, il nostro mondo, che avevamo scelto di vivere insieme.

Alla sua risata triste risposi con un sorriso un po amaro e allungaì una mano in direzione del suo viso toccandole una guancia come per farle sentire sempre la mia presenza, come per ricordarle sempre che aveva me accanto e che mi avrebbe sempre trovato, e soprattutto a dirle di non essere triste per me.
Propio quanto te ne voglio io..
le dissi concedendomi un altro sorriso, se me lo avesse chiesto le avrei sorriso forse per sempre, ma adesso tra un gioco e l'altro ed una forte dichiarazione d'affetto si poteva anche entrare a parlare del piu e del meno.
Ebbhene... come vanno le cose li?
Le chiesi in pratica interessandomi a quello che stava facendo li in Canada tanto per sapere novita sulla sua vita.
 
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agneSStyle
view post Posted on 1/3/2010, 18:50




Ness.

Ancora qualche attimo di silenzio. La conversazione stava giungendo al termine, e ne ebbi la conferma quando ricambiandomi il gesto d’affetto mi disse che mi voleva bene. Sembrava tutto così semplice quando c’era lui… tutto così spontaneo e naturale che qualsiasi altro tipo di rapporto che allacciavo con ragazzi della mia età mi sembrava superficiale e troppo costruito. Solo con lui ero riuscita fino a quel momento ad essere sempre me stessa senza paura delle reazione che ciò poteva suscitare nell’altro. Solo con lui, e forse era per questo che non avevo mai avuto nessun tipo di relazione sentimentale che potessi considerare seria. Volevo qualcuno che mi sapesse comprendere come Irvin, qualcuno che mi riuscisse a dare la stessa sicurezza che solo lui riusciva a darmi. Volevo troppo. Volevo l’affinità di uno straordinario amico, e la complicità di un perfetto amante. Volevo troppo, ed era per questo che ero sola. Meglio soli che mal accompagnati, pensavo senza sentir nascere in me nessun tipo di rimpianto.
“alla grande” dissi allora andando col pensiero all’università canadese che frequentavo “anche se il professore di modellistica, quell oche dovrebbe assistermi in tesi, mi ha dato una brutta gatta da pelare” lo informai scuotendo il capo, e afferrai la grossa tazza di caffè, riappoggiandola al tavolo solo dopo aver bevuto la bevanda amara fino all’ultima goccia.
“cioè, è incredibile, ogni progetto che presento sembra sempre essere incompleto…” era da settimane che presentavo al professore le più svariate combinazioni di materiali lignei e plastici con le quali tentavo di costruire una stramaledetta sedia sferica. “che vuole, mica posso metterci lo schienale.. Cavoli, è una palla!!!” Passai una mano tra i capelli sbuffando ma sorridendo. Avevo già speso abbastanza tempo a lamentarmi per quel prototipo, non mi andava di sprecare ulteriore tempo in quel modo.
“e dire che la mia è un’idea brillante!!” Irvine era al corrente di quel mio esame di laboratorio. Era stato lui a fornirmi i vari pezzi di legno di cui avevo bisogno, appoggiandomi totalmente, non so se per reale convinzione o semlice amicizia.
“ma oltre al vecchio rompipalle, non mi lamento per il resto…” dissi accompagnando un sorriso ad un ampio gesto d’assenso del capo. “ah, mi è venuta in mente una cosa, Ethan mi ha raccomandato di darti un cd appena avevo l’occasione di vederti, se me lo ricordi dopo, ce l’ho in macchina…” cambiai argomento, per chissà quale strano ragionamento il mio piccolo ma brillante cervello mi aveva fatto tornare alla mente mio fratello che mi avrebbe ucciso se mi fossi dimenticata di dare ad Irvine quel disco… “non mi tradire con quel disastro della natura ti prego… non voglio perdere anche il mio migliore amico…” era ironico ovviamente, ero legatissima alla mia famiglia, soprattutto al “piccolo” Ethan, il mio tremendamente adorabile fratello minore di cui ero gelosissima…
“dimmi una cosa.” Dissi allora avvicinandomi strizzando un po’ gli occhi tentando di essere il più persuasiva possibile, anche se devo ammettere dall’espressione divertita di Irvine, il risultato non doveva essere granchè. “mica c’ha la fidanzata quel delinquente… giuro che se la trovo le spacco le gambe. E tu mi aiuterai” gli puntai il dito indice contro e riappoggiai la schiena alla sedia. Quella lo schienale ce l’aveva!
 
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view post Posted on 23/3/2010, 19:06
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Irvine

Le emozioni del discorso si sarebbero susseguite ancora per un pò, nessuna sensazione era più piacevole che parlare con lei, anche di cose magari più private che mai e poi mai avrei detto ad altri.
In quel caso la nostra liberazione d'affetto era vera e quella sincerità mi accarezzava il cuore in modo eccessivamente delicato.
Il linguaggio dei gesti era piu comune tra noi che quello delle parole, quella dimostrazione d'affetto la dimostravamo in mille modi diversi anche solo guardandoci .
Rispose alla domanda con un chiaro riferimento al progetto che doveva presentare per l'università, onestamente quando parlava di quelle cose io ben poco ne capivo, dopo tutto se non avevo proseguito gli studi un motivo c'era: di quella roba non capivo nulla.
Ovviamente nel mio piccolo avevo comunque voluto aiutarla procurandole il materiale di cui diceva aver bisogno per il progetto, certo che mi ero dato un gran da fare, piu che na semplice sedia sembrava voler tirare su un palazzo.
Quando mi annunciò che il professore le stava dando problemi, quasi mi venne naturale intervenire ma non lo feci mascherando tutto dietro un sorriso.
Ecco un altro da aggiungere alla lista nera
Mi dissi comunque che non doveva essere così grave, serviva piu a calmare il mio istinto iperprotettivo verso di lei, una specie di autoconvincimento insomma, un'opera che non mi riusciva mai molto bene, ed anzi il non poterle stare accanto nei momenti difficili mi faceva sentire male.
Sorrisi sempre alle sue parole con uno sguardo a metà tra il tenero ed il divertito , quando stava con me non riusciva a preoccuparsi e mascherava tutto dietro a piccoli sorrisetti.

Poi passò all'argomento Ethan, già il suo adorato fratellino, con me aveva un'affinità particolare, quel piccolo cervellone ne capiva di computer come nemmeno un programmatore specializzato.
Inoltre come non bastasse avevamo una passione in comune, ossia quella per la musica, così lui spesso mi mandava tramite la sorella qualche CD musicale con dei suoi remix, ormai ne avevo la macchina strapiena, eppure il rapporto con lui non mi infastidiva, mi sentivo protettivo per lui come fosse un fratello minore, e un po anche per far stare tranquilla Nessy lo tenevo d'occhio.
Ovviamente anche lei per il fratello era iperprotettiva e mi inchiodo allo schienale della sedia con un dito.
Le sorrisi venendo avanti con il viso facendo uno sguardo pieno di sfacciatagine.
forse ...
risposi molto sul vago sempre con il solito sorrisetto divertito.
dipede da quanti soldini hai nella borsetta...
Scherzaì ancora sorridendole afferrai il dito che mi puntava contro e uniì i palmi delle nostre mani.
e comunque lo sto tenendo d'occhio notte e giorno.
Almeno questo gli e lo dovevo, dopo tutti i favori che lei aveva fatto a me era il minimo, per la mia Nessy questo ed altro.
 
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9 replies since 28/1/2010, 22:22   176 views
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