Twilight GdR

Old friends, Irvine

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agneSStyle
view post Posted on 3/2/2010, 21:12 by: agneSStyle




Era una risata calda e pacata la sua. Infondeva tranquillità, e la sua voce sapeva come di cioccolato, con una punta di cannella. Mi ricordava i natali di Aspen, con il fuoco che ardeva nel camino mentre fuori cadeva lenta la neve. Le sue parole erano piacevoli come le note di un violoncello sapientemente suonato.
Allungò il braccio sul tavolo, ed automaticamente gli porsi la mano. Iniziò a giocare con le mie dita, i polpastrelli che accarezzavano la pelle bianca e morbida. Si soffermò sulla cicatrice che mi percorreva il palmo sinistro per tutta la sua lunghezza e con la quale avevo imparato a convivere da quando avevo otto anni,quando fu Irvine a portarmi a casa in un bagno di lacrime e sangue, prendendosi tutte le responsabilità dell’accaduto.
Intrecciai le sue dita alle mie, stringendole appena. Lui mi aveva sempre protetto, lo faceva tuttora, e credo nulla gli avrebbe mai impedito di continuare a farlo per sempre.
Aspettò, nel frattempo continuava a giocare con la mia mano, una piccola fedina d’oro bianco dalla quale non mi separavo mai, regalo di mia nonna per il compleanno. Non avrò avuto chissà quali poteri soprannaturali, ma non mi serviva la telepatia per capire cosa stesse passando nella testa Irvine, la mia magia era intrinseca in lui, i suoi occhi erano la mia sfera di cristallo.
CITAZIONE
“mi sei mancata”

Quelle parole furono come lame piantate nel petto, e anche se agli occhi di tutti la mia espressione poteva sembrare immutata rispetto a come lo era qualche istante prima, dentro mi sentivo vuota.
“era successo e tu non c’eri”. Ecco che cosa mi stava dicendo. Ecco la mia paura, il mio presentimento, la mia voglia di scoprire che c’eravamo entrambi abituati a questa lontananza. La consapevolezza che ciò non sarebbe mai potuto succedere.
Ecco cos’era cambiato in Irvine. Lui aveva avuto bisogno della sua amica, e lei non c’era. Ed io non c’ero.
Al telefono diceva sempre “ne parleremo appena ritorni” perché lui non era tipo da passare le ore al telefono per dirti due cose, preferiva tenerti per mano e guardarti negli occhi, come stava succedendo in quel momento. Solo che a causa mia tutto ciò non poteva avvenire con la stessa frequenza di sempre. E io questo lo odiavo, davvero.
Disse che gli mancavo, ma non lo fece col tono di chi vuole farti pesare uno screzio, lo disse col cuore in mano, perché gli ero mancata davvero, la sua piccola, testarda, maldestra Nessy.
“anche tu mi sei mancato”. E dicendolo cercai i suoi occhi. Il mio tono cupo non faceva capire solo che il tempo di dire cazzate era momentaneamente sospeso, ma che ne ero sinceramente amareggiata, che avrei cercato il modo per farmi perdonare. Sorrisi, anche se i miei occhi sembravano disapprovare l’idea delle labbra d’incurvarsi verso l’alto.
CITAZIONE
“e poi...bhè una situazione a lavoro che mi preoccupa..”

Avevo sentito mio padre accennare al corpo speciale della polizia di Forks riguardo ad indagini che lo occupavano parecchio in questo periodo. Il telefono squillava la notte, e lui usciva di corsa per tornare il mattino presto, lo sguardo stanco di chi aveva già visto troppo, un bacio sulla guancia che sapeva tanto da veterano di guerra, faccende “top secret” che lo facevano apparire più vecchio di dieci anni.
“non andare sola nel bosco” mi aveva detto. me lo diceva anche quando avevo otto anni, ma allora c’era Irvine con me, e nella peggiore delle ipotesi potevo tornare a casa con un ginocchio sbucciato.
Piegai leggermente la testa sulla spalla destra, gesto che compivo spesso involontariamente durante le conversazioni.
“ho visto papà particolarmente agitato ultimamente” dissi con tranquillità moderando il tono di voce e sporgendomi un po’ di più verso il mio interlocutore.
”tu stai bene?”
Non sapevo in cosa si fosse imbattuta la polizia della contea in quel momento, ma mi immaginai Irvine alzarsi nel cuore della notte per andare nel bosco per chissà quale assurda faccenda, camminare per gli stessi boschi in cui giocavamo quando eravamo piccoli, gli stessi boschi in cui anni fa fu assassinata sua sorella. Ma quella volta non si trattò di un gioco. E neppure quello in cui era coinvolto adesso lo era. Lasciai la tazza del caffè per raggiungere con la mano libera quella di Irvine. Vederlo così mi faceva male, e soffrivo ancor più sapendo che l’unica cosa che potevo fare era stargli vicino e dimostrargli il mio affetto. Quello ero sicura mi sarebbe diventato bene.

“Adesso sono qui, ed è questo quello che conta. Tornerò a Vancouver solo a marzo”
La sua era una palese richiesta di aiuto, e io ero lì per offrirglielo. La sua vulnerabilità diventò la mia forza, la mia determinazione. Il fatto che si lasciasse vedere per quello che era, un ragazzo atterrito al quale la vita aveva sempre chiesto troppo, il fatto che lo facesse solo ed esclusivamente con me una prova di amicizia e fedeltà che pochissime persone erno in grado di sostenere. Già lo sapevo, ma quello che avevo di fronte non era solo un amico, era qualcosa come un fratello, qualcosa come un alterego, qualcosa come... una parte di me stessa, la parte più bella.

Edited by agneSStyle - 4/2/2010, 14:21
 
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