Twilight GdR

Old friends, Irvine

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agneSStyle
view post Posted on 31/1/2010, 19:13 by: agneSStyle




Agness



Sentii le sua braccia possenti stringermi forte, come se fossero passati secoli dal nostro ultimo abbraccio. Non ero l’unica ad essere malata di nostalgia in quel mondo! Sentire il suo profumo, il suono della sua voce fu come una dolce carezza, una coccola che non mi volli negare.
Tenendolo per gli avambracci lo fissai senza essere capace di togliermi il sorriso dalle labbra.
Io ed Irvine ne avevamo passate assieme… il suo sguardo complice e la sua risata sincera erano tra i ricordi più felici della mia fanciullezza.
“sai com’è…” dissi sospirando ma trattenendo comunque con forza una risata “tra il traffico e tutto il resto a volte può capitare”
Finalmente ci sedemmo. La barista, ovvero la cara vecchia Nancy, sorrise sotto i baffi mentre metteva apposto delle tazzine del caffè. Lei ci conosceva da quando eravamo bimbi, da quando ci si doveva mettere sulle punte dei piedi per spuntare su dal bancone con il ripiano in legno scuro ormai consunto, quando l’estate si andavano a prendere i ghiaccioli alla menta e l’inverno la cioccolata calda con la panna. Noi eravamo cresciuti, ma sembrava che il tempo non avesse nessun effetto su di lei. La solita espressione gaia e le profonde rughe attorno agli occhi erano le stesse di sempre.
“spero comunque vorrai perdonarmi” dissi infine dedicandogli uno sguardo troppo dolce per non essere ascoltato.
Per qualche secondo nessuno dei due disse nulla, ci guardammo semplicemente come se nel viso dell’altro fosse stato possibile trovare un resoconto dell’ultimo periodo, un qualche cambiamento in quell’espressione che si conosceva ormai alla perfezione e che stesse ad indicare: “è successo e tu non c’eri”.
Sorrisi. E mentre giocherellavo con il menù pieghevole, mi accorsi che qualcosa in lui era effettivamente cambiato. Non mi sapevo spiegare bene cosa, ma qualcosa sembrava rendere il “mio” Irvine diverso da come l’avevo lasciato l’ultima volta: preso da un lavoro che non lo appagava appieno, e che spesso e volentieri lo aveva fatto vacillare.
Forse avrei dovuto faticare per capire cosa fosse successo… Non era mai stato molto loquace, e dopo la morte di sua sorella si chiuse ancor più in sé stesso, evitando di condividere con altri i suoi problemi e le sue paure. Non amava mettersi in mostra, essere al centro dell’attenzione, ma con me era diverso. Io e lui non avevamo mai avuto segreti. Da bambini ci nascondevamo per pomeriggi interi nella casa sull’albero, a raccontarci tutto, ad inventare storie assurde dando la caccia a vampiri e lupi mannari che secondo le leggende locali abitavano i boschi di Forks fino ad arrivare giù, a La Push. Ma eravamo sempre stati sinceri l’uno con l’altra. Per alcune ore potevamo anche essere due spietati cacciatori di creature fantastiche armati di fionde e sassolini, ma l’uno sapeva tutto dell’altra e viceversa e non si fingeva mai quando erano i nostri sentimenti a scendere in campo. Erano un bel po’ di anni da quando alla casa sull’albero avevamo preferito posti più civili come un bar o le nostre camere da letto per raccontarci i segreti. Cambiavano i posti, si diventava grandi, ma la storia era sempre quella.
Lo guardai con attenzione, trattenendo lo sguardo fisso in quei suoi profondi occhi verdi, quando senza alcuna malizia o insolenza decisi di chiederglielo.
“che c’è Irvine?”
Lui non disse nulla, aprii la bocca e la richiuse quando Nancy portò al tavolo due tazze di caffè nero bollente.
“si direbbe che ne hai bisogno” scherzai riferendomi al caffè, anche se dovevo ammettere di vederlo un po’ più stanco rispetto al solito. Portai la tazza alla bocca.
“Scotta!” dissi in un acuto gridolino portandomi istintivamente la mano alla bocca, e cercai nuovamente lo sguardo di Irvine che adesso rideva scuotendo la testa rassegnato dalla mia imbranataggine.
“che c’ho, la lingua in titanio io?????” Anche Nancy rise mentre tornava al bancone, e fece una battuta della quale però non colsi il significato.
Lasciai la tazza sul tavolo, mentre guardavo ancora il ragazzo che avevo di fronte. Non era solo stanchezza la sua, non solo lavoro o stress. Me ne preoccupai, ma sapevo che sarebbe stato lui a decidere se parlarmi o meno di quello che gli frullava nella testa. Io, con lui, avevo imparato una cosa importante oltre all’amicizia: aspettare.
 
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9 replies since 28/1/2010, 22:22   176 views
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