Twilight GdR

Old friends, Irvine

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agneSStyle
view post Posted on 28/1/2010, 22:22 by: agneSStyle




Agness



Forks mi divertiva. Cosa che a vedere il paesino americano non si sarebbe mai detta, ma a me piaceva quel posto. Lì ero cresciuta, ero andata a scuola, il mio primo ragazzo era stato di Forks. Lì conservavo tuttora i miei affetti più cari, lì, per vent’anni si era consumata la mia vita.
Stavo riponendo accuratamente i vestiti nell’armadio, quando mia madre bussò alla porta della stanza per offrirmi un tè caldo.
Le sorrisi e la ringraziai.
Tornavo a casa ogni finesettimana, più o meno, lasciando il mio appartamentino da studentessa a Vancouver per rimpatriare.
Sì, perché ogni settimana si trattava di un vero e proprio ritorno in patria. Malgrado la cittadina canadese si trovasse a neanche quattro ore di viaggio da Forks, si trovava pur sempre in un altro stato.
Bevvi il tè con calma, assaporandone appieno il gusto, e la dolce bevanda mi scese calda lungo tutta la gola.
Nella camera a fianco Ethan, mio fratello, ascoltava musica ad alto volume, e il fastidio provocatomi da quell’improvvisato concerto degli ACDC , mi costrinse a guardare l’orologio. Era da più di un ora che andava avanti. richiudendo l’anta dell’armadio senza neppure finire di mettere apposto, uscii dalla stanza con la grazia che si poteva ricondurre ad un elefante.
“Cristo, Ethan!!!” urlai sbattendo la porta “l’hai finita di scassare le palle con la tua musica?”
Il ragazzino mi guardò sollevando la testa china su un voluminoso manuale di storia, l’aria incredula di chi non ha affatto colto l’antifona. Alzai il sopracciglio destro con fare minaccioso. Adesso faceva anche finta di niente?! Percorsi in pochi passi tutta la camera e mi avventai sullo stereo abbassando il volume.
“ e poi mi spieghi come fai a studiare con tutto ‘sto casino?”

Ethan aveva i miei stessi occhi, le mie labbra, le labbra di nostra madre. Ogni volta che lo guardavo, da quando aveva appena imparato a camminare, vedevo nella sua espressione la mia espressione, e la cosa mi infastidiva e mi rassicurava al tempo stesso.
“stai calma Ness.” Disse in tono pacato girandosi sulla sedia della scrivania e tornando ad osservare il suo libro. “stai calma” ripeté scandendo le parole, stavolta senza incrociare il mio sguardo.
Sbuffai. Odiavo quando la gente mi diceva di stare calma. Soprattutto se quella gente era mio fratello, soprattutto se lo diceva con l'aria di essere la persona più calma dell'universo. Girai sui tacchi e me ne andai insoddisfatta. Incredibile, avevo ottenuto ciò che volevo, la musica era cessata, ma non ne ero affatto compiaciuta.
Scesi le scale, e in salotto trovai mia madre con gli occhiali calati sulla punta del naso, intenta a tracciare righe rosse su dei fogli protocollati colmi di stronzate su… buttai l’occhio su un tema… Dickens.
Mi guardò come se le avessi scritte io quelle castronate invece di un suo alunno di quarta liceo, e mi disse di comportarmi meglio con Ethan.
Adesso ero io quella stupita della reazionedi chi mi stava di fronte, non più il mio povero fratellino al piano di sopra. Scossi il capo indignata e mi indirizzai verso la cabina armadio dell’ingresso, presi il cappotto e la borsa Chanel, e accennando al fatto che sarei tornata per cena me andai senza pretendere una qualsiasi sorta di risposta.
L’aria era fredda ed umida, cosa normale nell’inverno nel nord del continente, percorsi a grandi passi il viottolo di casa, feci scattare le sicure dell'l’audi nera parcheggiata davanti casa e una volta salita a bordo presi la strada che mi avrebbe condotto in centro.
Se c’era una cosa comoda dei piccoli centri abitati era il fatto che con l’automobile potevi andare ovunque: niente zone pedonali o a traffico ristretto, via libera e parcheggi praticamente ovunque.
Sentii il cellulare squillare nella borsa, appoggiata sul sedile del passeggero, e dando uno sguardo all’orologio sul cruscotto capii di essere in ritardo di tre minuti.
e dai Irvine… pensai con tutte le volte che hai fatto aspettare me, che saranno tre minuti???
Parcheggiai senza problemi e accorgendomi che dalla fretta m’ero persino dimenticata di allacciarmi le cinture di sicurezza, entrai nel solito (nonché praticamente unico) bar di Forks. Sede di innumerevoli incontri e serate con amici, pranzi e cene e colazioni alle ore più impensabili, partite a biliardo che ti costringevano china sul velluto verde per ore intere.
Entrando il solito profumo di muffin e caffè mi investì piacevolmente, e sulla destra, appostato sul nostro solito tavolino, il mio grande amico di sempre, Irvine.
“Hei megafusto”gli dissi strizzandogli l’occhio. Lui sorrise, e le mie labbra si piegarono automaticamente in un ampio sorriso. Si alzò dalla sedia e mi abbracciò.
Stavo in Canada per due settimane al massimo, è vero, ma ad ogni mio ritorno sembravano essere passati anni.

Edited by agneSStyle - 28/1/2010, 22:53
 
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